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1 Dicembre 2020
Roberto De FicisbyRoberto De Ficis

Scavi di Sepino. Ricordo d’infanzia nell’antica città romana

5° tappa del diario di viaggio "La Bellezza ai tempi del Covid"

copertina sepino


Durante questo viaggio stiamo ascoltando: Year of the Cat (Al Stewart, 1976)


Che splendore. Non è la prima volta che visitiamo questo luogo, ma ci torniamo spesso proprio perchè ci regala sempre sensazioni particolari.


Sono stati d’animo non facili da spiegare, un misto tra stupore e pace, tra curiosità e grandezza della storia.


È una mattina molto calda quando arriviamo nel sito archeologico dell’antica Saepinum in Molise dove la Storia parla ancora a gran voce.


Questo è uno dei tanti esempi di come questa piccola regione possa avere delle così importanti testimonianze di antichi splendori, di storia e di cultura millenarie. 


Questa che segue è la mappa dell’area archeologica che stiamo per scoprire, conoscere e raccontare. Ora, nel silenzio e nella mestosità, passeggeremo attraverso le vie dell’antica città di Saepinum.




 

Attraversiamo la porta storica Tammaro e un bellissimo cavallo a riposo ci guarda. Sbuffa, fa alcun passi sul posto, come a voler correre, ma poi resta lì.


Sembra felice perché la sua coda diventa come una bandiera al vento.



 

Facciamo alcuni passi più avanti e ci troviamo nel bel mezzo della storia che ci sussurra e che ben ci fa immaginare l’origine di questo luogo. 

 

L’antica Saepinum, intenso centro abitato fortificato, nasce sulla montagna di Terravecchia dove resta fino alla terza guerra sannitica, ovvero tra i Sanniti, popolazione del luogo, e i Romani invasori che la espugnano nel 293 a.C.


La popolazione abbandona così la montagna e si sposta a valle dove, attorno al II secolo a.C. si riorganizza in centro fortificato nell’attuale posizione dove raggiunge il suo massimo splendore. 

 

Saepinum resta vivo e abitato per quasi cinquecento anni, ovvero fino a quando un forte terremoto e la seguente crisi economica segnano il declino finale di questa città romana. 


 

Percorriamo tutto il viale principale della città antica con un vento caldo che ci scalda la pelle e il canto pazzo dei grilli e quello pigro degli uccellini che si riparano tra le fronde degli alberi. 

 

Seguiamo l’indicazione e visitiamo il Teatro Antico ancora ben conservato e nelle vicinanze i resti del Portico e della Palestra.

 


 

ADVERTISEMENT

 

Torniamo sulla via principale e raggiungiamo i resti della Basilica e del Macellum e, percorrendo il lungo viale che ci mostra dove erano ubicate le abitazioni, arriviamo verso la maestosa Porta Bojano e nelle vicinanze i resti delle terme. 


 

Il sole picchia ancora più forte. Troviamo riparo in un piccolo posto all’ombra per bere un po’ d’acqua, mentre cerchiamo di renderci conto in quale posto siamo, condividendo opinioni su quello che stiamo vedendo e provando.


La grandezza di questo popolo e di questa epoca trasuda da ogni singola pietra, è scolpita nella perfezione delle costruzioni, soprattutto di Porta Bojano che si è conservata praticamente intatta per quasi 2mila anni.


Ma non è solo una bellezza visibile, ma anche una bellezza sociale e strategica.


Quando si parla di “epoca romana” si ha subito la certezza che i Romani “progettassero il futuro” come architettura, arte, idraulica, aspetti sociali, oltre che tattiche di guerra.



 

Visitando l’antica Saepinium, ci si accorge come fossero anche ottimi urbanisti e come ubicassero i loro centri abitati in modo estremamente logico, considerando gli stessi nel contesto più ampio del loro Impero, quindi con vie di comunicazione impeccabili, valide tutt’oggi.



 

Il caldo si fa torrido e, dalle grandi pietre che lastricano il viale principale, il calore aderisce alla gomma delle suole nostre scarpe da tennis che ci sembra siano lì lì per cedere e sciogliersi. 


Non abbiamo più acqua nelle nostre borracce. Raggiungiamo il piccolo bar appena fuori la Porta Terravecchia. Prendiamo dei ghiaccioli al limone e ci sediamo su alcune sedie di plastica. 


Scarto il ghiacciolo e lo vedo fumare per via del freddo che incontra l’aria calda.


Era da tanto che non mangiavo un ghiacciolo. Forse da quando da piccolo andavo con la bici da cross tra le strade polverose, ma bellissime, e i palazzoni grigi della periferia della città di provincia in cui sono cresciuto. 


Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi qualche secondo. Che strana sensazione, essere in questo limbo, in bilico tra il recente passato della mia infanzia e il passato molto più lontano in cui Sepino era una florida cittadina. 


Nella mia fantasia i due mondi si uniscono e si mescolano e mi immagino ragazzino tra queste strade antiche, tra il Foro e le Porte di ingresso mentre, attraverso porta Bojano, torno a casa in un luminoso tardo pomeriggio d’estate. 


Guerrieri sono a riposo vicino la fontana pubblica dell’acqua, mentre dal forno il profumo del pane appena sfornato mi solletica l’appetito. 


Cammino saltellando, prendo a calci qualche pietra e saluto alcuni amichetti per strada.


Mentre truppe di soldati dritti con la schiena e armati fino ai denti raggiungono il posto di guardia, il sole si fa rosso e illumina d’oro le grandi pietre che lastricano la strada che unisce i due ingressi principali della città. 


Un gruppo di donne camminano svelte, mentre abbracciano cestini di pane, parlottano e ridono e, senza accorgersene, intervallano le loro risa con i colpi di martello ritmici di fabbro e la voce alta di un oratore poco lontano.


La sinfonia maestosa che – anche in questo punto del Molise – solo la Storia sa dare è completa e proprio in questa musica piacevolmente mi piace abbandonarmi e sorridere.


“Roberto, dobbiamo ripartire”, mi dicono.


Apro gli occhi, bruscamente. “Ok, finisco il ghiacciolo e andiamo”, rispondo.


Saliamo sull’auto e ripartiamo. Quale sarà la prossima tappa del diario di viaggio “La Bellezza ai tempi del Covid”?


Roberto De Ficis – Travel & Food Blogger

 

<< tappa precedente (Carpinone) | tappa successiva (Roccamandolfi) >>


*il viaggio e le fotografie sono state realizzate tra il mesi di maggio e ottobre 2020 nel pieno rispetto delle regole anti covid e seguendo accuratamente le disposizioni dei vari DPCM in vigore.

 

Durante questo viaggio stavamo ascoltando: Year of the Cat (Al Stewart, 1976)

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Tags: abruzzobellezzacovid 19diariomoliseviaggio
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Questo è uno dei tanti esempi di come questa piccola regione possa avere delle così importanti testimonianze di antichi splendori, di storia e di cultura millenarie. 


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Ma non è solo una bellezza visibile, ma anche una bellezza sociale e strategica.


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“Roberto, dobbiamo ripartire”, mi dicono.


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