C’è ancora interesse per l’agricoltura? Chi sono oggi gli uomini e le donne che portano avanti un’attività tanto antica quanto proiettata verso il futuro? Proveremo a dare delle risposte incontrando chi ha scelto di portare avanti un percorso professionale nel mondo dell’agricoltura nelle sue varie sfaccettature. C’è chi segue una tradizione di famiglia e chi fa questa scelta tentando di percorrere una nuova strada. Filo conduttore sono l’amore per la terra, per il proprio territorio e tanta passione.
Dando una veloce occhiata ai canali social di Emiliano Giattini, 28enne imprenditore agricolo vastese, si ha subito la percezione di quanto sia legato alla sua terra. Un mondo in cui è completamente immerso, che ha scelto con convinzione e cognizione, e che oggi lo vede diversi tra l’uliveto in località Selvotta e i vigneti a Pollutri. Particolarmente interessante è la scelta che ha fatto sulla coltivazione dell’ulivo, con una modalità nuova che è stata proprio la sua chiave di accesso al mondo agricolo.
IL RICHIAMO DELLA TERRA NATÌA. “Mio nonno aveva dei terreni e, quando in famiglia si è dovuto decidere cosa farne, mi sono fatto avanti. Sono stato cinque anni a Bologna per l’università e, in quel periodo, mi sono reso davvero conto di quanto amassi Vasto e di quanto stavo male lontano da qui. Sentivo la mancanza di ciò che c’è qui, anche se poi, paragonando le due realtà, a Bologna c’è tanto di più. Ma mi mancava il mare, mi mancava la mia terra”. E sono stati questi sentimenti a dare la spinta. “Chiaramente, se vuoi tornare a Vasto, devi fare delle scelte ben precise. Ho analizzato i pro e i contro e, con l’appoggio dei miei genitori, fondamentali e preziosi nell’avvio dell’attività, oltre alle vigne che già avevamo ho deciso di fare un impianto di uliveto super intensivo. Parliamo di circa 1700 piante a ettaro per un totale di circa 10mila piante su sei ettari di terreno”. L’avvio delle attività è datato 2016, con la piantumazione degli alberi, il primo impianto è già alla seconda raccolta, utilizzando un grande macchinario che, passando “sopra” le piante, raccoglie meccanicamente tutte le olive.
“Avviando un’azienda agricola in tempi moderni non potevo pensare di farla nel modo in cui lo faceva mio nonno. È un’innovazione, perché si tratta di una coltivazione quasi completamente meccanizzata e con un’elevata resa. E la qualità, a dispetto di quello che si dice, è buona. Un olio, per essere extravergine, deve avere dei tempi di raccolta e macinazione molto brevi per non perdere tutte le caratteristiche organolettiche. E con questa metodologia rispettiamo tutti i tempi”.
IL PERCORSO. Nell’intraprendere questo nuovo percorso “ho deciso di puntare sugli ulivi perché le mie potenzialità mi permettono di esprimermi in questo campo. Ho anche la vigna ma mi appassiona di più il mondo dell’olio. L’obiettivo è quello di arrivare alla chiusura della filiera. Ho partecipato ad un bando del PSR 2014-2020 e sto investendo sulla realizzazione di un mini-frantoio e un mini laboratorio di imbottigliamento. È un passo importante per arrivare alla commercializzazione puntando al mercato del Nord Italia. Non si può pensare di stare sul mercato di qualità vendendo l’olio a 6-7 euro al litro”.
UN LAVORO E I SUOI SENTIMENTI. “Il romanticismo in questo mestiere è una costante. Per me è come avere 10mila figli. La stessa pianta di ulivo la vedi modificare giorno dopo giorno, la devi concimare, potare. Magari si ammala e la devi curare”. Quattro anni fa Emiliano ha piantato i primi alberi, alti appena 15 centimetri, che oggi producono frutto. “Due anni fa, alla vigilia della prima raccolta, ho iniziato ad essere emozionato diversi giorni prima. Ma l’adrenalina è una costante in questo lavoro, è difficile spiegare l’entusiasmo nel pensare quello l’ho fatto io. È una gioia che provo giorno per giorno, ho visto queste piante crescere”. Ed è un ciclo che si ripete nel tempo, stagione dopo stagione. “Vivi con tante incognite ma la bellezza è proprio nella non staticità del lavoro. Siamo condizionati dalla natura ma ho la consapevolezza che la mia mano può fare tanto”. Importante anche “ascoltare e chiedere il più possibile. Non bisogna essere presuntuosi di sapere tutto, vanno ascoltati suggerimenti, opinioni. Anche le critiche sul lavoro che uno sta facendo vanno ascolta e analizzate per poi trarre delle conclusioni”.
LA SFIDA. Nel portare avanti un’azienda agricola va tenuta presente una variabile come quella del meteo. “In appena quattro anni, tra grandinate e siccità prolungate, ne ho viste già tante. Ma è una sfida che mi appassiona sempre, le difficoltà ti danno degli stimoli. Innanzitutto bisogna partire dagli studi. Nel 2016 non potevo di certo piantare alberi di ulivo come quelli che si piantavano cinquanta o cento anni fa. Il clima è cambiato, non fa più così freddo come un tempo. Servono studi della pianta, per avere delle resistenze al clima di oggi. L’agricoltura, ai non addetti ai lavori, potrebbe sembrare la stessa da duemila anni a questa parte ma non è così. E chi, come me, ha 28 anni ed è da poco in questo mondo, deve necessariamente guardare al futuro investendo e modernizzando”. La scelta di puntare sulla coltivazione super intensiva “è per avere costi di gestione maggiormente sostenibili e più redditizi. Sono pareti produttive, non dei classici alberi di ulivo, in cui si ha un’alta produzione senza andare a compromettere la qualità. Su questo tipo di impianto c’è un’accesa diatriba tra i tecnici del settore”.
[ads_dx]IL TEMPO REGOLATO DALLE STAGIONI. Passare dalla vita universitaria bolognese a quale dei campi è stato certamente un bel salto per il 28enne imprenditore agricolo vastese. “Diciamo che non conosco più la sera – e già da prima dei Dpcm -. Per me alle 18 si chiude tutto”. Dovendo portare avanti sia il vigneto che l’uliveto sono le necessità di queste due coltivazioni a scandire i ritmi del tempo. “A gennaio e febbraio si cura la vigna, poi si passa alla potatura degli ulivi, in marzo e aprile”. E poi la lavorazione dei terreni prima di tornare nel vigneto, a giungo, e “a luglio la potatura verde degli ulivi”. Arriva poi il momento di raccogliere, prima la vendemmia che cede poi il passo alle olive. “Si va avanti così fino a metà novembre. In ogni stagione gli orari sono dettati dalla luce e dalle condizioni meteo”. Inizia poi un periodo di riposo “in cui riesco a curare tutta la burocrazia – e ne è tanta – che non è poca. Nel lavoro ho l’aiuto di mio padre – che comunque ha la sua attività in tutt’altro settore – perché, in questa fase di avvio, più cose si riescono a fare in famiglia e più si riesce a ottimizzare le risorse.
LE IDEE CHIARE SUL FUTURO. Emiliano è giovane, ha da poco intrapreso questa attività nell’agricoltura ma ha già le idee ben chiare. “Avevo l’obiettivo di entrare nel mercato con la mia etichetta con la raccolta 2020. La pandemia ha un po’ cambiato il business plan perché è un investimento importante da affrontare e, considerato che siamo un periodo di grandi incognite, abbiamo deciso di aspettare. Quindi abbiamo continuato a vendere le olive e a fare una piccola produzione distribuita localmente. Il passaparola ha una buona resa ma per entrare nel mercato, per avviare la vendita online, ci vogliono altre risorse. Continuiamo a prepararci per essere pronti al momento giusto”. Ma l’ambizione e la voglia di crescere non mancano. “Il mio obiettivo è riuscire ad avere un’azienda agricola che chiuda la filiera e riesca ad offrire anche qualcosa in più. Penso ad una masseria dove trasformare le olive in altri prodotti dedicati al benessere, dove poter accogliere le persone, per poter implementare una serie di servizi. Ho la fortuna di avere l’azienda in un territorio magnifico, il desiderio è quello di restituire qualcosa a questo territorio da cui prendo le bellezze e i prodotti della terra. Sempre portando avanti un processo di modernizzazione, unica strada per poterne fare un mestiere per viverci. Per me, che ho deciso di farlo a tempo pieno e ci credo fermamente, è fondamentale andare avanti ed esprimere qualità, così da competere sul mercato”.