Durante questo viaggio stiamo ascoltando: Rise (Eddie Vedder, from Into the Wild, 2009)
Siamo appena arrivati nel piccolo paese di Serramonacesca e, come da tradizione, prendiamo un caffè nel bar del paese.
Entriamo e tutti rimangono in silenzio, come quando un forestiero entra in un saloon del Far West. Succede quasi sempre così, ma è solo curiosità che si trasforma presto in sana “accoglienza abruzzese”.
Visitiamo il grazioso paese: una bella chiesa antica, una grande piazza, una fontana e una piccola installazione artistica che ci invita a riflettere sull’importanza di tornare a giocare all’aria aperta.
Su consiglio di alcuni paesani incontrati in piazza, raggiungiamo un piccolo caseificio artigianale, poco fuori il centro abitato, dove ci accoglie la gentile signora Vittoria.
Entrando notiamo diversi riconoscimenti, molti riconducibili alla ricotta fresca, prodotto di punta di questo piccolo caseificio e di tutto questo territorio a vocazione agricolo-pastorale, ma ci sono anche diversi tipi di formaggi stagionati.
Dopo due chiacchiere con Vittoria (Vittoria, hai visto che alla fine ci siamo riusciti a farci una foto insieme?) andiamo via con una caciotta e un salame di suino nero… dove li andremo a mangiare?
Partiamo per un’escursione di tipo naturalistico, religioso e archeologico in questo versante della “Mamma” Majella.
Questa è la zona di Pietro da Morrone, conosciuto come Celestino V, il Papa del Rifiuto. Qui le sensazioni cambiano. La durezza cede il posto all’amore materno. La logica si fa da parte per dare luce alla spiritualità.
La prima tappa dell’escursione è un altro dei gioielli d’Abruzzo: l’Abbazia di San Liberatore a Majella che solitamente è aperta solo nel fine settimana, ma ringraziamo un paesano, il signor Daniele, che viene con noi e che ci apre la chiesa anche in un girno feriale.
L’Abbazia di San Liberatore a Majella è diventata monumento nazionale più di cento anni fa, ovvero dal 1902. Senza dubbio è uno dei più antichi monasteri dell’Abruzzo, la cui fondazione può essere ricondotta a Carlo Magno.
Un’altra cosa che vi sorprenderà è lo scenario di suggestivo valore naturalistico in cui è immersa. Verde, boschi e montagne.
Nelle vicinanze dell’Abbazia, prendiamo un sentiero che ci porta sulle rive del fiume Alento e a una serie di piccole cascate.
Il primo contatto con il fiume Alento è emozionante, quel suono rilassante dell’acqua, quel refrigerio per corpo e mente sotto forma di goccioline nell’aria che ci fanno sentire ancora più vivi, ancora più parte di un tutto non facilmente spiegabile.
Da qui, con altri 10 minuti a piedi, visitiamo un luogo davvero particolare. Sulla destra, il fiume e alcune piccole cascate, di fronte, l’inizio delle gole e, sulla sinistra, subito visibili e raggiungibili da un piccolo sentiero che sale su di una parete di circa 20 metri, alcune grotte scavate nella roccia: le Tombe Rupestri.
Si dice che questo complesso tombale sia stato realizzato da alcuni eremiti che vivevano in questa zona tra l’VIII ed il IX secolo. Dentro, grazie ad uno stretto camminamento, notiamo tre tombe a forma di sarcofago, una nicchia e una cappella, oltre ad un base sulla quale si dice ci sia stata una statua di San Giovanni e un’acquasantiera.
Domanda: da qui, torneremo indietro o risaliremo il fiume attraverso le Gole?
Abbiamo deciso di non tornare indietro ma, per un’attrazione “magica”, di risalire il fiume Alento addentrandoci nelle Gole.
È un fuori-programma. Non è un’escursione prevista, ma avevamo già sentito parlare di questo luogo e siamo andati a vederlo da vicino.
Dopo una quarantina di minuti in cui ci siamo addentrati nelle gole del fiume Alento e risalito il costone sinistro della montagna, arriviamo alla Torre di Polegro risalente al IX secolo. È ciò che resta di un villaggio fortificato che serviva proprio come guardia dell’abbazia e che poteva comunicare col vicino Castel Menardo.
L’ultimo quarto d’ora per arrivare fin qui non è stato molto semplice (ma chi è un po’ allenato, può farlo tranquillamente), dato che c’è un buon dislivello da affrontare, ma il sentiero è ben tracciato dall’ente Parco Nazionale della Majella.
Per arrivare fin su abbiamo dovuto stimolare “lo stambecco che è in noi” :). Siamo arrivati ad ammirare la torre da vicino, mentre dalla valle sottostante sale una leggera nebbiolina e qualche goccia di pioggia arriva a darci refrigerio a ricompensa dello sforzo fatto. Ne è valsa davvero la pena.
Ripercorriamo il sentiero al contrario e torniamo all’auto, pronti per ripartire, ma dopo tanto camminare, ci è venuta fame.
Ricordiamo di avere salame e formaggio di Vittoria nello zaino. Purtroppo, non abbiamo con noi un coltello, quindi usiamo il rompighiaccio dell’auto per tagliare la caciotta 🙂 , mentre il salame lo divoriamo a morsi!
Quale sarà la prossima tappa del diario di viaggio “La Bellezza ai tempi del Covid”?
Roberto De Ficis – Travel & Food Blogger
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*il viaggio e le fotografie sono state realizzate tra il mesi di maggio e ottobre 2020 nel pieno rispetto delle regole anti covid e seguendo accuratamente le disposizioni dei vari DPCM in vigore.
Durante questo viaggio stavamo ascoltando: Rise (Eddie Vedder, from Into the Wild, 2009)