C’è ancora interesse per l’agricoltura? Chi sono oggi gli uomini e le donne che portano avanti un’attività tanto antica quanto proiettata verso il futuro? Proveremo a dare delle risposte incontrando chi ha scelto di portare avanti un percorso professionale nel mondo dell’agricoltura nelle sue varie sfaccettature. C’è chi segue una tradizione di famiglia e chi fa questa scelta tentando di percorrere una nuova strada. Filo conduttore sono l’amore per la terra, per il proprio territorio e tanta passione.
A Carunchio, accanto all’antica fonte Manzir, da tre anni è nata l’omonima azienda agrituristica. A guidarla è Antonella Cialè, 37 anni, insieme a sua sorella Manuela e con il prezioso supporto dei genitori. Il suo è un percorso di andata e ritorno tra il paese e la grande città, vivendo il richiamo della terra, delle tradizioni, del vivere la fatica del lavoro dei campi e la soddisfazione di un raccolto che diventa poi un buon piatto servito a tavola.
DALL’AZIENDA CHIMICA AI CAMPI. Il percorso di Antonella Cialè è stato quello di tanti giovani. Gli studi al liceo, l’università, poi l’ingresso nel mondo del lavoro. “Ho studiato a Roma, dove mi sono laureata in chimica. Inizialmente sono rimasta nel mio settore, lavorando in un’azienda a Pescara, che però poi ha chiuso. Ho fatto altre esperienze ma, a un certo punto, ho deciso di voler fare qualcosa di mio“. Una scelta condivisa con sua sorella Manuela, laureata in Beni culturali, con cui si è trovata davanti a un bivio in cui “scegliere se andare via o restare“. Il punto di partenza sono stati i terreni che aveva la sua famiglia, “in cui, sotto la guida dei nonni, si producevano olio, si allevavano maiali per la produzione di salumi, prodotti genuini da consumare in famiglia”. Il primo passo è stato l’acquisto del casolare “all’epoca diroccato. Ma aveva il vantaggio di essere in un terreno confinante con i nostri e in un punto di passaggio. Tanti lavori li ha fatti nostro padre in economia e così siamo partiti”.
[ads_dx]I PRIMI PASSI. “Ci sono state tante difficoltà, perché la burocrazia, di cui mi occupo io, è stata davvero complicatissima“. Un piccolo supporto è arrivato con il bando per l’inserimento in agricoltura, “ma se non avessimo avuto i genitori alle spalle non sarebbe stato possibile iniziare. Siamo partiti come azienda agricola ma con già in mente l’agriturismo”. Un agriturismo vero, dove “c’è un ciclo chiuso. Nell’attività di ristorazione utilizziamo tutto ciò che produciamo. C’è qualcosina che riusciamo a vendere ma è poco, la vendita dei prodotti non è al momento un aspetto prioritario. Nell’azienda produciamo grano – quindi farina e pasta -, olio, pomodoro, gli ortaggi. Abbiamo anche una tartufaia e poi possiamo contare su tutti i prodotti selvatici. Sugli animali ad oggi abbiamo maiali e pollame. Per le altre carni e i formaggi ci riforniamo da aziende della zona”.
LA SCOMMESSA. Partire con una nuova attività in un piccolo borgo, con lo spopolamento che continua ad incidere sulle scelte di vita delle persone, “la nostra è stata un po’ una scelta controcorrente. All’inizio ci siamo date del tempo per capire come sarebbero andate le cose. Siamo ancora all’inizio ma c’è già un certo interesse”. L’essere immersi nella natura, lontani dal caos diventa luogo di attrattiva. “Fortunatamente Carunchio e i paesi della zona sono visitati, specie in estate, e quindi in tanti passano da qui”.
I NUOVI RITMI DI VITA. Passare dalla modalità di lavoro in azienda chimica – con turni e riposi definiti – al lavoro dei campi è stata una bella sfida. “Non si finisce mai e per fortuna c’è mio padre Antonio che mi aiuta. Normalmente durante la settimana possiamo dedicarci molto all’attività dei campi. In alcuni periodi dell’anno – ad esempio quando c’è la raccolta dell’ulivo – concentriamo l’attività di ristorazione nel weekend. In pratica non si finisce mai però abbiamo la fortuna di essere un’attività a gestione familiare, quindi diventa più semplice organizzarci tra di noi. E quando i periodi sono più complicati ci sono anche i mariti – che hanno i loro lavori – a darci una mano”.
LE DIFFICOLTÀ E LE EMOZIONI. Per Antonella il lavoro dei campi “è sempre stato presente nella mia vita, aiutando i genitori e i nonni. Quindi ero già abituata a questa tipologia di lavoro”. Una bella novità “è stata quella del biologico le cui difficoltà non sono tanto nelle metodologie di coltivazione quanto nella burocrazia. È stato questo l’aspetto più complicato”. Nulla di difficile, invece, dal punto di vista della ristorazione. “Abbiamo sin da subito deciso di avere un ambiente familiare, con un numero limitato di posti. Quando la nostra famiglia si riunisce (o meglio, si riuniva pre-Covid), con i cugini di primo grado si superano le trenta persone, quindi c’è una certa attitudine a gestire questi numeri. E poi mia sorella Manuela e mia madre Giuseppina in cucina sono davvero brave”. Ricreare l’ambiente caldo “è stato spontaneo. Con i primi clienti è stato davvero emozionante, poi andando avanti ci siamo sempre migliorate”.
LA SCELTA DI VITA. “Ho scelto di intraprendere questo nuovo percorso per lo stile di vita che si ha qui. Bisogna sapere cosa si vuole nella propria vita e scegliere”. Non senza aver visto cosa c’è intorno. “È importante andare via e fare esperienza così come ho fatto io. Nel mio caso poi c’è stata la volontà di tornare nella mia terra d’origine, nel mondo che sentivo mio. Questo stile di vita mi è piaciuto e voglio trasmetterlo ai miei figli lasciando poi che siano loro, da grandi a fare le scelte”. Uno stile di vita che viene apprezzato anche da cui passa da queste parti. “Chi viene qui e si ferma anche per qualche notte apprezza la tranquillità, essere immersi nel verde”. Oggi con il web le distanze si annullano ma “servirebbero migliori servizi per poter davvero cogliere tutte le possibilità offerte dalla rete“. La burocrazia resta una reale antagonista per lo sviluppo delle attività. “E molto spesso non è semplicissimo partecipare i bandi. In questo percorso ho trovato persone che ci hanno accompagnato, sono poche ma buone. L’avvio è difficile, ci vuole sostegno”.
IL FUTURO. In un clima di grade incertezze Antonella Cialè prova a guardare avanti. “Abbiamo tanti progetti, come quello di realizzare un’area per accogliere i camper e dare l’opportunità di partire da qui, magari in bici, per visitare i dintorni”. Se nel suo percorso, con la laurea in chimica in tasca, avrebbe potuto percorrere anche la via dell’insegnamento, c’è un’idea che la potrebbe portare davvero ad occuparsi di didattica. “Stiamo scrivendo un progetto per diventare fattoria didattica con un’attenzione proprio alla vita della terra. Mi accorgo che i bambini spesso non sanno come nascono tanti prodotti e, visto che qui ne abbiamo le possibilità, vorremmo far conoscere tutta la filiera della produzione con laboratori interattivi”.