“Secondo me, ormai il problema è irrisolvibile“. Stefano Taglioli è un ambientalista di lungo corso. Oltre ad aver gestito la Riserva naturale di Punta Aderci, ha rappresentato il Wwf nell’Ambito territoriale di caccia del Vastese, quindi si è occupato del problema cinghiali.
Il suo approccio è concreto: “Su tutto il territorio italiano – spiega Taglioli, referente del Gruppo Fratino – si stima ci siano tra i 600mila e i 2 milioni di cinghiali. Agli inizi del Novecento erano ridotti al lumicino i cinghiali autoctoni maremmani, che si sono estinti. Il ripopolamento venatorio degli anni Ottanta ha creato degli ibridi tramite gli incroci tra autoctoni ed esemplari importati dall’Est. La conseguenza è stata un aumento della prolificità e anche delle dimensioni dei cinghiali. Poi si è aggiunto il degrado ambientale, da cui è derivata una diminuzione del numero di predatori naturali, in particolare lupi e volpi. Con il professor Andrea Mazzatenta (docente di fisiologia all’Università d’Annunzio di Chieti, n.d.r.), che ha compiuto studi nella Riserva naturale di Punta Aderci, abbiamo visto intere cucciolate depredate da lupi e volpi, la cui presenza nell’area protetta è però molto scarsa.
Contesto – dice Taglioli – l’affermazione secondo cui il problema siano le aree protette, perché i cinghiali fuori dalle riserve sono molti di più. La cattura comporta l’utilizzo di gabbie molto costose e non ha dato risultati rilevanti. La caccia di selezione è controproducente, perché fa aumentare il numero dei cinghiali: se l’abbattimento non è mirato per classe, sesso ed età, si ottiene l’effetto opposto. Ad esempio, se si uccide una femmina alfa, in tutte le femmine del branco insorgerà l’estro che le porterà ad accoppiarsi e a dar vita a numerosi cuccioli. Inoltre, al termine di una caccia di selezione molto diffusa, i cinghiali rimasti risponderanno aumentando la prolificità. La sterilizzazione chimica si attua attraverso capsule sparse sul territorio, ma può dare risultati sul lungo periodo, non in breve tempo. È giusto che il problema vada affrontato per tutelare gli agricoltori dai danni che subiscono, ma la politica – afferma Taglioli – a loro fa promesse che non si possono mantenere”.