Questa notte ho fatto un sogno, te lo racconto. In questo sogno, non era il 2020 che stava terminando come potresti immaginare, ma l’anno successivo, in cui sono successe molte cose.
Dall’avvento della pandemia a marzo 2020 quando leggevamo sui balconi e pregavamo “andrà tutto bene”, forse non proprio tutte, ma molte cose sono andate effettivamente bene.
Intanto malgrado le perplessità di no-vax e complottisti, i vari vaccini si sono rivelati efficaci.
Dopo un lungo periodo di sospensione della partecipazione in presenza a scuola, le temute conseguenze psicologiche e sociali dei ragazzi, tra dipendenza dai videogame e da internet in generale, paradossalmente si sono compiuti grandi passi in avanti. Ora la didattica a distanza ha raggiunto un buon grado di maturità diventando un eventuale e valido piano B, inoltre ai ragazzi oggi – fin dalle scuole elementari – si insegna il buon uso delle tecnologie digitali, arrivando persino ai genitori con video semplici e mirati per seguire con cognizione e sicurezza i figli a casa. Inimmaginabile prima della pandemia. L’uso per certi versi forzato delle tecnologie digitali ha toccato e travolto molte imprese del tessuto italiano, da sempre mediamente resistenti a farne uso efficace (vedi report EU DESI 2020), e dopo un primo periodo di confusione e smarrimento, oggi la maggior parte delle organizzazioni compete con una marcia in più sui mercati, soprattutto quelli internazionali, anche grazie al buon uso delle tecnologie digitali. Il sistema produttivo italiano è tornato a crescere compensando il debito pubblico e non solo, molti lavoratori hanno guadagnato qualità di vita, diminuendo le ore passate ogni giorno in auto nel traffico, con una diminuzione persino degli incidenti stradali. Lo smart working è diventato un prezioso “condimento” nel rapporto impresa-dipendente, a vantaggio di tutti.
I social sono nati con Facebook nei primi anni duemila, per un motivo in fondo legato alla rivalsa del suo fondatore nei confronti dell’ex fidanzata. Per questo non mi sono mai stupito di quanto fosse un luogo soprattutto di esibizione e di sfogo, soprattutto durante i momenti più difficili della pandemia. I contenuti dei leoni da tastiera – gli odiatori seriali – erano diventati il fulcro degli algoritmi di suggerimento dei post, almeno prima delle nuove regole imposte da una nuova UE, finalmente capace di cercare gli interessi comuni, andando oltre i fondi del next generation Eu: Facebook e i social in generale sono stati finalmente equiparati ai normali giornali online che, per legge, mai hanno potuto pubblicare offese, ingiurie o altro del genere, come da sempre avviene sui social. Non solo, ai Big di Internet è stato persino imposta una tassazione equiparata a quella che deve sostenere qualsiasi altra azienda che vive di pubblicità online, con naturale e sacrosanto rinvigorimento dei giornali, per la sopravvivenza degli stessi e soprattutto a beneficio delle polis, sostenute da un giornalismo più robusto, indipendente e capace di garantire la continua ricerca della verità.
Durante i tempi più difficili della pandemia ci si chiedeva se ne saremmo usciti migliori. Oggi, per fortuna, oppure perché in tanti abbiamo focalizzato e interiorizzato – prima che fosse troppo tardi – quanto sia preziosa la vita, una stretta di mano calda e prolungata, la ricerca di Dio, un abbraccio ai propri genitori e anche al compagno di squadra nel mezzo di un campo di calcetto dopo un gol. E quanto siamo in effetti impotenti davanti alle normali mutazioni della natura da cui siamo ospitati. Sì, siamo ospiti, anche questo avevamo dimenticato prima del covid. Possiamo in fondo dirci che non c’è granché da augurarsi per il nuovo anno, se non che continui a prevalere la positività, la fiducia, il sorriso dell’anima e il rispetto per il prossimo. Buon 2021!
Renato De Ficis
Ps: sono convinto che dopo la notte arriva sempre il nuovo giorno, ma in questi giorni il pensiero va a tutte le famiglie che hanno sofferto per la perdita di un caro, o che stanno combattendo il terribile mostro proprio in questi giorni. Una preghiera va a loro.