In prima linea nella lotta contro questo nemico invisibile, medici, infermieri e operatori sanitari ogni giorno assistono i pazienti per aiutarli a vincere una delle battaglie più difficili. Luigi Smerilli, infermiere vastese 28enne, da poco impiegato all’ospedale San Pio da Pietrelcina di Vasto, racconta a Zonalocale la sua esperienza nel reparto “multidisciplinare” pre-Covid del nosocomio.
Da quanto tempo lavori in ospedale?
“Lavoro al San Pio da meno di un mese, sono stato assunto tramite un’agenzia interinale. Da quando, 2 anni fa, mi sono laureato in infermieristica all’Università D’Annunzio, ho sempre lavorato nel campo sanitario. Inizialmente ho fatto assistenza domiciliare, poi ho lavorato per quasi un anno in una struttura riabilitativa”.
Avevi già un impiego. Cosa ti ha spinto a decidere di fare richiesta per lavorare in ospedale?
“Fortunatamente nella struttura in cui lavoravo non c’erano pazienti Covid e, considerata l’emergenza e il crescente numero di contagi, ho pensato di dare un contributo all’ospedale della mia città perché sono consapevole che dobbiamo essere uniti se vogliamo superare questo momento difficile”.
Com’è organizzato il reparto in cui lavori? Come avviene il ricovero dei pazienti?
“È un reparto pre-Covid, dove vengono ricoverati i pazienti sospetti Covid in attesa dei risultati del tampone. I pazienti arrivano da fuori, dopo l’accoglienza in triage dove vengono effettuati i primi controlli, ad esempio prelievi, elettrocardiogramma, raggi, tac, emogas. Noi effettuiamo ulteriori controlli, magari prelievi o esami specifici, se necessari. I pazienti restano in reparto fino alla risposta del tampone, che di solito richiede tra i 7 e i 10 giorni. Nel reparto attualmente prestano servizio un infermiere, un operatore socio sanitario, e un medico di riferimento”.
Riuscite ad interagire con i pazienti? Cosa vi chiedono?
“Purtroppo non molto, possiamo entrare nella stanza solo quando il paziente ha necessità o quando dobbiamo effettuare delle prestazioni infermieristiche. I pazienti non possono ricevere visite e comunicano con i familiari solo telefonicamente. Quello che chiedono più spesso è quando potranno tornare a casa, noi cerchiamo di rassicurarli e di fargli capire che siamo vicini anche se non possiamo farlo fisicamente”.
Siete dotati di dispositivi di protezione individuale? Vi sono stati fatti i tamponi?
“Sì, abbiamo tute, calzari, cuffie, visiera, occhialini, guanti, mascherine FFP2 e chirurgiche, camici monouso da indossare sopra le uniformi. A fine turno abbiamo la possibilità di fare la doccia e le divise vengono lavate dalla lavanderia dell’ospedale. Personalmente non ho ancora fatto il tampone, ma credo che succederà a breve”.
Com’è la situazione in ospedale e in che modo questo periodo così particolare influenza il vostro lavoro e le vostre sensazioni?
“L’atmosfera è piuttosto surreale. Gli ingressi sono limitati, quindi nei corridoi non si incontra quasi nessuno. Dobbiamo adottare precauzioni maggiori e per questo ci sono anche meno interazioni con i colleghi rispetto al solito. Penso che un po’ di paura la abbiamo tutti, anche se non lo diamo a vedere. Dobbiamo essere forti per noi stessi e soprattutto per i nostri pazienti. Molti degli infermieri pre-Covid hanno fatto espressamente richiesta di essere assegnati a questo reparto, diciamo che in parte sapevamo cosa ci stavamo apprestando ad affrontare. Personalmente sono tranquillo, mi attengo scrupolosamente alle linee guida fornite dall’OMS e dalla caposala che è il riferimento principale del reparto”.
Cosa è cambiato invece nella quotidianità, al di fuori dell’ambiente lavorativo?
“Convivo con la mia ragazza, anche lei è infermiera quindi spesso ci capita di confrontare le nostre esperienze e di condividere le nostre preoccupazioni. Nel tempo libero ci alleniamo, in casa naturalmente, leggiamo, guardiamo serie TV o film. Sicuramente mi manca non poter uscire per fare una passeggiata, vedere gli amici, o comunque fare tutte quelle piccole cose che facevo di solito, ma soprattutto mi manca non poter vedere la mia famiglia. Prima dell’emergenza andavamo a trovarli quasi tutti i giorni, adesso ci sentiamo al telefono e mia madre non smette mai di ricordarmi di ‘essere prudente’. Credo che questi giorni di festa saranno i più duri per tutti, ma rispettando le direttive e, soprattutto, rispettandoci un po’di più, penso che questo momento passerà presto”.