Ricercatore per lavoro, musicista per passione. Giulio Rossi, 31enne vastese, è fisico ricercatore nel dipartimento di radioterapia della Clinica Universitaria di Friburgo in Germania
Quando è nata la tua passione per la musica?
Penso che la passione vera e propria per la musica sia nata quando da San Buono mi sono trasferito a Vasto e ho cominciato il Liceo Scientifico. Lì ho conosciuto nuovi amici che erano appassionati di musica, alcuni dei quali suonavano anche uno strumento. Ne rimasi molto affascinato e mi sono buttato a capofitto nel loro mondo, e piano piano mi sono creato una cultura musicale. Sono però anche convinto che l‘amore per la musica me lo porto da quando sono nato, ma è rimasto stranamente sopito, per poi spuntare fuori improvvisamente.
Come l’hai coltivata?
Intorno ai 14 anni ho iniziato a prendere lezioni di chitarra elettrica da Nicola Cedro per un paio d’anni e da allora sono autodidatta. Un momento di svolta però è stato nel 2007, quando il chitarrista Simone Gianlorenzi ha tenuto un ciclo di lezioni ai Salesiani di Vasto. Posso dire che lui mi ha dato gli spunti per suonare esattamente come desideravo. Come autodidatta mi aiuta molto suonare sulla musica che ascolto. Cerco di aggiungere nuove parti di chitarra a canzoni già esistenti. Questo mi fa migliorare molto come chitarrista, perché è come se mi esercitassi a suonare con altri musicisti. Per il resto non ho molta esperienza musicale. Alle superiori avevo formato un gruppo con i miei amici del Liceo e anche con loro abbiamo composto canzoni e qualche volta abbiamo suonato dal vivo. Era un bellissimo modo di divertirsi dopo la scuola. Anche durante l’università abbiamo continuato a suonare sporadicamente in qualche locale o manifestazione. Sempre nel periodo universitario ho avuto modo di fare amicizia con musicisti di altissimo livello e ho suonato con loro in maniera informale per divertimento. Questo mi ha spinto a migliorare molto e a superare i miei limiti, a migliorare con lo strumento e nella composizione. Durante l’università credo di aver composto svariate decine di canzoni.
[ads_dx]Dal suonare la chitarra come sei passato a scrivere canzoni?
Praticamente subito! La mia prima canzone l’ho scritta quando avevo 14 o 15 anni, credo nemmeno un anno dopo che avevo preso in mano la chitarra. A me piace molto creare: riuscire a riprodurre un brano già composto da altri non mi dà la stessa gioia che scrivere una canzone. Forse è qualcosa dovuta alla mia passione per i Beatles che erano soprattutto dei compositori straordinari. Mi ricordo che mentre scrivevo una delle mie prime canzoni mi ripetevo: Adesso che farebbe Paul McCartney!? Piano piano mi accorgevo che le melodie venivano fuori. Certe canzoni, soprattuto all’inizio, non erano -diciamo così- da incorniciare, ma col tempo si migliora e piano piano si imparano dei trucchetti. Non sono molto interessato a raggiungere un’elevata capacità tecnica, piuttosto mi piacerebbe creare uno stile particolare e personale a partire dalla musica a cui mi ispiro, sia nel comporre che nel suonare e cantare.
A quali cantanti e musicisti ti ispiri?
Come detto prima, sicuramente i Beatles, poi il blues e i grandi chitarristi e compositori come Eric Clapton e Mark Knopfler. Inoltre mi ispiro anche alle canzoni folk tradizionali scozzesi e irlandesi. Passando a cantautori più moderni, ti posso citare John Mayer, Charlie Puth ed Ed Sheeran. Questi ultimi due non sono tra i miei preferiti in assoluto, ma hanno un modo di comporre in cui in un certo senso mi rispecchio: usano strutture apparentemente semplici ma efficaci, da cui tirano fuori melodie molto belle e interessanti.
Come convivono in te l’anima scientifica data dal tuo lavoro con quella artistica?
La mia ricerca si focalizza sullo studio e lo sviluppo di nuovi metodi di misura della dose di radiazioni erogata dalle sorgenti impiegate per i trattamenti di radioterapia. La mia attività si divide in una parte sperimentale, dove misuro le radiazioni utilizzando diversi rilevatori, e una parte virtuale, in cui effettuo simulazioni al computer facendo calcoli accurati al fine di comprendere meglio come si comportano le radiazioni in determinate circostanze. Lo scopo finale è quello di migliorare sempre più l’accuratezza dei trattamenti in radioterapia, affinché i pazienti abbiano il massimo beneficio e minimi effetti collaterali. Per me fare ricerca e scrivere canzoni sono processi molto simili: devo sforzarmi di usare la creatività per dare vita a qualcosa di nuovo ed efficace.
L’ultima canzone ha un tema particolare. Cosa ti ha spinto a raccontare in musica questa storia?
L’ultima canzone l’ho scritta qualche giorno dopo che l’Italia aveva annunciato il lockdown, mentre ero in Germania. Ovviamente anche la Germania aveva messo in atto provvedimenti simili e io mi sono sentito in un certo senso bloccato in un Paese che non è il mio. Ovviamente ero molto preoccupato per i miei genitori a Vasto e per il mio matrimonio imminente, che poi fortunatamente si è potuto celebrare lo stesso. Nella canzone parlo di questo sentirsi bloccati, della preoccupazione per i miei genitori e per il matrimonio, ma lo faccio accettando la situazione e mettendoci anche un po’ di ironia. In cuor mio ho avuto sempre la certezza che sarei riuscito a tornare per celebrare il matrimonio nella data stabilita. Un altro tema della canzone è l’amore e la nostalgia che ho per l’Abruzzo e i suoi paesaggi: c’è un verso in cui dico che non vedo l’ora di vedere la luce del sole che splende sulle nostre campagne e dico che quel tipo di luce così bella la si può trovare solo nella nostra regione.
Hai realizzato anche dei video, come scegli la parte visiva per le tue canzoni?
Qui mi ricollego a quanto detto prima sull’Abruzzo. A me piace molto fare escursioni immerso nella natura, soprattuto tra le montagne abruzzesi, ma sono anche molto affascinato da posti come la Scozia e l’Irlanda. Provo un’ emozione simile quando ascolto una bella canzone e quando contemplo un bel paesaggio. Quindi nei miei video cerco di conciliare l’amore per la musica e quello per i paesaggi. Il mio obiettivo è creare qualcosa di bello, di lasciare un ricordo piacevole nello spettatore, sia dal punto di vista musicale che da quello visivo. Nell’ultimo video ho messo una parte girata vicino a casa mia in Germania, nei pressi della stazione merci, che rappresenta il luogo in cui ero rimasto bloccato. Poi c’è una parta tratta da una mia escursione sul Monte Camicia nel massiccio del Gran Sasso, che simboleggia il luogo in cui volevo andare, e infine una parte in automobile tratta da un mio viaggio in Scozia, che racconta il fatto che prima della crisi ci si poteva muovere liberamente verso una qualsiasi meta prescelta. Devo dire che tante persone, oltre a farmi i complimenti per la canzone, mi hanno chiesto dove fosse quella montagna altissima che compare nel video (appunto il Monte Camicia), dicendomi che avevo trasmesso loro allegria e voglia di salire su per le montagne. Altri mi hanno detto di aver provato nostalgia dei loro viaggi in Irlanda o in Scozia, sia attraverso alcuni passaggi country e folk nella melodia che attraverso il video. Poi, visto che le mie canzoni sono tutte molto personali, le parti riguardanti i paesaggi sono appunto estratte da mie escursioni o viaggi ed è una scelta che mi piace perché dà un tocco spontaneo e genuino al video.
Come proseguirà questo tuo percorso?
La canzone All Alone By The Freight Station la si può considerare come il primo singolo estratto dal mio primo album (a breve comunicherò il nome). Siamo solo all’inizio. Spero che l’album uscirà entro la fine dell’anno. Sarebbe bello suonare le canzoni dell’album dal vivo. Per ora non è in programma, ma magari in futuro si farà!