Un 25 aprile dal sapore particolare quello celebrato oggi nel territorio. In virtù delle limitazioni imposte per contenere il coronavirus, i vari amministratori hanno dato vita a cerimonie ristrette rispettando le misure di sicurezza previste.
Di seguito gli interventi e le riflessioni dei sindaci del Vastese.
FRANCESCO MENNA, VASTO
Carissimi giovani,
non sono le cerimonie, gli ornamenti, a significare il valore di un evento, perché celebrarlo pienamente significa viverlo anzitutto nel proprio intimo, nel sentimento del proprio cuore, che è per sua natura libero e capace di superare ogni momentanea infermità. Questa bellissima espressione mi appare la più adatta a significare una Festa della Liberazione inedita, celebrata in modalità che mai avremmo desiderato, ma necessarie in ragione dell’emergenza che stiamo vivendo.
In questo giorno, infatti, la Festa non può essere il sentimento condiviso: come possiamo non pensare ai numerosi nostri connazionali morti per l’epidemia? Tante storie spezzate, affetti strappati, spesso nella solitudine. Come non pensare ai loro familiari ed alle comunità di cui erano parte? E ancora, come non pensare ai tanti “eroi” che sono in prima linea, da settimane, da mesi, nelle strutture sanitarie, nelle case di cura, nelle residenze per anziani, nel presidiare la sicurezza e nell’assicurare i rifornimenti alimentari?
Nelle deposizioni solitarie che ho appena svolto, tanti pensieri mi hanno attraversato. Uno su tutti: “libertà” è, ancor più oggi, la parola chiave, il filo che rannoda questi 75 anni della nostra storia recente, congiungendo significativamente l’Italia del ’45, che ritrovava la libertà stroncata dall’oppressione nazi-fascista, e l’Italia del 2020 che combatte per liberarsi da un male invisibile, capace di piegare ogni dimensione del nostro vivere quotidiano.
Ieri come oggi avvertiamo il peso di una realtà che atterrisce, ma al contempo assumiamo la consapevolezza di essere tutti parte di un’unica comunità che, forte del rispetto per il prossimo, per la libertà inviolabile di ciascuno, si sottopone a grandi limitazioni, personali e collettive.
Gli italiani di allora sapevano perfettamente che da quel buio si sarebbe usciti insieme e, per questo, non si forza la storia nel dire che il significato più alto e più attuale della festa della Liberazione è la chiamata alla partecipazione. Si trattava, per la prima volta dai moti d’indipendenza, di un’assunzione di responsabilità comune, di una chiamata collettiva a caricarsi il destino di questo Paese, di impegnarsi tutti a liberarlo dalle macerie morali di un ventennio di dittatura fascista e dalle innumerevoli macerie materiali dovute ad una guerra tragicamente persa.
Abbracciammo, allora, altri valori: quelli di una società pluralista, dei diritti individuali e collettivi, della cittadinanza attiva. Quelli del ripudio della guerra e della ricerca della pace tra i popoli. Quelli della liberazione delle donne e dell’uguaglianza di genere.
Sono i nostri valori, i valori della Repubblica Italiana. E reputo doveroso sottolineare come gli stessi Padri Costituenti, a fondamento dell’intera Carta seppero, con incredibile forza, trasformare l’eredità del 25 aprile nello scopo stesso dell’Italia che rinasceva. L’articolo 3, infatti, recita: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
[ant_dx]La Resistenza, con la sua complessità, è una feconda e vitale fonte da cui attingere valori morali e civili. Nessuna popolazione in Italia si prodigò come quella abruzzese nell’aiutare non solo i partigiani locali ma i tanti sconosciuti soldati italiani e le migliaia di militari alleati fuggiti dagli affollati campi di prigionia tedeschi. Fu una vera e propria Resistenza umanitaria, coraggiosa e corale, che farebbe meritare una Medaglia d’Oro anche al popolo abruzzese.
La grande intellettuale Alba De Céspedes, partigiana e scrittrice, ci ha consegnato una limpida descrizione del popolo abruzzese di quel periodo così tormentato: leggendola, confido che giunga a ciascuno di Voi un sentimento di orgoglio per quanto fatto, con umanità e generosità, da chi ci ha preceduto: «Entravamo nelle vostre case timidamente: un fuggiasco, un partigiano, è un oggetto ingombrante, un carico di rischi e di compromissioni. Ma voi neppure accennavate a timore o prudenza: subito le vostre donne asciugavano i nostri panni al fuoco, ci avvolgevano nelle loro coperte, rammendavano le nostre calze logore, gettavano un’altra manata di polenta nel paiolo.
[…] Non c’era bisogno di passaporto per entrare in casa vostra. C’erano inglesi, romeni, sloveni, polacchi, voi non intendevate il loro linguaggio ma ciò non era necessario; che avessero bisogno di aiuto lo capivate lo stesso. Che cosa non vi dobbiamo, cara gente d’Abruzzo? Ci cedevate i vostri letti migliori, le vesti, gratis, se non avevamo denaro».
Queste parole sono splendide. Vennero poi le gesta della Brigata Majella, pietra miliare di quell’esperienza di rinascita, partita dall’Abruzzo e finita nel lontano Veneto. Gesta che ci provengono dalla testimonianza diretta di Antonio Rullo, che combatté con questa leggendaria Brigata, accanto a Ettore e Domenico Troilo, personalità straordinarie di cui va mantenuto sempre vivo il ricordo.
Cari Concittadini, in apertura del mio intervento, parlavo di quel filo rosso, la “libertà”, che unisce efficacemente il 25 aprile 1945 e il 25 aprile 2020: il popolo italiano ha riscoperto cosa significhi il sacrificio personale per il bene di tutti, a mettere generosamente la propria libertà a servizio della libertà del prossimo. Si è riscoperto un popolo “resistente”; e, per questo, desidero salutarvi con le parole di uomo di cultura che ha segnato in modo personalissimo il panorama culturale e sociale a cavallo tra novecento e duemila: Luis Sepulveda. Sono parole che desidero affidare a ciascuno di Voi: “Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo ‘resistere’ carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi anche nei momenti peggiori.
Resistiamo! Restiamo in piedi! Ritroviamoci migliori!
Viva la Resistenza!
Viva la Repubblica!
Viva l’Italia!
Buon 25 Aprile!
TIZIANA MAGNACCA, SAN SALVO
Fare memoria della Resistenza, della lotta di Liberazione, di quelle pagine decisive della nostra storia, dei coraggiosi che vi ebbero parte, resistendo all’oppressione, rischiando per la libertà di tutti, significa ribadire i valori di libertà, giustizia e coesione sociale, che ne furono alla base, sentendoci uniti intorno al Tricolore”. E ancora: “Insieme possiamo farcelo e lo stiamo dimostrando”. Sono alcuni passaggi del messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel settantacinquesimo anniversario della festa della Liberazione.
Sono parole che faccio diventare mie da consegnare, a mia volta, ai miei concittadini.
L’amministrazione comunale di San Salvo non è voluta mancare all’appuntamento con la storia con una cerimonia commemorativa con la deposizione di una corona al Monumento ai Caduti. Era presente, in rappresentanza di tutto il Consiglio comunale, il presidente Eugenio Spadano per celebrare “l’anniversario della Liberazione, data fondatrice della nostra esperienza democratica di cui la Repubblica è presidio con la sua Costituzione”.
Ora più che mai, prendendo esempio dagli uomini e dalle donne che seppero ricostruire l’Italia nel dopoguerra, anche noi, con volontà, idealità, senso del Bene Comune, tenacia e sacrificio, ricostruiamo il Paese duramente colpito nella sua struttura sociale, economica e di libertà dalla pandemia.
Nel salutare tutta la mia comunità, tenace come tutti gli abruzzesi, un pensiero affettuoso rivolgo a Gilberto Malvestuto – ultimo ufficiale sopravvissuto della Brigata Maiella che lo scorso 17 aprile ha compiuto 99 anni – che ci ha ricordato chi sono coloro che sono in “trincea” in questo tempo sospeso e difficile come quello che stiamo vivendo. E insieme a lui tutti gli operatori delle forze dell’ordine, delle associazioni di protezione civile, e delle altre associazioni di volontariato, come la Croce Rossa e la Caritas, che non hanno mai smesso un istante in questi giorni di combattere per noi e di proteggerci.
Buon 25 aprile nelle vostre case sventolando il Tricolore.
Viva San Salvo! Viva l’Italia! Viva la Repubblica!
CASALBORDINO
Il sindaco Filippo Marinucci ha giustamente ricordato il sacrificio di molti concittadini deponendo la corona ai caduti, sotto il campanile civico, insieme al comandante dei vigili urbani, Giuseppe Di Filippo e il maresciallo Rossano Molisani con la collaborazione della Protezione civile di Casalbordino.
“Come loro oggi facciamoci forza a vicenda recuperiamo i sentimenti di solidarietà e speranza e vinceremo anche noi questa strana guerra. I nostri padri, la nostra memoria, il nostro ricordo, il nostro grazie perenne, viva la pace, la libertà e buona salute a tutti” ha affermato il sindaco Filippo Marinucci.
ROCCO D’ADAMIO, DOGLIOLA
“Proprio in questi momenti così tragici per tutti noi, il segnale che tutti dobbiamo dare, partendo dai valori della liberazione, è quello della unità e concordia tra tutti, perché solo così si potrà ripartire per dare una speranza di futuro a questo mondo martoriato. Un saluto ed un un’augurio a tutti i Dogliolesi vicini e lontani di rincontrarci presto”.
AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI CUPELLO
Oggi festeggiamo 75 anni di Libertà e Democrazia. Quest’anno, che passerà alla storia come un periodo durante il quale tutta la popolazione ha dovuto imporsi sacrifici importanti per la propria tutela e per la tutela della salute pubblica, la ricorrenza della Festa della Liberazione assumerà un significato quanto mai attuale. La commemorazione istituzionale non verrà celebrata ma portiamo ugualmente il nostro pensiero al passato, a quegli uomini e quelle donne che hanno contribuito con il loro sacrificio a conquistare la libertà e la democrazia. Buon 25 aprile, buona festa della liberazione.