MARCO DI MICHELE MARISI, VASTO
La sera di Pasqua riempiva le strade del centro storico di Vasto. Il suono della musica libero nell’aria, il rumore delle voci che rimbalzava sulle pareti dei vicoli stretti, il colore caldo delle luci che faceva strada ai profumi della primavera.
Si incontravano gli universitari in vacanza nella città d’origine, quelli costretti per lavoro a stare lontani il resto dell’anno da Vasto, volti conosciuti e meno visti, che in quell’occasione facevano capolino tra lo struscio di Corso de Parma.
Nel buio degli angoli di Via Santa Maria gli adolescenti alle prese coi primi baci, sulla Loggia Amblingh gli innamorati che toccavano la luna col dito, sopra il golfo sorridente.
La sera di Pasqua è sempre stata per me una clessidra capovolta verso l’estate, la stagione nella quale Vasto vive di più.
Quest’anno c’è solo il silenzio ad avvolgere chiese e monumenti, strade e negozi. Apprezzeremo meglio, quando tutto sarà tornato alla normalità, quello al quale prima non facevamo più caso. Perché anche l’abitudine può essere un male.
Riassaporeremo le feste pasquali, il gusto di un abbraccio o di una stretta di mano. Forse anche chi non crede, spalancherà gli occhi di fronte al mistero della fede ed avrà piacere di entrare in un luogo sacro almeno nei giorni di festa, per fermarsi a contemplare la storia e la tradizione millenaria.