Non c’è emergenza. Le tartarughe morte trovate negli ultimi tre giorni sulle spiagge di Vasto non rappresentano un campanello d’allarme [LEGGI]. Lo assicurano gli esperti del Centro studi cetacei di Pescara.
Il monitoraggio è costante: 22 le testuggini spiaggiate dall’inizio dell’anno sulla costa abruzzese. Tra queste, 4 a Vasto (in località Trave, vicino al pontile di Vasto Marina, a sud di Fosso Marino e sulla spiaggia di Mottagrossa) e altrettante a Torino di Sangro. Centoquattro nel 2019 sui 130 chilometri del litorale da Martinsicuro a San Salvo.
Quattro carcasse, una molto rimaneggiata, rinvenute negli ultimi tre giorni tra Vasto Marina e a Casarza: “Le tartarughe nella zona del Vastese sono tre, in più c’è il ritrovamento della testa di una quarta tartaruga, sulla quale penso stiano indagando per capire se si sia trattato di uno smembramento provocato da un’elica, oppure se ci sia un fatto doloso. Ma non bisogna lasciarsi andare a conclusioni affrettare”, dice Vincenzo Olivieri, presidente del Centro studi cetacei. “Il numero di spiaggiamenti è nella media. Le tartarughe marine sono abbondanti nel mare Adriatico per due fattori: acque basse e ricchezza di nutrimento. Provegono da tutto il Mediterraneo e soggiornano nell’Adriatico, uno dei mari più sfruttati dal punto di vista della pesca, visto che alla marineria italiana si sommano le flotte dei Paesi dell’ex Jugoslavia e la presenza natanti di ogni tipo, di qui anche il pericolo di collissioni: sono migliaia le tartarughe che muoiono ogni anno per cause antropiche”.
La morte delle Caretta-Caretta non è, come si potrebbe pensare, dovuta principalmente alla plastica: “In Adriatico – spiega Olivieri – la principale causa è la pesca accidentale. Le marinerie sono talmente grandi, che le catture accidentali sono frequentissime, anche se riscontriamo molta collaborazione da parte dei pescatori, che avvisano le Capitanerie di porto e poi noi, che salviamo tantissime tartarughe ferite. La plastica è un problema importantissimo, un inquinamento che ci è sfuggito di mano; stiamo cercando di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Diversi progetti stanno consentendo di recuperarne tanta con la collaborazione dei pescatori, ma il problema è che la plastica subisce una frammentazione prima in microplastica e poi in nanoplastica, che entra nella catena alimentare e nei canali linfatici da cui arrivano nei tessuti tutti gli additivi. Questo comporta una carsa capacità di riproduzione”.
Al monitoraggio dello spiaggiamento di testuggini e cetacei seguono gli studi: “Tutti gli spiaggiamenti vengono affrontati. Preleviamo il patrimonio biologico degli esemplari con la finalità di rendere lo spiaggiamento dei cetacei e delle tartarughe una fonte inesauribile di dati. Sono animali che rappresentano degli indicatori biologici eccezionali per lo stato di salute nostro mare. Se riusciamo a fare queste cose, è perché siamo riusciti a ottenere una sinergia tra enti e associazioni: Centro studi cetacei, Servizio veterinario delle Asl, Guardia costiera e Istituto zooprofilattico di Teramo“.
“La rete di monitoraggio in Abruzzo molto efficiente”, dice l’ambientalista storico Stefano Taglioli, coordinatore del Gruppo Fratino di Vasto e componente del Centro studi cetacei. “In altre regioni gli spiaggiamenti vengono segnalati meno che da noi. In Abruzzo sono regolarmente mappati, perciò sembrano numericamente maggiori. Che poi ci sia una situazione preoccupante per la morte tartarughe è fuori di dubbio e le cause sono tante: ingestione di buste, ami, soffocamento, ostruzione dell’apparato intestinale, urti con le imbrarcazioni e reti da pesca. La causa che ci preoccupa di più è l’ingestione di materiale inquinante, soprattutto plastica”.