Una significativa riduzione dei costi fissi da raggiungere nell’anno finanziario 2022 anche con un doloroso taglio al personale da 2mila posti. È questo il progetto lacrime e sangue di ristrutturazione globale che il colosso giapponese Nsg, proprietaria della Pilkington, intende attuare per far fronte alle pesanti perdite causate soprattutto dallo stallo del mercato auto. Nell’incontro con i sindacati di lunedì scorso, il management sansalvese ha annunciato un “progetto di trasformazione necessario per sopravvivere a questa fase economica anche con azioni che possano ristabilire gli adeguati livelli di redditività e competitività”.
Come si temeva da tempo, la “trasformazione” passerà anche per una sforbiciata al personale. Durante l’incontro di due giorni fa non sono stati rivelati altri dettagli sul piano della casa-madre.
Questi sono illustrati nel report della Nippon Sheet Glass sui risultati finanziari (periodo 1° aprile-30 settembre 2020) firmato il 5 novembre scorso da Shigeki Mori (presidente esecutivo), Reiko Kusunose (responsabile finanziario) e Clemens Miller (capo operativo).
L’obiettivo è tornare a un “utile netto significativo nel 2022 con una struttura aziendale sostenibile”. Il piano che prevede una “drastica trasformazione aziendale” è stato varato a ottobre e si svilupperà nei prossimi anni (secondo le previsioni della casa madre, il mercato auto tornerà a un livello pre-Covid non prima del 2025).
La Nsg individua tre azioni-chiave nel documento: trasformazione dei costi, accelerazione della crescita, riforma organizzativa aziendale. La prima azione è da attuarsi anche con una importante riduzione dei costi fissi con il taglio di circa 2mila posti di lavoro nei vari stabilimenti sparsi per il globo oltre che con un’ottimizzazione di produzione e approvvigionamento e con un cambiamento generale per generare profitti e liquidità a stretto giro.
Quanto inciderà tale taglio sugli stabilimenti sansalvesi? Innanzitutto, c’è da capire come saranno distribuiti gli esuberi tra i vari settori produttivi della Nsg. Oggi la multinazionale è operativa nel campo del vetro per l’architettura, per i prodotti tecnologici e per l’automotive. È quest’ultimo settore, il principale nel business della multinazionale, che ha fatto registrare le maggiori perdite (concentrate nel periodo di lockdown) e gli stabilimenti europei sono tra quelli più colpiti dal crollo delle vendite.
[ant_dx]Oggi l’intero gruppo conta 27mila dipendenti: 15mila di questi afferiscono al settore automotive distribuiti in 21 stabilimenti in 14 diversi Paesi (in prevalenza in Europa, Nord e Sud America e in Giappone). A San Salvo tra stabilimento centrale Pilkington, Primo e Bravo si contano circa 2.500 occupati.
Il timore che San Salvo possa pagare a caro prezzo la crisi da Covid-19 (che ha accentuato le difficoltà di un mercato già in stallo anche a causa della lenta transizione verso i veicoli elettrici) c’è e non da oggi. Le avvisaglie di un taglio netto si erano avute a maggio, quando il presidente Mori, in una lettera al management dei vari stabilimenti, scrisse “Ci vorrà del tempo per riprenderci, ma credo che questa sia una grande opportunità per realizzare la nostra trasformazione strutturale che servirà a sopravvivere nella nuova era” dando inoltre notizia dello spegnimento definitivo di due forni float in Malesia e Giappone [LEGGI], circostanza che sin da subito ha fatto temere una soluzione simile anche per qualcuna delle fabbriche europee [LEGGI]. A tal riguardo il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Gianluca Castaldi, aveva scritto alla multinazionale chiedendo un incontro e non ricevendo rassicurazioni in merito [LEGGI].
Al momento non ci sono notizie sulla ripartizione degli esuberi sullo scacchiere globale Nsg, i sindacati, che si dicono fortemente preoccupati, hanno chiesto maggiori – e rapide – informazioni a riguardo. La speranza è che, anche in virtù del piano industriale lanciato negli scorsi anni di cui si attendono gli effetti positivi, la multinazionale del vetro riconosca la centralità del lavoro della Pilkington nonostante gli atavici punti a sfavore del sito italiano rispetto alla concorrenza estera (tassazione, burocrazia, logistica ecc.).