A 62 anni Arturo Brachetti ha ancora voglia di stupire e di stupirsi. E allora, anche in questa strana estate, torna ad incontrare il suo pubblico per un appuntamento che, lasciate per un momento da parte le sue incredibili trasformazioni, lo vede nelle vesti di “narratore” per lasciar fluire il flusso dei pensieri e dei ricordi. Sabato 29 agosto, alle 21, nell’appuntamento organizzato da Alhena Entertainment (biglietti ancora disponibili sui circuiti online e al botteghino), sarà il palco del cortile di palazzo d’Avalos a Vasto ad accogliere l’artista torinese che, in “Arturo racconta Brachetti”, condurrà il pubblico in un racconto alla scoperta del suo mondo.
Il pubblico la conosce come trasformista strabiliante. In questi incontri passa un po’ su un altro campo, con un viaggio fatto attraverso le parole. Com’è vivere questa dimensione?
Quella che va in scena è un’intervista con alcune sorprese. In estate non faccio mai lo spettacolo “Solo” perché è davvero improponibile la gestione di laser, luci, fumi e tutto il resto. Solitamente facevo degli incontri con il pubblico e, quelli dell’anno scorso, hanno avuto tanto successo così che ci hanno chiesto di riproporli. È una serata in cui Arturo racconta un po’ il dietro le quinte, la sua storia, una serata piena di aneddoti divertenti e delle sorprese in cui farò comunque alcuni numeri. Ci saranno tante sorprese tra cui un numero nuovo dedicato a Fabrizio De Andrè con una tecnica nuova. È unoa serata di intrattenimento, anche se non ci sono trasformazioni ma ci divertiremo.
La sua arte affonda le radici nel passato ma è riuscita nel corso degli anni a divenire sempre più moderna, inserendo la tecnologia e rinnovandosi sempre.
Nei miei spettacoli – parliamo di “Solo” ovviamente – l’importante è trasportare gli spettatori in una specie di sogno e quindi, le frecce del mio arco possono essere molte, non solo la trasformazione. Nello spettacolo “Solo” ci sono la magia, i laser, il videomapping, la pittura sulla sabbia. In questo periodo di Covid ho ideato un numero nuovo, dedicato a De Andrè, con una pittura veloce e una sorpresa emotiva finale perché sono sempre alla ricerca di cose nuove. È la mia indole, sono cresciuto in una Torino degli anni 60 grigia, triste e piena di smog. Io vivevo in bianco e nero e sognavo a colori, questo continuo a farlo. Nel periodo di Covid, questa prigionia non solo fisica ma anche mentale mi ha spinto, come al solito, a sognare altri mondi e altre cose. Credo che un po’ di ritiro spirituale farebbe bene a tutti ogni tanto.
[ads_dx]Trovarsi sul palco a raccontare il suo percorso è anche una sorta di percorso introspettivo che le fa rivivere e ripercorrere le tappe della sua carriera artistica?
In queste serate rispondiamo a molte domande che ci arrivano. Questo tipo di incontro fa anche parte di un sentimento diffuso, la gente vuol sapere come succedono le cose. Prendiamo la nuova Disney Channel, che trasmette documentari su come spiegano come costruiscono le giostre di animatronics, come si disegnano i cartoni animati, come si disegnano e costruiscono gli oggetti di scena dei film Disney. Tutto ciò che per 50 anni non abbiamo visto. E hanno dato voce anche a questi personaggi sconosciuti che hanno creato la magia Disney, chi scrive le canzoni, chi crea personaggi. Hanno parlato del dietro le quinte. Il nostro appuntamento va in quel senso lì, è un po’ spiegare come si arriva a diventare il più grande trasformista del mondo e come si fa a mantenere questo status rinnovandosi sempre. La trasformazione non è solo quella che faccio io in scena ma quella che facciamo tutti, in particolare in questo periodo. La pandemia ha obbligato molti ad accelerare questo processo di trasformazione, ci sembra un po’ tutto troppo veloce, che ci manchi la terra sotto i piedi, ma tra un anno o due ringrazieremo questa spinta che ci ha dato il toccare il fondo della piscina e risalire.
Cosa sarà secondo lei il mondo dello spettacolo nei prossimi mesi?
È difficile da pronosticare. Da un lato vediamo l’apertura del teatro alla Scala a piena capacità a fine novembre e dall’altro sento amici che lavorano a Londra o Broadway che mi dicono che fino a luglio prossimo non si ricomincia. C’è questo divario che dipende dall’evolversi delle cose. Fino a quando non ci saranno delle certezze il mondo dello spettacolo resta in bilico. Ma di certo il desiderio di ritrovarsi per condividere una storia non è cambiato. È da 200mila anni che l’uomo sta davanti a un falò ad ascoltare una storia che può essere quella della Bibbia, una storia della tribù o le storie raccontate dai nostri nonni davanti al caminetto. Il meccanismo del palcoscenico è uguale, c’è uno che parla e gli altri che ascoltano ma si condividono delle emozioni insieme. Non è una cosa che ti arriva su YouTube o Facebook ma è una cosa condivisa con chi è vicino a te. Questo non scomparirà perché il bisogno di vivere delle cose insieme è nel nostro dna e lo si vede nel desiderio che tutti hanno avuto di poter tornare a stare insieme. Io sono ottimista, certo non è finito tutto, ci vorrà ancora un po’ ma non scompariremo.