Sono giorni durissimi per New York dove, solo ieri, sono morte quasi 600 persone per il Coronavirus. La pandemia, così come accaduto in Italia e negli altri paesi europei, sta travolgendo gli Stati Uniti che si trovano ora a dover fronteggiare la situazione di emergenza. Andrea Bucciarelli, 28enne originario di Casalbordino, da una decina d’anni è negli States dove oggi lavora come executive chef nel ristorante Sant Ambroeus a West Village, Manhattan. “In una città come New York – ci dice mentre sta andando al lavoro – ti accorgi subito dello stato delle cose dal traffico. Qui, normalmente, è il caos. Io impiego 40 minuti per arrivare da casa al ristorante, ora arrivo in 7-8 minuti”. Oggi, nella Grande Mela, si “vive una situazione, difficile, uguale a quanto sta accadendo a voi in Italia e c’è molta preoccupazione”. Il ristorante italiano dove lavora si trova in una zona residenziale. “Da diversi giorni abbiamo sospeso il servizio in sala, facciamo solo take away e consegna a domicilio. Si sono ridotti drasticamente gli orari, prima eravamo aperti dalle 7.30 alle 23, oggi facciamo 12-21 – racconta lo chef casalese -. Anche per ritiri e consegne ci sono delle norme di sicurezza da rispettare”.
[ads_dx]In altre zone della città la situazione è però ben diversa. “Ho parlato con alcuni colleghi che lavorano a Midtown e lì sono chiusi. Manhattan è affolata principalmente per i lavoratori che vengono negli uffici e per i turisti. Mancando loro si svuota“. Anche per lui le uscite da casa sono ridotte al minimo. “Mi sposto solo per andare al lavoro, in auto, senza mai prendere i mezzi pubblici, e vado a fare la spesa. Mia moglie è in dolce attesa, da un mese è chiusa in casa per evitare ogni possibile situazione di contagio. Io prendo tutte le precauzioni necessarie”. Ma è tanta la preoccupazione tra i cittadini che condividono quanto già accaduto in altre parti del Mondo. “Secondo me qui sono molto in ritardo con le misure per arginare la diffusione. Quando in Italia è esplosa l’emergenza bisognava stare più attenti, gli americani potevano partire avvantaggiati nell’applicare le misure e invece hanno atteso troppo. Si parla di raggiungimento del picco a fine aprile, ci vorrà tempo per tornare alla normalità”.
Andrea è diventato cittadino statunitense ma il suo cuore è sempre a Casalbordino, dove c’è la sua famiglia. “Ogni giorno sento mia madre, mio fratello, parlo con i miei cugini. Sono tutti giustamente in casa e, stando così lontano, un po’ mi dispiace non essere lì con loro. Diciamo che dovendo stare così tanto tempo in casa si torna un po’ alle vecchie tradizioni della cucina”. Nei giorni scorsi Andrea e i suoi colleghi hanno anche dato prova di vicinanza alla comunità locale preparando i pasti per il personale del Lenox Health Hospital di Greenwich Village. “È stato un gesto fatto con il cuore. Abbiamo pensato fosse giusto dimostrare vicinanza, attraverso ciò che sappiamo fare, a chi è impegnato in prima linea”.
In questi giorni si prova già a guardare avanti. “Non credo che torneremo alla normalità molto presto. E sono convinto che, nel mio settore cambieranno molte cose. Qui c’è l’Health Departement che controlla costantemente le attiività e assegna delle lettere identificative per certificare il locale. Secondo me ci sarà una riduzione dei posti dei bar, del numero dei tavoli nei locali. Non sarà più come prima”.