Claudia Gerini sarà la protagonista, questa sera, nel cortile di palazzo d’Avalos, di “Qualche estate fa” spettacolo inserito nella rassegna Musiche in Cortile in cui ripercorre insieme al Solis String Quartet la carriera artistica di Franco Califano. L’attrice romana è stata tra le protagoniste del Filming Italy Sardegna Festival, appuntamento in cui ha presieduto la giuria della sezione cortometraggi ed ha anche ricevuto un premio per il suo impegno a sostegno delle donne nel mondo del cinema.
Com’è stato tornare a vivere un evento come quello in Sardegna e ora prepararsi a salire di nuovo sul palco?
Il festival è stato un segnale di ripresa e di ripartenza, era un appuntamento internazionale, c’erano ospiti importanti. È stato molto bello perché in quel caso era un Covid-free festival, tutti hanno fatto il test sierologico, ed era molto strano finalmente potersi ridare la mano. Il palco di Vasto sarà ancora più emozionante perché abbiamo salvato questa data tra le tante saltate.
In Qualche estate fa come presenta al pubblico Franco Califano?
È un racconto molto intimo, quasi sognante. Attraverso i brani del maestro Califano andiamo ad immaginare alcune donne che di volta in volta rappresento. Lo spettacolo è molto lineare, sul palco ci siamo solo io e il quartetto d’archi, è tutto come sospeso. Questa idea rimane perché ripercorriamo in punta di piedi alcuni brani del maestro immaginando ogni volta una donna diversa che li introduce. Sono la ragazzina che si era innamorata di lui a 16 anni allo stabilimento balneare o la mamma che vede il suo ragazzo cresciuto così in fretta, un’altra volta la prostituta innamorata di lui che lo aspetta. Ogni brano è introdotto da un breve monologo, da poesie, racconti. Raccontiamo il Franco poeta, che parla dell’amore, della libertà, i suoi temi principali. E poi questa romanità vissuta in modo molto intimo e familiare.
È già tornata sul set, che clima si vive?
Sul set c’è un’aria sicuramente un po’ meno respirabile, visto che siamo tutti con le mascherine. Battute a parte c’è molto entusiasmo di essere ripartiti, c’è molto entusiasmo di tornare a raccontare storie. Noi siamo sempre gli stessi, la modalità è un po’ più macchinosa per tutti ma piano piano ci si abitua.
Nella serie Illuminate, che andrà in onda a settembre su Rai 3, racconterà Alda Merini. Com’è confrontarsi con una figura così straordinaria?
Ho avuto la fortuna di immergermi in questo mondo così ricco e sontuoso, è un mondo immenso, bellissimo, straordinario. Più che raccontarla – non mi arrogo la presunzione di raccontarla -, parliamo di lei attraverso alcune interviste. È stato davvero un privilegio per me essere stata scelta. Forse anche proprio da lei, perchè sono sicura che se qualcosa non le fosse piaciuto sarebbe stato abbastanza difficile andare avanti. Inoltre il regista Marco Spagnoli è un autore molto profondo, è stato bello lavorarci perché mi ha lasciata libera di creare anche nel raccontare le poesie, nel recitarle. Davvero è stato tutto bellissimo.
Al festival ha ricevuto il Filming Italy Woman Power Award, un riconoscimento ad una donna che si impegna per la parità dei diritti nel mondo del cinema. C’è ancora molta strada da fare per una reale parità tra uomini e donne?
Più che nel cinema un po’ ovunque. In tutti i campi, purtroppo, ancora oggi abbiamo una disparità, una difficoltà. Dico sempre che le donne hanno una marcia in più ma delle chances in meno. Quindi bisogna sempre sostenere il lavoro delle produttrici, delle registe. A tutt’oggi nei film che vengono prodotti, sono basse le percentuali di donne registe, sceneggiatrici e così via. Però è bello che le donne sostengano altre donne e che ci sia sempre tanta attenzione. C’è ancora tanto da fare, in tutti i campi, dagli ospedali alle università sappiamo che le donne hanno difficoltà di avere le stesse opportunità. Penso che si sta facendo tanto ma tanta strada c’è da fare, puntiamo sulle nuove generazioni. Noi, intanto, dobbiamo seminare bene.