“Noi apparteniamo a tutta quella fascia di attività che potranno riaprire solo il 1° giugno. Ci sentiamo abbandonati”. Katia Bastonno, parrucchiera nel centro storico di Vasto, lancia un grido d’allarme che è comune a tutta la categoria.
“Per noi sarà difficile e dispendioso fare le sanificazioni dei nostri locali. Altri Comuni, ad esempio in Sardegna e in Calabria, hanno messo a disposizione dei fondi per la messa a norma degli ambienti, almeno a beneficio delle categorie commerciali più a rischio chiusura, come centri estetici, acconciatori, bar e ristoranti. Anche perché una parrucchiera che fattura 25-30mila euro l’anno cosa può ottenere da una banca? E come fanno queste attività a sostenere il costo di affitti elevati? Io, dal punto di vista personale, sono stata fortunata sotto questo aspetto, perché il proprietario del locale ha capito perfettamente le difficoltà e non si fatto neanche sentire per la riscossione del canone, ma per gli altri? Il rischio è che l’80% di queste attività fortemente a rischio non possa riaprire. Si tratta spesso di locali che non hanno la doppia entrata, molti sono ai limiti dell’estensione minima di 40 metri quadri al di sotto dei quali, con le nuove norme sanitarie, probabilmente non sarà possibile svolgere l’attività. Anche chi potrà ricominciare, potrà farlo a marcia ridotta, quindi sarà difficile poter pagare il personale e, di conseguenza, mantenere lo stesso numero di lavoratori. Tante persone rischiano di restare disoccupate. Quando chiedo l’aiuto delle istituzioni, non faccio un discorso politico. Mi rivolgo all’amministrazione comunale, ma anche all’opposizione, da cui non ho sentito interrogazioni sulla condizione che sono costretti a vivere quei piccoli artigiani che rimarranno chiusi più a lungo. Ci aiutino almeno evitandoci di pagare le tasse locali per le nostre attività che sono ferme e non producono alcun reddito. E mi rivolgo anche a Regione e Provincia, dove ci sono padri e madri di famiglia da cui non ho ancora sentito una parola rivolta a noi”.