Quel numero, messo nero su bianco dalla Corte dei conti, è un fardello: 47 milioni di euro. Il passivo dell’Arap è pesante. Tanto da lasciare spazio a nuovi dubbi sul futuro dell’Azienda regionale per le attività produttive, che ormai da dieci anni ha sostituito i Consorzi industriali mettendo così in un unico calderone gli enti con i bilanci in rosso e quelli in attivo. Il Coasiv, consorzio per l’area di sviluppo industriale del Vastese, aveva i conti in ordine “grazie anche ai ricavi provenienti dalle due gestioni del ciclo dei rifiuti: uno dei fanghi e l’altro della discarica, ormai esaurita, di Bosco Motticce”, precisa Gianni Cordisco (Pd), che dal 2019 è membro del consiglio d’amministrazione di Arap insieme al presidente, Giuseppe Savini, e alla vice presidente, Maria Assunta Iommi.
Una sede centrale, a Villanova di Cepagatti, e sei uffici territoriali che coincidono con i vecchi consorzi soppressi: Avezzano, Sangro-Casoli, L’Aquila, Sulmona, Teramo e Vasto. Così è organizzata l’agenzia regionale che “svolge le attività finalizzate a favorire la creazione, lo sviluppo, la valorizzazione e la salvaguardia delle aree produttive regionali”, si legge nello statuto dell’ente istituito con la legge regionale numero 23 del 29 luglio 2011, quando a Palazzo Silone c’erano Gianni Chiodi e la sua Giunta di centrodestra. Eppure anche in quella coalizione c’è chi pensa che sia stato un errore allontare la governance dal territorio: “Quando si è fatta la riforma, io ho sostenuto la necessità di mantenere l’autonomia dei consorzi industriali”, ricorda il consigliere regionale leghista Manuele Marcovecchio, che del consorzio del Vastese è stato consigliere d’amministrazione. “Si è puntato su una sorta di centralismo democratico, invece del protagonismo dei territori che io sostenevo temendo quello che poi è accaduto: la fusione tra consorzi virtuosi, come quello del Vastese, e non virtuosi”.
In base alla relazione che l’Arap ha predisposto per la Regione, sono compensabili 18 dei 47 milioni di passivo: 10 milioni per la realizzazione per conto terzi di opere pubbliche del Masterplan, 3 di debiti infragruppo tra società partecipate nei confronti delle quali l’Arap vanta crediti per importi sostanzialmente equivalenti, 3,6 derivanti da mutui rinegoziati a dieci anni con Cassa depositi e prestiti nel 2019 e 1,4 inerenti a un mutuo coperto all’80% da un contributo regionale.
“Il debito non lo nego”, dice Cordisco. “Ma abbiamo anche un monte crediti esigibili. Vendiamo acqua alla Sasi e al Consorzio acquedottistico marsicano, con quest’ultimo abbiamo otto milioni di credito. Stiamo pagando tutti i pregressi e smaltendo il contenzioso, oltre ad aver chiuso due operazioni chiave che riguardano la zona industriale di San Salvo: la vendita dell’ex autoporto e quella a Rete Snam dell’ex metanodotto. Abbiamo trovato una giungla“, sostiene. “Di chi sono le responsabilità? Di quelli che hanno governato l’ente e anche di coloro che, negli anni, in Regione dovevano controllare. Ma è sbagliato pensare che si debba tornare a sette Repubbliche di San Marino con sette strutture, sette dirigenti e sette uffici che facevano le buste paga calcolandole in maniera diversa”.
“I consorzi sono stati fusi accentrando le funzioni ed esautorando gli enti locali”, sintetizza l’ex presidente del Coasiv, Fabio Giangiacomo, secondo cui “è arrivato il momento di fare il tagliando a questa legge restituendo potere agli enti locali, perché Arap è più distante dai Comuni e dagli operatori economici. Questa riforma è una sorta di centralismo regionale, come la Fira lo è stata per la sanità. Serve almeno una rappresentanza dei sindaci nel consiglio d’amministrazione”.