Durante questo viaggio stiamo ascoltando: Forever Young (Bob Dylan, 1974)
Siamo arrivati di buon mattino. Lasciamo l’auto nella piazza principale di Carpinone e seguiamo l’indicazione per il sentiero.
I cartelli ci indicano bene dove andare, ma ogni scusa è buona per fermare qualcuno del posto ed entrare in contatto con la comunità che ci ospita. Si hanno sempre belle sorprese e cose particolari da raccontare.
Alzo la mano a mo’ di indiano e dico: “Buongiorno!”.
Una signora, mettendosi una mano davanti agli occhi per coprirsi dal sole, con accento del posto, mi risponde: “Buongiorno a voi”.
“Signora, andiamo bene per la cascata?”, “Sì, dovete andare per la discesa, sotto-sotto, e poi trovate la cascata”, mi risponde.
Mi sposto leggermente per far sì che il sole non le dia fastidio e chiedo ancora: “È bella la vostra cascata, signora?”.
Il suo sorriso si apre e lascia intravedere quella dentatura imperfetta, ma autentica e bellissima. Come se quella nostra domanda, come se quel manifestare così apertamente il nostro interesse per il posto in cui vive, le avesse fatto sparire ogni timore causato da noi sconosciuti piombati lì così all’improvviso.
Fa il gesto come per abbracciarsi da sola e poi si toglie un pelucco sulla spalla destra.
“Bella è bella”, dice “e poi i nostri giovani volontari la curano per bene”.
“Anche il vostro paese è bello, signora?”, domando. E lei: “Carpinone è Carpinone, è tutto per noi”.
Facciamo qualche passo avanti e la salutiamo. “Ci vediamo dopo”, ci dice “tanto qui dovete ripassare”, che ci sembra una simpatica minaccia 🙂
Scendiamo per il sentiero costeggiando case di campagna con stalle con cavalli e pollai, alberi da frutta, rimesse con attrezzi per lavorare la terra e ascoltiamo una radio che suona canzoni degli anni ’50, mentre il sole di mezza mattina comincia a farsi alto e a riscaldare questa parte di Molise che non vediamo l’ora di scoprire, conoscere e raccontare.
Percorriamo un sentiero in discesa, mentre la vegetazione diventa sempre più ricca, folta e di colore verde scuro. L’umidità aumenta come anche il suono dell’acqua del fiume che scorre più sotto.
Arriviamo a un bivio. Sulla destra una vecchia vespa trasformata in uno strano portavasi di fiori e sulla sinistra l’indicazione per proseguire verso la Cascata del Carpinone.
Una serie di discese e cominciamo a vederla. La vediamo, la vogliamo vedere ancora meglio. Continuiamo sul sentiero che sembra un serpente e fa un paio di curve a gomito in discesa.
Avanziamo nel vapore acqueo che aumenta fino al primo belvedere, fino a presentarci davanti a lei. Davanti la potente e meravigliosa Cascata di Carpinone.
Il suono delle cascata è come una canzone che non smetteresti mai di ascoltare e riascoltare perché, anche se forte, ti dona tranquillità.
L’umidità crea una nuvola di pioggerellina che dalle acque possenti della cascata volano verso il bosco che gli si apre di fronte. Noi la sentiamo sui vestiti, sulla faccia e sulle mani.
Comincio a scattare alcune foto fino a che…
“Sono tanti anni che vengo qui, quasi tutti i giorni, domeniche comprese”, mi dice sorridendo un signore appena dietro di me. “Buongiorno, gli dico”, e lui: “Siete forestieri?” gli rispondo di sì.
“Mi presento, sono Roberto”, gli dico. “Piacere mio, io sono Franco”. mi risponde.
Penso che sia meglio non domandargli nulla, così forse mi racconta qualcosa. Sto in silenzio e sento il mio respiro più veloce per via dell’umidità e del cammino che ci ha portati fin qui.
Poi guardo lui, e lui che guarda la cascata e inizia a sorridere in modo pacato come se stesse ripensando a cose del passato che gli danno gioia tutt’ora.
“…quasi tutti i giorni, domeniche comprese. Mi ricordo di quando qui ci venivo con la donna che poi diventò mia moglie”, inizia a raccontare, “Quando eravamo fidanzati, venivamo qui dopo la messa, tutte le domeniche d’estate”.
Si interrompe per un istante, sorride e continua: “Non potevamo vederci se non di nascosto dai nostri genitori. Io dicevo che andavo dai miei cugini a giocare e lei diceva che si tratteneva per aiutare le altre donne a sistemare la chiesa ma, in realtà, dalle undici del mattino alle dodici stavamo qui. E fu proprio qui che le chiesi di fidanzarci e, un anno dopo, le chiesi di diventare mia moglie”.
Queste parole mi fanno venire i brividi perché mi raccontano di un mondo semplice e autentico che forse non esiste più, almeno con quelle caratteristiche che, forse da troppo-sognatore, mi sto immaginando.
Qualcosa difficile da concepire di questi tempi che vanno sempre veloce, che hanno sempre meno spazio per la semplicità, per gli utili silenzi, per la natura goduta appieno.
Mani sui fianchi, mi giro verso la cascata e la guardo per un po’. Immagino questo signore giovane e la donna con lui, i sorrisi, le mani che si sfiorano nella bellezza della natura. Le parole di complicità, le idee del futuro, le loro scarpe appoggiate sulla roccia e i piedi nudi nell’acqua fresca in estate.
“E in che anno vi siete sposati?”, chiedo girandomi verso di lui.
L’uomo non c’è più. Guardo fin su il sentiero e di lui nessuna traccia. Che strano, penso, forse avrà continuato seguendo il corso del fiume, chissà, oppure prima c’era un altro bivio se non sbaglio, avrà preso quello…
Facciamo qualche altra foto per documentare la visita, prendo degli appunti e ci rilassiamo un po’ con questo meraviglioso scenario.
Risaliamo e torniamo in paese dove incontriamo di nuovo la signora, mentre dà un po’ d’acqua alle piante messe su di una scalinata.
“Allora, giovinotti, vi è piaciuta la cascata?”. Rispondiamo che è davvero molto bella e che è giusto esserne orgogliosi.
Crediamo di aver ottenuto la sua fiducia perché poggia l’annaffiatoio a terra, si asciuga le mani con uno straccio e dice: “Mio marito da giovane e assieme ai suoi amici è stato uno dei primi ad avvicinarsi alla cascata, ci andava quasi tutti i giorni, domeniche comprese. Laggiù chiese di fidanzarci e un anno dopo, mi chiese di sposarci”.
Mi fermo a pensare e cerco di concatenare le parole appena dette della signora con l’incontro fatto poco prima giù alla cascata.
“Mi scusi, signora. Suo marito è in casa? Lo vorrei salutare…”, domando. “Mio marito Franco ci ha lasciati già cinque anni fa, ma è come se fosse ancora tra noi. Tutto il paese lo ricorda con affetto. È stato uno dei primi ad aprire il sentiero per la cascata”.
Davanti a una purezza del genere, davanti a questa evidenza di affetto, di amore e di riconoscenza, preferiamo non aggiungere nulla, se non un grande sorriso alla signora che ci saluta come fa una mamma.
Torniamo nella piazza principale dove abbiamo parcheggiato l’auto. Siamo pronti per ripartire.
Nota: concedimi di aver inserito in questa annotazione del diario anche qualcosa partorito direttamente dalla fantasia, ma è stato solo per condividere qualcosa a cui tengo particolarmente e che riguarda l’importanza del volontariato nel turismo.
Ciò che è stato raccontato, come avrai intuito, non è successo realmente, o meglio, non nella sua interezza.
La signora l’abbiamo sì incontrata, ma solo all’andata e nessun uomo è stato incontrato giù alla cascata, se non due giovani volontari che, con un sorriso gigante e sincero, ci hanno salutato mentre risalivano il sentiero.
Molti del luoghi che visitiamo durante le nostre gite o vacanze, non sarebbero così godibili, accessibili, interessanti se non ci fossero volontari che dedicano il loro tempo alla valorizzazione e promozione.
I luoghi di bellezza vivono anche, e soprattutto, grazie a chi ha regalato il proprio tempo negli anni, oltre che tanti sacrifici.
Come se le molecole delle persone e dei luoghi si mescolassero creando qualcosa di nuovo e di migliore. È come se ognuno gli avesse donato qualcosa che rimane lì a disposizione della comunità.
Ci piace credere che l’“immaginario Franco” sia la sintesi di queste persone che rendono il volontariato di un valore inestimabile.
Proprio qui a Carpinone è attiva un’associazione di giovani che si occupa costantemente della manutenzione e conservazione del sentiero e della cascata.
A loro va il nostro grazie e credo la riconoscenza di tanti turisti italiani e stranieri che negli ultimi anni hanno avuto la fortuna di visitare questo luogo – senza dubbio – tra i più belli del Molise selvaggio.
Saliamo sull’auto e ripartiamo. Quale sarà la prossima tappa del diario di viaggio “La Bellezza ai tempi del Covid”?
Roberto De Ficis – Travel & Food Blogger
<< tappa precedente (Frosolone) | tappa successiva (Scavi di Sepino) >>
*il viaggio e le fotografie sono state realizzate tra il mesi di maggio e ottobre 2020 nel pieno rispetto delle regole anti covid e seguendo accuratamente le disposizioni dei vari DPCM in vigore.
Durante questo viaggio stavamo ascoltando: Forever Young (Bob Dylan, 1974)