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24 Novembre 2020
24 Novembre 2020
Roberto De FicisbyRoberto De Ficis

Frosolone. La bellezza dell’artigianato, dei formaggi e delle rocce

3° tappa del diario di viaggio "La Bellezza ai tempi del Covid"

copertina frosolone


Durante questo viaggio stiamo ascoltando: Fix You (Coldplay, 2005)


Non sappiamo se sia questo il luogo dell’appuntamento. Per temporeggiare, facciamo in auto quattro giri della piazzetta, mentre alcuni signori seduti ai tavolini del Bar Centrale ci guardano fissi e sempre più straniti ad ogni giro che facciamo. 


Fotografia di fronte e di profilo e siamo subito schedati. La nostra auto non rientra tra quelle “conosciute” e già si sarà diffuso che “strani forestieri si aggirano nel paese”. È uno scherzo, ma ci piace iniziare con il sorriso la visita di Frosolone, in Molise, il paese dei forgiatori di lame e degli ottimi formaggi.


Alcuni giorni prima ci eravamo già sentiti per telefono con loro per organizzare al meglio la visita. Oggi Margherita e Giuseppe ci aspettano vicino la Fontana dell’Immacolata. 



 

Sono loro che hanno le “chiavi”! Mi spiego meglio: conoscere una comunità paesana attraverso le persone che la vivono è davvero una cosa bella, utile per meglio raccontarne i segreti, gli angoli nascosti e le tradizioni. Qui mi sono sentito subito come a casa. Tutto è pronto! Si parte alla scoperta di questo angolo del Molise.


Giuseppina e Antonio che ci accolgono nel loro caseificio artigianale appena fuori il paese. Mi raccontano la storia della loro famiglia che da più di un secolo produce questi prodotti. 


La qualità dei prodotti caseari è davvero una certezza in tutto il Molise e, mentre facciamo qualche assaggio, intuisco il perché.


Un profumo e un gusto che mi lasciano un sapore difficile da raccontare, un’emozione sensoriale tra caciocavalli, ricotta fresca, scamorze, stracciate, mozzarelle e bocconcini. 



 

“Alla fine, non ci sono segreti”, mi conferma Antonio, “Oltre che dalla passione che i casari molisani ci mettono ogni giorno, la bontà dipende dalla qualità dell’aria, da ciò che mangiano gli animali, oltre che dal benessere e la rilassatezza con cui vivono”.


Quindi capisco che tutto inizia proprio da Madre Natura, da questi pascoli incontaminati e selvaggi di cui il Molise è ricco, che si vedono durante ogni spostamento da paese e paese e che sono parte integrante del contesto in cui stiamo viaggiando.



 

Torniamo in paese dove riceviamo un primo assaggio del centro storico grazie a Giuseppe, che come profondo conoscitore della storia e in modo appassionato ci spiega tante cose su tradizioni, vicoli, chiese e piazze.


Passeggiamo per il corso principale per arrivare di fronte la chiesa di Santa Maria Assunta, poi passiamo nel Largo San Pietro, una piazzetta molto bella e caratteristica.



 

 


 

Come ci racconta Giuseppe: “Largo San Pietro è una piccola piazza in cui – fino al 1805, anno in cui fu distrutta da un terremoto -, c’era l’antica Chiesa di San Pietro.


Attualmente è presente una colonna circondata da leoni a ricordo della chiesa stessa. In estate, questo spazio viene spesso utilizzato per concerti e spettacoli di vario genere.



 

Giuseppe ci racconta tante cose interessanti e speriamo di tornare presto per poterle raccontare nel dettaglio. Margherita dice: “Andiamo a trovare Rocco, ci sta aspettando”. 


Jeans,  t-shirt e una smorfia sul viso per via della luce del mattino che gli si poggia sulla pelle. Rocco è lì che ci aspetta sulla porta della sua bottega appena fuori il paese.


È uno degli artigiani dei coltelli più conosciuti della zona che, con la sua maestria, da un pezzo di materiale informe crea un esemplare unico di artigianato. 



 

All’inizio sembra un po’ timido, quasi burbero e, alle prime mie due domande, non risponde direttamente, fa delle pause, come a non voler rispondere, sembra indaffarato.


Forse sono io che ho scelto il modo non corretto di approcciarmi a lui. Sto in silenzio per qualche secondo e aspetto, mentre lui scambia qualche parola con Giuseppe.



 

“Quindi sei venuto a vedere un po’ di scintille, vero?”, mi domanda. Io gli sorrido e dico sì. 

 

Il signor Rocco è una persona mite, pacata e meticolosa nel suo lavoro. Ci fa vedere alcuni pezzi d’epoca come un set portatile con forchetta, coltello e cucchiaio (molto utile per i transumanti) e un’antica bicicletta dell’arrotino ancora funzionante, ci mostra anche alcune fasi del suo lavoro e ci fa anche vedere… le scintille!

 

 

 


 

 

Il borgo di Frosolone nei secoli scorsi è stato un importante centro per quanto riguarda questo tipo di artigianato.


Si dice che ci fossero circa 200 botteghe in paese quando gli abitanti erano meno di cinquemila, pensate che via via e che economia! 

 

Si capisce, quindi, come attorno a questa “arte” ruotasse tutta la vita del paese che, in quegli anni, era conosciuto e apprezzato in tutta Italia (che non era ancora “unita” come la conosciamo ora). 

 


 

Ancora oggi Frosolone è il punto di riferimento per questo artigianato grazie anche ad una grande e interessante fiera che si svolge ogni anno in paese. 

 

Dopo una bella foto ricordo insieme, andiamo via e Rocco ci saluta proprio come si fa con gli amici che lasciano casa, sulla porta facendo ciao con la mano.




 

Mentre raggiungiamo la prossima destinazione penso a questa mezz’ora passata nella bottega dei coltelli. 

 

Rocco forse non se n’è reso conto, ma con il suo lavoo mi ha mostrato come sia necessario “forgiarsi”, ovvero trovare il modo per adattarsi nella forma per tornare ad essere utili, ognuno con le proprie peculiarità e passioni, per diventare da un semplice pezzo di ferro informe, un bellissimo e utile coltello.


Con la pandemia, il mondo è cambiato nel giro di sei mesi e milioni di persone si stanno ridefinendo, modificando, affilando per continuare nel processo di vita, una vita che ha subito un brusco shock e non sarà mai come quella di prima. Darwin avrebbe detto che chi prima e meglio si adatta, evolve la specie.


Torno con l’attenzione fuori dal finestrino e guardo il paesaggio che ci circonda. Ci sembra di essere parte di un dipinto e, d’un tratto, un senso di pace, di protezione, un senso di famiglia e di casa.


Campi di grano fotografati nel mentre vengono lavorati, boschi attorno e una chiesetta, nuvole basse, bianche e sfumate grigie, una leggera pioggerellina e un fresco venticello ci allieta la salita su per questa collina.

 


 

 

Abbiamo percorso qualche chilometro fuori il borgo di Frosolone diretti verso un luogo davvero (davvero) molto particolare che ci sembra di essere su un altro pianeta. 

 

Saliamo il sentiero quando la nebbia inizia a scendere veloce e un pioggia leggera si mescola con l’aria. Le nostre voci sembrano risuonare tra terra e cielo.

 

La Morgia Quadra (la falesia di Frosolone) si apre di fronte a noi come un paesaggio dantesco, bello come il paradiso, ma aspro e come l’inferno. Ci sembra essere vicini, ma più camminiamo più la falesia ci sembra immobile. Da questo capiamo la sua maestosità e la sua forza granitica.  

 

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Ma questa falesia credo sia anche un esempio di perseveranza, è qualcosa che ci fa capire come sia importante restare fermi e solidi quando le tempeste arrivano, quella che può essere definita come resilienza per l’essere umano. 

 

Come sia importante restare con la schiena dritta, quella dell’onestà anche quando il piegarsi e l’assecondare sarebbero cose molto più semplici da fare.

 

Soprattutto nei momenti non facili, quando pensiamo che scendere a compromessi non puri ci possa far sopravvivere, ma a costo di quale dignità perduta?

 

E proprio che in questa cattedrale della natura trovo un significato che mi piace riportare a casa. L’essere umano dovrebbe imparare molto dalle rocce, dalla loro resilienza, dalla particolarità di starsene ferme e in silenzio, con orgoglio, di fronte alla pioggia, al sole, di fronte ai mille casi della vita, soprattutto quelli che ci mettono di più alla prova come quello che stiamo vivendo in questi mesi. 


Sentiamo delle voci lontane, sono degli arrampicatori aggrappati sulla roccia. Lì vediamo piccolissimi e imbracati mentre, centimetro dopo centimetro, il primo arriva in cima alla cordata. 


“Gianni”, sentiamo chiamare, 

“Stefy, dimmi, tutto bene?”, sentiamo rispondere. 

“Gianni, sono su, ce l’ho fatta!”.


Facciamo alcune foto e poi torniamo indietro. Saliamo sull’auto e ripartiamo.


Quale sarà la prossima tappa del diario di viaggio “La Bellezza ai tempi del Covid”? 


N.B. Lo scorso 18 agosto il sindaco di Frosolone ha emanato un’ordinanza con la quale stabilisce il divieto di utilizzo del sito della Morgia Quadra all’attività spontanea dell’arrampicata sportiva, fino alla realizzazione dei necessari interventi, al fine di tutelare e salvaguardare la pubblica e privata incolumità


<< tappa precedente (Morrone del Sannio, Casalpiano) | tappa successiva (Carpinone) >>


Roberto De Ficis – Travel & Food Blogger


*il viaggio e le fotografie sono state realizzate tra il mesi di maggio e ottobre 2020 nel pieno rispetto delle regole anti covid e seguendo accuratamente le disposizioni dei vari DPCM in vigore.

Durante questo viaggio stavamo ascoltando: Fix You (Coldplay, 2005)


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Tags: abruzzocovid 19diariofrosolonemoliseviaggio
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copertina frosolone


Durante questo viaggio stiamo ascoltando: Fix You (Coldplay, 2005)


Non sappiamo se sia questo il luogo dell’appuntamento. Per temporeggiare, facciamo in auto quattro giri della piazzetta, mentre alcuni signori seduti ai tavolini del Bar Centrale ci guardano fissi e sempre più straniti ad ogni giro che facciamo. 


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Alcuni giorni prima ci eravamo già sentiti per telefono con loro per organizzare al meglio la visita. Oggi Margherita e Giuseppe ci aspettano vicino la Fontana dell’Immacolata. 



 

Sono loro che hanno le “chiavi”! Mi spiego meglio: conoscere una comunità paesana attraverso le persone che la vivono è davvero una cosa bella, utile per meglio raccontarne i segreti, gli angoli nascosti e le tradizioni. Qui mi sono sentito subito come a casa. Tutto è pronto! Si parte alla scoperta di questo angolo del Molise.


Giuseppina e Antonio che ci accolgono nel loro caseificio artigianale appena fuori il paese. Mi raccontano la storia della loro famiglia che da più di un secolo produce questi prodotti. 


La qualità dei prodotti caseari è davvero una certezza in tutto il Molise e, mentre facciamo qualche assaggio, intuisco il perché.


Un profumo e un gusto che mi lasciano un sapore difficile da raccontare, un’emozione sensoriale tra caciocavalli, ricotta fresca, scamorze, stracciate, mozzarelle e bocconcini. 



 

“Alla fine, non ci sono segreti”, mi conferma Antonio, “Oltre che dalla passione che i casari molisani ci mettono ogni giorno, la bontà dipende dalla qualità dell’aria, da ciò che mangiano gli animali, oltre che dal benessere e la rilassatezza con cui vivono”.


Quindi capisco che tutto inizia proprio da Madre Natura, da questi pascoli incontaminati e selvaggi di cui il Molise è ricco, che si vedono durante ogni spostamento da paese e paese e che sono parte integrante del contesto in cui stiamo viaggiando.



 

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È uno degli artigiani dei coltelli più conosciuti della zona che, con la sua maestria, da un pezzo di materiale informe crea un esemplare unico di artigianato. 



 

All’inizio sembra un po’ timido, quasi burbero e, alle prime mie due domande, non risponde direttamente, fa delle pause, come a non voler rispondere, sembra indaffarato.


Forse sono io che ho scelto il modo non corretto di approcciarmi a lui. Sto in silenzio per qualche secondo e aspetto, mentre lui scambia qualche parola con Giuseppe.



 

“Quindi sei venuto a vedere un po’ di scintille, vero?”, mi domanda. Io gli sorrido e dico sì. 

 

Il signor Rocco è una persona mite, pacata e meticolosa nel suo lavoro. Ci fa vedere alcuni pezzi d’epoca come un set portatile con forchetta, coltello e cucchiaio (molto utile per i transumanti) e un’antica bicicletta dell’arrotino ancora funzionante, ci mostra anche alcune fasi del suo lavoro e ci fa anche vedere… le scintille!

 

 

 


 

 

Il borgo di Frosolone nei secoli scorsi è stato un importante centro per quanto riguarda questo tipo di artigianato.


Si dice che ci fossero circa 200 botteghe in paese quando gli abitanti erano meno di cinquemila, pensate che via via e che economia! 

 

Si capisce, quindi, come attorno a questa “arte” ruotasse tutta la vita del paese che, in quegli anni, era conosciuto e apprezzato in tutta Italia (che non era ancora “unita” come la conosciamo ora). 

 


 

Ancora oggi Frosolone è il punto di riferimento per questo artigianato grazie anche ad una grande e interessante fiera che si svolge ogni anno in paese. 

 

Dopo una bella foto ricordo insieme, andiamo via e Rocco ci saluta proprio come si fa con gli amici che lasciano casa, sulla porta facendo ciao con la mano.




 

Mentre raggiungiamo la prossima destinazione penso a questa mezz’ora passata nella bottega dei coltelli. 

 

Rocco forse non se n’è reso conto, ma con il suo lavoo mi ha mostrato come sia necessario “forgiarsi”, ovvero trovare il modo per adattarsi nella forma per tornare ad essere utili, ognuno con le proprie peculiarità e passioni, per diventare da un semplice pezzo di ferro informe, un bellissimo e utile coltello.


Con la pandemia, il mondo è cambiato nel giro di sei mesi e milioni di persone si stanno ridefinendo, modificando, affilando per continuare nel processo di vita, una vita che ha subito un brusco shock e non sarà mai come quella di prima. Darwin avrebbe detto che chi prima e meglio si adatta, evolve la specie.


Torno con l’attenzione fuori dal finestrino e guardo il paesaggio che ci circonda. Ci sembra di essere parte di un dipinto e, d’un tratto, un senso di pace, di protezione, un senso di famiglia e di casa.


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Abbiamo percorso qualche chilometro fuori il borgo di Frosolone diretti verso un luogo davvero (davvero) molto particolare che ci sembra di essere su un altro pianeta. 

 

Saliamo il sentiero quando la nebbia inizia a scendere veloce e un pioggia leggera si mescola con l’aria. Le nostre voci sembrano risuonare tra terra e cielo.

 

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