Arriva da Treviso ma ha tinte abruzzesi, la storia, pubblicata sulle pagine de ‘Il Messaggero’, di Ugo Grossi e Carla Felice, marito e moglie di 37 anni, entrambi medici in servizio al Ca’ Foncello, lui in Quarta chirurgia e lei nel settore della Medicina d’urgenza del pronto soccorso. Carla, abruzzese originaria di Vasto, e suo marito sono stati colpiti dal coronavirus a fine marzo, a 4 giorni di distanza l’uno dall’altro e hanno affrontato la malattia insieme. Dopo il periodo di isolamento assoluto e la guarigione confermata dai tamponi, sono tornati al lavoro nell’ospedale trevigiano e, con il direttore della quarta chirurgia di Treviso, Giacomo Zanus, hanno pubblicato uno studio sulla rivista scientifica internazionale Infection control & Hospital epidemiology. “Ci siamo interessati in modo specifico al coronavirus dopo aver vissuto gli effetti del contagio sulla nostra pelle”, dichiara Grossi in un’intervista al quotidiano. I due medici hanno analizzato la diversa risposta alla pandemia data in Veneto e in Lombardia. La chiave di volta è stata la decisione di effettuare test a tappeto.
Lo studio, condiviso anche dall’università di Cambridge, codifica il Modello Veneto nella lotta contro il Covid-19. “Tutto è partito da un’evidenza errata giunta dalla Cina. Si diceva che solo l’1% dei contagiati da Covid-19 risultava asintomatico. Invece il problema era sostanzialmente il contrario: sono molte le persone senza sintomi che possono diffondere il coronavirus – come spiega Grossi, chirurgo originario di Cosenza – questo ha influenzato negativamente molti Stati e anche molti singoli territori. L’evidenza è stata poi smentita: solo a Wuhan la quota delle persone contagiate superava dell’80% quelle che erano state realmente dichiarate. Non diamo colpe. Diciamo che il punto di partenza è stato questo”.
Quando la pandemia è esplosa in Italia, Veneto e Lombardia, partendo dall’identico punto, si sono comportate in modo diverso. In particolare, il punto di forza del Veneto, e di conseguenza anche della provincia di Treviso, è stato l’aver attuato da subito una grande operazione di screening tra i cittadini. Individuando prima anche parte degli asintomatici portatori del virus, è stato possibile avviare un programma di isolamento a casa, contenendo il contagio senza caricare oltre modo gli ospedali. “È stato isolato a casa l’85% dei casi asintomatici o con sintomi lievi – sottolinea Grossi – ciò ha contribuito a rendere meno pesante il carico sul sistema sanitario e ad avere un minore impatto per quanto riguarda il tasso di mortalità, che in Veneto è quasi tre volte più basso di quello registrato in Lombardia”.
Dopo essere stato colpito dal coronavirus, lo stesso Grossi aveva già messo a punto un questionario dedicato al personale sanitario per iniziare a raccogliere quanti più dati possibili. Questionario che verrà pubblicato sul Journal of Community Health e tra un paio di settimane sarà online. La ricerca continua ad ampliarsi.