LORENZO DE CINQUE, SAN SALVO
È passato quasi un mese da quando le nostre vite sono cambiate. Un mese. Sembra ormai un ricordo lontano quella normalità di un semplice abbraccio, una passeggiata al mare o un semplice aperitivo al bar. Il nemico invisibile è arrivato e la nostra vita è diventata circoscritta alle nostre case. Ma passerà, è questione di tempo, prima o poi.
Nel frattempo, i giorni passano, la routine si fa sempre più monotona e cercare qualcosa di diverso da fare ogni giorno diventa sempre più difficile. Per me, almeno inizialmente, non è stato così. Sono tornato da Ferrara il 3 marzo, qualche giorno prima che tutto il Paese venisse blindato. L’università doveva ricominciare il 24 febbraio ma lì, il nemico invisibile era vicino e le lezioni non sono mai ricominciate. Loro lo sapevano e per questo, una volta messo piede in terra natìa, è iniziato il “bombardamento” di videolezioni. In poche ore e in pochi giorni ne hanno caricate così tante che per sbobinarle passavo (e passo ancora) giornate intere davanti un computer.
Il da farsi, insomma, non manca anzi, mi ritengo fortunato per l’efficienza della mia università nel garantire, nonostante le circostanze, un diritto sacrosanto come quello allo studio. Almeno per i primi giorni, non mi sembrava di essere in quarantena, quanto di essere tornato a un frenetico periodo di sessione d’esame in cui il tuo unico pensiero è studiare, studiare e ancora studiare. E ci avevo iniziato a credere. È strano ripensarci ma è come se l’alienazione avesse preso il sopravvento. Non mi rendevo conto che là fuori c’era un’epidemia dilagante.
Ma è proprio quando qualunque tipo di rapporto sociale viene sostituito dalla freddezza di un dispositivo elettronico, cominci a capire veramente quanto i rapporti umani siano importanti. A lungo andare senti che manca qualcosa, sei incompleto, non ti basta un computer.
Bisogna resistere, però, per il bene di tutti, anche di quelle stesse persone, parenti e amici che siano, che vorremmo tanto rivedere. Lo sforzo dei singoli, infatti, può cambiare i destini di tutti.
Cos’è “stare a casa” in confronto a chi, ogni giorno, salva vite negli ospedali? Cosa significa “rimanere a casa” rispetto a tutti quei giornalisti che ci tengono informati quotidianamente? Non è per niente paragonabile. Ci sono poche persone che hanno sulle spalle la responsabilità di un intero Paese, il quale ha l’unico obbligo di rimanere in casa. È vero, è passato quasi un mese, vogliamo riavere la nostra libertà ma è ora di aprire gli occhi: è in corso un’emergenza e andrà veramente tutto bene se tutti collaboreranno.
Proprio oggi, lo storico Alessandro Barbero ha affermato: “Oggi siamo parte di un grande avvenimento storico, tra molti anni se ne parlerà così come oggi si parla della Spagnola”. Ha ragione il professore, probabilmente il 2020 sarà ricordato anche e forse soprattutto per questo. Ma ora, cerchiamo di essere tutti degni di questo incontro con la Storia.
MARCO DI MICHELE MARISI, VASTO
La città che scorre lenta, la vita di ognuno a velocità ridotta, se non quando quasi ferma. Preziose mani che lavorano anche per te, il doppio del giorno prima: quelle di chi non può fermarsi, non deve fermarsi. Ogni sera leggo il “bollettino di guerra”, davanti agli occhi mi scorrono come la pellicola di un film horror le immagini delle camionette dei militari che portano via le vittime di Bergamo. Pensi sempre cosa sarà domani, se come per incanto finirà tutto o se non cambierà nulla. Sembrerà strano, magari non è capitato solo a me: ogni tanto cerco di capire se sia solo un brutto sogno o se invece realtà. Forse nella speranza di convincermi che tutto questo che stiamo vivendo non sia vero. Invece no.
Quanto è piccola l’umanità, l’uomo, anche di fronte ad un microscopico virus che è in grado di stravolgere la vita di un intero pianeta, di fermare i progetti iniziati, di interrompere i sogni, di toglierti da davanti agli occhi quello che qualche giorno prima ti era accanto, e che mai ti saresti aspettato ti lasciasse prima di te. Ogni giorno è a sé, inizia la mattina e finisce la sera, senza che tu possa programmare cosa fare il giorno dopo, perché non sai quando tutto questo finirà.
Un orologio fermo, un calendario al quale voltare pagina non servirebbe. Conviene farlo quando tutto sarà finito. Faremo un salto più lungo. E anche questa volta sapremo farlo, perché in fin dei conti siamo il Popolo col cuore più grande di tutti. E in questa partita, così come in quella nella quale dovremo correre per recuperare il tempo perso, il cuore conta più di ogni altra cosa. Perché ti permette di saltare tutti gli ostacoli.
Buonanotte, Vasto. Domani sarà un altro giorno di attesa, nella speranza che torni presto quella normalità che manca un po’ a tutti.
BAMBINI CATECHISMO PARROCCHIA “INCORONATA”, VASTO