Machiavelli propone una visione ciclica della storia. Questo vuol dire che, secondo il suo pensiero, il corso degli avvenimenti segue il ciclo naturale degli esseri viventi che nascono, vivono – tanto da diventare potenti –, decadono e muoiono per reincarnarsi in altri e ricominciare ancora e ancora. Da questo stesso movimento continuo, costituito dal passaggio da un governo all’altro, nascono le istituzioni. La storia, quindi, sovrasta l’uomo a tal punto da impedirgli di inserirsi tra gli avvenimenti e sfruttarli a suo favore. L’uomo, dunque, non è in grado, osservando la storia, di trarre insegnamenti ed esempi di come qualcosa debba essere fatto o cosa sia meglio evitare.
Questa visione della storia come “intoccabile” e inavvicinabile è lontana dal concetto attuale che abbiamo noi di questa materia. La storia, infatti, il nostro passato, un albero genealogico comune a tutti, oggi ci viene insegnata e spiegata da quando siamo bambini, con lo scopo di evitare gli errori dei nostri antenati. Tuttavia, molto spesso, ce ne dimentichiamo. Sono tantissimi i casi, anche appartenenti alla nostra quotidianità, in cui avremmo potuto, con facilità, risolvere un problema già presentatosi ad altri in passato che al contrario è finito col recarci fatica, scontento e pessime risoluzioni.
La tendenza che tutti dovremmo avere a guardarci alle spalle per migliorare il nostro presente, può giovare in moltissime situazioni, dalle più piccole e comuni, a quelle tanto grandi da potersi considerare apocalittiche.
[ant_dx]Questo decennio, probabilmente questo secolo, sarà senza dubbio segnato da un avvenimento, per noi completamente inaspettato, ma per la nostra terra vecchio e conosciuto, come un buon libro che rileggi per l’ennesima volta. L’11 marzo 2020 l’Europa ha dichiarato l’allerta per una pandemia mondiale. Il coronavirus, un nemico silenzioso che poche settimane prima si era divertito a giocare con le vite dei nostri cugini asiatici e che noi spesso, sciocchi e imprudenti, abbiamo deriso, in quel momento è diventato un mostro tanto forte e grande da minacciare tutto il globo. Lo stesso globo che però, come ho già detto, di malattie infestanti ne ha conosciute eccome.
Tra il 1918 ed il 1920, in un freschissimo dopoguerra, la Spagnola, un’influenza mortale dal quasi ossimorico nome allegro e seducente, ha ucciso decine di milioni di persone, arrivando ad infettare cinquecento milioni di uomini e donne di tutti i continenti. Correndo più a ritroso su un’oscura linea del tempo incontriamo, robusta e imponente, la peste del ‘300. Nobile scenografia per il Decameron di Boccaccio, venne affiancata dall’aggettivo “nera” per via di uno dei tanti sintomi che causava, ovvero la comparsa di macchie scure e livide di origine emorragica che si manifestavano sulla cute e le mucose dei malati. Fu causa di un devastante calo demografico e provocò un numero così elevato di morti da dimezzare la popolazione europea. Proprio come il nostro Covid, anche l’epidemia della peste nacque in Asia e giunse fino ad occidente tramite i topi e le navi da commercio. La peste nera ebbe un forte impatto nella società del tempo. La popolazione in cerca di spiegazioni e rimedi arrivò talvolta a ritenere responsabili del contagio gli ebrei, causando una forte discriminazione, come purtroppo è successo anche quest’anno, nei confronti del popolo occidentale, quando troppe persone hanno usato questa malattia come scusa per sfogare la propria xenofobia. Lontana antenata di questa epidemia fu l’omonima peste che durante il secondo anno della guerra in Peloponneso, colpì la città-stato di Atene. Questo costrinse la remota capitale a combattere contemporaneamente due battaglie. Oltre a quelle inscenate nel Peloponneso, fino ad allora molto favorevoli per gli ellenici, infatti, la malattia devastò completamente la popolazione ormai più che spaventata. Tucidide, nel 430 a.C. scrisse le seguenti parole: “La paura della peste distrusse Atene, non la peste”.
Bene, è a queste parole che dovremmo rifarci. Abbattere completamente la campana di vetro sotto la quale Machiavelli ha posto la storia ed immedesimarci completamente in Tucidide.
Oggi, all’alba di una seconda ondata di Covid, con l’avvento di un anno scolastico scomodo che ci vedrà fare avanti e indietro tra i banchi di scuola e lo schermo di un computer, dovremmo riuscire a trovare la forza. Sono mesi che combattiamo un nemico che ormai consociamo come se fosse a noi caro e a questo punto non dobbiamo lasciarci travolgere dalla paura. È giusto continuare a temerlo, sarebbe da incoscienti e imprudenti non farlo, ma non dobbiamo fare in modo che questo lieve tremore diventi uno spasmo, che il nostro spago diventi angoscia. È una realtà con la quale siamo costretti a fare i conti, un virus che per ora non possiamo uccidere ma con il quale dobbiamo convivere, anzi, vivere. Per evitare che l’Italia e il mondo interno non vengano distrutti né dal coronavirus né dalla paura di questo.
Chiara Savini