Durante questo viaggio stiamo ascoltando: Mother Nature’s song (The Beatles, 1968)
Eccoci ancora in viaggio. Sono state finora 7 le tappe in Molise in cui abbiamo visitato borghi, abbazie, laghi e cascate (qui puoi ripercorrere tutte le tappe) e che ci hanno donato tanta bellezza.
É arrivato il momento di sconfinare ed entrare in Abruzzo e continuare il nostro viaggio alla scoperta di queste due splendide regioni italiane.
Abbiamo scelto di varcare il confine regionale tra Castel San Vincenzo (Molise) e Alfedena (Abruzzo) dirigendoci verso il borgo di Barrea per prenderci un caffè e fare l’immancabile fotografia al lago.
Arriviamo a Barrea che fa freschetto e ci sono circa +3°. Nuvole basse stanno “planando” sulle acque del lago e sul borgo, mentre poco lontano le campane della chiesa fanno gli otto rintocchi del mattino. È uno spettacolo bellissimo. Tutto è perfetto.
Il lago di Barrea è famoso per regalare ambientazioni e colori sempre diversi in ogni stagione e nelle diverse ore del giorno ed è sicuramente uno dei laghi più fotografati d’Italia.
Dopo un caffè nel bar vicino il belvedere, risaliamo in auto e, dopo aver costeggiato il lago, passati attraverso il borgo di Villetta Barrea, passate le deviazioni che ci avrebbero portati alla Camosciara e alla Val Fondillo, arriviamo nelle vicinanze di Opi.
Lasciamo il borgo sulla destra e prendiamo lo svincolo a sinistra. Iniziamo a salire verso il bosco.
Siamo diretti a Forca d’Acero, nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, forse il passo Appenninico più bello e caratteristico che unisce l’Abruzzo con il Lazio. In questo video puoi vedere mentre saliamo.
Una serie di tornanti a gomito risultano abbastanza impegnativi. Curva dopo curva, il paesaggio si fa sempre più caratteristico, gli alberi iniziano a cambiare sia di specie che di colore (siamo in autunno e si vedono le varie sfumature di rosso e giallo).
Ogni tanto si aprono affacci sulla vallata attraverso cui siamo arrivati che ci danno evidenza di quanto stiamo salendo.
Arrivati nel punto più alto del passo, 1.538 m s.l.m, proprio sul confine tra Abruzzo e Lazio, parcheggiamo l’auto.
Appoggiato alla portiera, indosso le scarpe da trekking e mi aggiungo uno strato con una maglia di pile semi pesante. Faccio qualche passo e inizio a guardarmi attorno.
“Toh! Magnat lu formag!”, mi dice un signore poco lontano, offrendomi un boccone di formaggio pecorino.
Mai parcheggio fu così fortunato. Solo dopo tre minuti dal nostro arrivo, sto già mangiando il formaggio di Michele, un casaro che da più di 20 anni ha la bancarella qui, proprio sul confine tra le due regioni.
È molto simpatico ed è stato anche così gentile da farsi intervistare. Ecco la video-intervista al signor Michele, il casaro di Forca d’Acero.
Proprio dalla linea di confine tra le due regioni, si possono iniziare diversi sentieri di trekking. Noi abbiamo scelto un “classico”, molto bello, che ci porterà verso il monte Tranquillo.
Dopo il primo tratto nel bosco, il percorso si apre in una grande vallata per poi rientrare nel bosco umido. Per chi è amante di funghi, ne abbiamo visti parecchi.
Per descrivere questa esperienza, mi piacerebbe usare il termine “medievale” perché, negli scenari che stiamo attraversando, non c’è alcun segno di modernità e niente che può farci ricollegare ai giorni nostri.
Ci sembra normale – usando la fantasia – poter incontrare carri e cavalli, cavalieri e soldati, viandanti a dorso d’asino che si spostano da un paese all’altro attraverso antiche mulattiere come vie di comunicazione tra regni, feudi e ducati.
Raggiungiamo il massimo della pace e del relax quando, uscendo dal bosco, alcuni cavalli che scodinzolano aprono la vista ad una meravigliosa pianura tra le montagne, come un altopiano.
La natura è sempre custode di quello strano e magico potere di “scambiarti i pensieri”, come per purificarli. Proprio come fanno le piante con la fotosintesi clorofilliana.
Gli alberi e le piante hanno cura di noi e assorbono i nostri pensieri tossici, le preoccupazioni esagerate, le ansie immotivate e le paure e ci restituiscono ossigeno, pensieri positivi, ottimismo sotto forma di ampi respiri a pieni polmoni.
Mi domando: perché nella natura i nostri respiri sono più ampi che sembrano non avere intralci?
Come mai ci sentiamo sempre meglio negli spazi aperti e nella natura di quando ci troviamo, invece, in un’auto in coda nel traffico di una tangenziale intasata, in un ufficio con un lavoro che non ci va giù o in attesa di uno sportello libero all’ufficio postale tra persone che sbraitano?
Forse – ma è solo una mia opinione – perché solo nella natura l’essere umano si ricongiunge con il suo io e il suo vero ambiente naturale, quello in cui la sua mente vive meglio.
Un ambiente che è stato perfetto per l’uomo fino a quando il progresso, vero o finto che sia, gli ha fatto credere che la modernità sia – in tutti i casi – una cosa positiva verso cui ambire.
Quella stessa modernità che, spesso, non è altro che un proliferare di desideri fittizi di cui potrebbe fare tranquillamente a meno.
La via del ritorno la facciamo quasi totalmente in silenzio come per portarci via, da questa esperienza, più ossigeno possibile.
Gli ultimi passi in salita ci riportano sulla strada principale e all’auto dopo quasi tre ore di sentiero. Ci sentiamo cambiati, stanchi, ma leggeri. Ci sentiamo “decongestionanti”, purificati nel corpo e nella mente.
I piedi sono doloranti, ma felici. Ci cambiamo le scarpe e troviamo conforto in quelle da tennis. Saliamo sull’auto e ripartiamo.
Quale sarà la prossima tappa del diario di viaggio “La Bellezza ai tempi del Covid”?
Roberto De Ficis – Travel & Food Blogger
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*il viaggio e le fotografie sono state realizzate tra il mesi di maggio e ottobre 2020 nel pieno rispetto delle regole anti covid e seguendo accuratamente le disposizioni dei vari DPCM in vigore.
Durante questo viaggio stavamo ascoltando: Mother Nature’s song (The Beatles, 1968)