Nei giorni scorsi la vastese Anna Corsi ha conseguito la laurea con lode in Architettura all’università G.D’Annunzio di Pescara. Il titolo della sua tesi, Adattamento, mitigazione e contrasto ai cambiamenti climatici: la Costa dei Trabocchi, ci è sembrato molto interessante – oltre che di stretta attualità – e le abbiamo quindi chiesto di illustrarci il suo lavoro.
Perché proprio il cambiamento climatico? Mi è stato suggerito dal mio relatore di tesi, Prof. Arch. Paolo Fusero, credo sia un tema molto caldo in questi tempi ed è sicuramente molto interessante parlarne e provare a mettere in campo delle soluzioni per contrastare questo fenomeno.
E perché proprio la Costa dei Trabocchi? Sono nata e cresciuta a Vasto pertanto conosco le problematiche, i punti di forza e le debolezze del territorio. Mi è sembrato doveroso provare ad offrire alla mia città delle soluzioni sfruttabili per migliorare l’assetto urbanistico, seppure con idee progettuali semplici e delicate, vista la fragilità e la preziosità del luogo che sto trattando.
La mia tesi parte da un’ipotesi che riguarda il ruolo della progettazione urbana e territoriale nel grande fenomeno dei cambiamenti climatici. Il primo step è stato eseguire uno studio molto approfondito dei fenomeni scientifici che connotano i cambiamenti climatici: dapprima è stato eseguito un inquadramento generale dell’intero globo, poi vi è il passaggio agli scenari futuri, studiando ed analizzando i grandi centri di ricerca mondiali. Successivamente sono stati presi in considerazione i principali fenomeni distruttivi in Europa fino ad approdare alla storia delle grandi politiche ed accordi in merito al clima ne è un esempio il protocollo di Kyoto.
Da qui inizia la mia fase progettuale. La domanda che mi sono posta è: Cosa può fare l’architetto per contrastare il fenomeno dei cambiamenti climatici? Vengono quindi messi in luce quali sono gli interventi progettuali, su quale scala possono avvenire, quali effetti possono dare e quali fattori di rischio vanno ad aggredire. Ogni azione può avvenire su diversi fattori di rischio creando anche delle interrelazioni. L’importante è capire che nessuna di queste azioni presa singolarmente è efficace, ma lo diventano solo se concepite come azioni di sistema. Tutto questo per far capire come l’architetto possa intervenire su numerosi aspetti legati al cambiamento climatico.
Criticità e vulnerabilità del territorio. A questo punto viene messa in campo una discesa di scala in un territorio campione provando ad applicare alcune azioni viste precedentemente in un’area specifica. Vasto è una delle zone abruzzesi più delicate dal punto di vista paesaggistico soprattutto perché è una zona molto sensibile ad alcune vulnerabilità. Ho trovato interessante analizzare nello specifico 3 hazards (fattori di rischio) e provare a dare delle soluzioni progettuali per le criticità messe in luce. Nello specifico ho analizzato la zona che va da Casalbordino, e, passando per il fiume Sinello, attraversa punta Penna fino ad arrivare a Vasto Marina. Grazie al materiale reperito mediante sopralluoghi ed incontri con l’amministrazione locale ho evidenziato diverse problematiche.
Innanzitutto ho evidenziato come il fiume Sinello non generi aree occasione: è visto come una barriera e non come un elemento da inglobare nel territorio. Vi è inoltre l’assenza di collegamenti ciclabili tra l’infrastruttura principale “Via Verde” e l’entroterra. I rischi ai quali si va incontro a causa della sua esondazione (1° hazard analizzato) sono molteplici ma senza soluzioni effettive.
Nella magnifica zona della riserva naturale di Punta Aderci non vi sono soluzioni efficaci per contrastare il pericolo degli incendi (2° hazard) come quello che si è verificato ad agosto che ha distrutto numerosi ettari di territorio.
Un altro importante tema è l’erosione costiera (3° hazard) che interessa tutto il tratto Sud, da Vignola, che è la più aggredita, passando per località La Canale, Casarsa, fino ad arrivare a Vasto Marina dove, in aggiunta, vi è un’interruzione violenta sia di pista ciclabile che di percorsi pedonali. Come conseguenza di ciò, molte spiagge sono diventate inaccessibili e si sono creati dei veri e propri luoghi malsani data la presenza di numerosi edifici dismessi.
Strategie e masterplan. Si passa poi alle soluzioni e alle strategie messe in campo le quali sono state divise per hazard. Tra le soluzioni per contrastare l’esondazione del fiume Sinello c’è quella di creare delle vasche di laminazione per rendere il lungofiume più resiliente ed attrattivo, connettere le reti ciclabili, piantumare nuove essenze e riprogettare gli argini.
Per quanto riguarda gli incendi è importante salvaguardare la Riserva utilizzando percorsi ciclabili come barriere tagliafuoco. È inoltre fondamentale utilizzare zone buffer di protezione, preservare le zone a dune naturali con barriere frangivento, barriere basali o semplicemente ripiantumando le essenze autoctone. Per contrastare l’erosione costiera sono state pensate: barriere frangiflutti sommerse per non andare ad attaccare il paesaggio, pennelli a mare e piazze multilivello inondabili che si adattano al territorio e danno la possibilità di accedere alla battigia. Nota di merito è stata anche la ricucitura di reti ciclabili ove possibile.
Anna Corsi, nella fase di proposta e progettazione, ha poi approfondito l’analisi elaborando delle proposte progettuali per due aree bersaglio del territorio: il fiume Sinello (nel suo tratto terminale) e Vasto Marina.
RIVERFRONT: fiume Sinello.
Si propone di introdurre due vasche di laminazione che aiutano, anche grazie all’apporto meccanico, lo smaltimento delle acque reflue; rendere il riverfront fruibile al pubblico quindi, ad esempio, creare parchi fluviali, boschi ed incrementare piste ciclabili. Mettere in campo progetti per agricoltura periurbana, consumo di suolo zero, creazione di corridoi ecologici i quali creano un collegamento verso il preesistente bosco di Don Venanzio, qui si snodano zone cuscinetto per proteggere il territorio dalle infrastrutture come la SS16, e vengono tutelate ed incrementate le alberature.
WATERFRONT: Vasto Marina.
Il tratto costiero considerato è connotato a nord da un disegno molto frastagliato che accoglie a sud una spiaggia bassa e sabbiosa. Esattamente in questo punto si focalizza il ripascimento del waterfront, con la riprogettazione di spazi pubblici permeabili, zone d’ombra e cool pavements. Un elemento fondamentale ma anche di ricchezza per il territorio è la presenza della Via Verde. Questa, infatti, viene connessa con il preesistente tratto ciclabile del lungomare Cordella anche mediante la riqualificazione di nuovi spazi e il riutilizzo di edifici dismessi. Uno di questi è da adibire come punto bike sharing, a servizio della pista ciclabile; mentre l’altro a museo marittimo, vista la vicinanza a resti archeologici di un porto antico in località La Bagnante. Importanti sono gli accessi a mare ripensati e ripristinati grazie all’utilizzo di passerelle inondabili e di piazze multilivello, le quali si adattano al suolo. Ad esempio oggi la spiaggia di Trave risulta essere inaccessibile. È importante sottolineare come tutti i progetti messi in campo si adattino al problema e non lo vadano a contrastare. I percorsi pedonali che si snodano lungo tutto il litorale raccontano episodi all’interno del verde costiero e sono stati pensati come percorsi salute, fitness outdoor, aree picnic. Ed infine pennelli a mare e barriere frangiflutti sommerse sono collocati nei punti di maggiore debolezza del tratto costiero, i quali dialogano perfettamente con le macchine da pesca che adornano il territorio: i trabocchi.
Attraverso questo mio percorso di tesi mi sono resa conto di quello che può essere il contributo di noi architetti. Sicuramente oggi più che mai l’architetto deve confrontarsi con il tema dei cambiamenti climatici. La parola chiave è adattamento: adattare la nostra città, renderla in grado di mutare e di adeguarsi all’ambiente. Nel mio percorso ho maturato la consapevolezza che è di fondamentale importanza coinvolgere altri saperi: tanto una soluzione sarà condivisa, quanto più sarà applicabile e praticabile. Diventa preziosa quindi l’interdisciplinarietà, solo in questo modo la nostra cassetta degli attrezzi si arricchisce di nuovi strumenti urbanistici, di nuove modalità di intervento tanto sugli edifici quanto sugli spazi pubblici o sul territorio in senso più esteso.
Per chi volesse approfondire, riporto in riassunto la mia fase di studio.
È stato eseguito un inquadramento generale dell’intero globo andando ad evidenziare e ad analizzare i fenomeni scientifici che interessano il cambiamento climatico. Sono stati studiati i fenomeni relativi a: innalzamento delle temperature, innalzamento livello del mare, tempeste di vento, uragani e tornado, siccità.
È stato eseguito poi uno studio sugli scenari futuri grazie all’apporto che i grandi centri di ricerca mondiali danno in merito ai cambiamenti climatici. La maggior parte degli scienziati sono concordi nel dire che ci sarà sicuramente un innalzamento delle temperature e un aumento di fenomeni estremi.
Vengono presi in considerazione i principali fenomeni distruttivi che l’Europa ha dovuto fronteggiare, come inondazioni, ondate di calore, erosione costiera e precipitazioni.
Tutto questo fa capire che si deve passare all’azione. Ed a proposito di COP e di accordi è importante segnalare come ci sia stata a partire dagli anni 80 fino ai giorni nostri, un’aumentata sensibilità sulle tematiche climatiche. Ad esempio, nel protocollo di Kyoto gli scienziati lanciavano delle vere e proprie grida d’allarme che però non vennero mai raccolte, invece negli anni 2000 si è iniziato comunque a prendere coscienza anche a livello di opinione pubblica del fenomeno tutto questo ha portato ad avere delle risoluzioni effettive come l’Agenda 2030, che è un programma di azione per lo sviluppo sostenibile. Successivamente si vede come anche in Italia si siano introdotti degli strumenti urbanistici che sono i piani di adattamento locali, vengono messi in luce alcuni casi studio di città italiane che si stanno adeguando e stanno introducendo nuove pratiche nelle loro amministrazioni.
Viene fatta una raccolta di casi studio delle principali soluzioni di contrasto ai cambiamenti climatici sia sull’edificio sia sulla città. Dall’intero database da me raccolto, vengono estratti a scopo sintetico e divulgativo alcuni dei più emblematici sempre tenendo conto della nostra disciplina, cioè quali sono le azioni che gli architetti possono mettere in campo per contrastare il fenomeno dei cambiamenti climatici. Ho analizzato 5 hazards (fattori di rischio): per le precipitazioni, ad esempio lo studio Tradje Nature a Copenaghen realizza dei veri e propri quartieri climatici, oppure la Watersquare a Rotterdam immagazzina acqua piovana e migliora la qualità dello spazio pubblico; per l’esondazione dei fiumi vengono studiati degli interventi più o meno puntuali come ad esempio la modellazione della banchina a Green Bay nel WI la quale diventa uno spazio di aggregazione sociale ma anche adattivo e resiliente; per le ondate di calore le città rispondono in modo diverso coperture che creano spazi multifunzionali a Siviglia e specchi d’acqua con nebulizzatori a Bordeaux; per l’erosione costiera Boston trasforma il sedime viario in un’infrastruttura multifunzione; ed infine per il rischio idrogeologico a Zaragoza vengono dei realizzati dei veri e proprio parchi fluviali, si punta alla realizzazione di nuovi ponti come Bridge Pavillion di Zaha Hadid, reti e canali sotterranei.
A cura di Anna Corsi