Il rilancio dell’economia abruzzese nella Fase 2 dell’emergenza coronavirus passa necessariamente per il porto di Vasto.
A sostenerlo è Pietro Marino, presidente di Oasi, associazione costituita lo scorso anno da un gruppo di imprenditori della zona industriale di Punta Penna, e amministratore delegato dell’Agenzia marittima vastese, che si occupa della logistica nell’area portuale.
Secondo Marino, il porto di Vasto può diventare il punto di riferimento di tre zone industriali: il Vastese, con 244 aziende e 10mila lavoratori, la Val di Sangro, con 195 imprese e 11mila occupati, e anche il Basso Molise, che conta 70 aziende e 6mila addetti. “Lo scalo portuale di Punta Penna – ricorda – ha, all’imboccatura, fondali profondi tra i 10 e i 15 metri, mentre al suo interno il pescaggio è pari a 6 metri e 80. Il Piano regolatore portuale”, che è il progetto di raddoppio del porto attraverso la costruzione di un secondo bacino in continuità con quello esistente, “prevede un collegamento ferroviario, un pescaggio tra 10 metri e mezzo e 12 metri, banchine per circa 2mila 200 metri lineari e spazi a terra da destinare a stoccaggi e depositi”. Al momento, i fondi disponibili, stanziati a febbraio dalla Regione Abruzzo, ammontano a 12 milioni di euro. Per realizzare il Prp, progettato nel 2007, la spesa prevista è più di dieci volte tanto: 145 milioni.
Per l’mprenditore, bisogna accelerare sull’ampliamento per rilanciare l’economia del Vastese: “Il porto di Vasto può essere una struttura molto interessante a disposizione della Sevel, che potrebbe scegliere di dirottare su Vasto il traffico che insiste sul porto di Salerno, con un risparmio valutato dall’Arap (Agenzia regionale per le attività produttive, n.d.r.) in 8 milioni di euro l’anno in costi logistici, oltre all’abbattimento dei costi ambientali”.