GAIA, VASTO
Sono una studentessa in Infermieristica del terzo anno. Da sabato 9 marzo il mio tirocinio è stato sospeso fino a data da destinarsi, “… in attesa di esplicita comunicazione da parte delle strutture sanitarie di riferimento riguardo l’attuazione di presidi medici e la disponibilità e consegna ai tirocinanti di dispositivi di protezione individuale idonei a garantire, secondo i protocolli sanitari, la protezione dal rischio di infezione…” così dice l’avviso.
Ho preparato la valigia e sono tornata a casa. Da quel giorno fino ad oggi 15 marzo sono rimasta in silenzio. Ho ascoltato voi attraverso uno smartphone e ho deciso di rimanere in silenzio. Ho fatto questa scelta perché dinanzi a questo brutto momento mi sentivo impotente. Quasi inutile. Non sopportavo l’idea di dover restare a casa ferma e ad aspettare in continuazione un avviso con scritto di poter ricominciare e che ci potranno essere consegnati i Dpi per poter andare ad aiutare.
[ant_dx]Ora sono seduta, questa mattina ho assistito nonna, ho preparato il pranzo e ho studiato. Sono un po’ stanchina ma sorrido. Sorrido perché sono spuntate le doppie punte dell’onda R, per chi mi comprende le rinomate “orecchie di coniglio” e io le ho capite. E poi ho pensato “vale la pena restare in silenzio?”. Effettivamente non ne vale la pena, non nego che il mio pensiero possa far cambiare qualcosa, non nego che possa fregarne a qualcuno, ma so di avere un compito importantissimo che fa di me quello che diventerò tra qualche mese: educare e sensibilizzare.
Sì, perché l’infermiere non è solo assistere, ma anche educare la popolazione a una corretta gestione della propria salute.
E io vorrei dirvi questo: Rispetto.
Abbiamo bisogno del vostro rispetto per voi e per gli altri. Dalle brutte situazioni abbiamo la possibilità di riscattarci e di pensare positivamente e renderci conto che queste esperienze non sono sconfitte ma sempre delle lezioni e motivi di crescita. E da questa brutta esperienza dovete pensare a quanto dovete essere grati di ciò che avete intorno a voi. Vi invito a rimanere a casa, godetevi la vostra famiglia, voi che potete farlo, fatelo, perché ce chi ha determinate malattie, quali la Fibrosi Cistica e questo non può farlo. Alzatevi la mattina, aprite la finestra e guardate il cielo, date un bacio ai vostri figli, perché c’è chi ora, un Papà, non può farlo e guarda suo figlio appena nato da una semplice videochiamata e l’unica cosa che gli resta da fare è aspettare che passino quei 5 giorni post-parto, sbaciucchiarsi il telefono guardando il viso di suo figlio e aspettarlo a bracce aperte a casa. Telefonate ai vostri genitori e ditegli che gli volete bene, passate del tempo con loro, perché, dovete pensare che ce chi ora non può più farlo e solo loro sanno cosa darebbero per riavere una loro carezza. Dedicatevi del tempo. Così come ho fatto io interpretando gli elettrocardiogrammi. Riflettete. Apprezzate e siate grati di ciò che avete. E se questo non vi basta, se non siete capaci di restare a casa, abbiate il buon senso di rimanere in silenzio.
È l’unico bisogno che chiediamo noi a voi. Abbiamo bisogno del vostro rispetto per gli altri. Insieme ce la faremo.
SILVIO BELLANO
E’ triste ammetterlo, ma da diversi giorni paura e ansia sono diventate le nostre compagne di viaggio.
Questa mano nera (epidemia) che si aggira per il nostro amato Paese sta riducendo, anzi ha ridotto la maggior parte di noi italiani a mantenere distanze sociali, che prima di questo “virus” erano distanze virtuali (lo status sociale, la religione, la razza) invece ora sono distanze reali, che non conoscono discriminazioni sessuali razziali ecc ma coivolgono tutti.
Il Governo ha varato delle misure (tardive), ma sono le uniche che abbiamo per combattere il virus Covid 19 ed evitare che coinvolga il maggior numero di persone. Parola d’ordine, stare a casa. Cosi facendo non solo azzeriamo il pericolo di contrarre il virus ma saremo d’aiuto a tutte quei professionisti (medici, infermieri, operatori) che da settimane lavorano incessantemente e che ahimé per troppo tempo sono stati dimenticati dalle istituzioni e anche noi.
Stanno lavorando a disprezzo del pericolo, con turni di lavoro massacranti. Non da meno sono i dipendenti delle filiere di produzione, operai, trasportatori, dipendenti di supermercati. Anche a loro deve andare la nostra riconoscenza e il nostro grazie.
Fatta questa premessa, ci auguriamo che presto questi provvedimenti facciano sentire i propri effetti.
Ma, parallelamente alla preoccupazione per la nostra salute, stanno venendo a galla le preoccupazoni per la nostra economia e per l’occupazione nel nostro Paese. Anche perché da 25 anni l’Italia ha una bassissima crescita.
Leggevo tempo fa dei dati: dal 2000 al 2018 l’Italia é cresciuta del 4% mentre altri Paesi: Francia 25%, la Germania 26% e la Spagna 27%.
Lo so, in questi casi bisogna mantenere la calma, riflettere, ma allo stesso tempo le istituzioni devono intervenire immediatamente per garantire il redddito ai lavoratori, esonerando le aziende da oneri attraverso l’estensone della cassa integrazione in deroga in tutti i settori.
Sopratutto bisogna garantire la liquidita necessaria alle aziende, favorirne l’accesso al credito, da una parte con una garanzia pubblica per la PMI e dall’altra da un forte ridimensionamento dei vincoli che la vigilanza bancaria europea impone alle banche.
Uno stop anche al pagamento di imposte di ogni tipologia, come anche alla rata dei mutui e dei finanziamenti per le aziende e stop per le famiglie al pagameto di bollette.
Queste sono solo delle misure che, a mio avviso, necessitano per attenuare la crisi, ma successivamente dovranno seguire altri provvedimenti da parte delle Istituzioni per sostenere la ripresa economica.
La domanda che però sorge spontanea e che rivolgo volentieri ai governanti nazionali ed internazionali è: perché non iniziamo ad utilizzare la grandissima liquidità che abbiamo e che è ferma e aspetta solo di essere impiegata?
Abbiamo l’imbarazzo della scelta su come utilizzarla, dall’ambiente, alle infrastrutture, alla miglioria tecnologica per le aziende, tutte soluzioni che servirebbero per dare nuova occupazione.
Ma un dato é chiaro. I governi non possono continuare a fare cio che hanno fatto per 25 lunghi anni. Sono d’accordo che ora é il momento di stare uniti, compatti, istituzioni e cittadini, non è il momento di analizzare problemi, ma alla fine di questa brutta pagina l’Italia deve pretendere di non essere più governata da dilettanti allo sbaraglio, seminatori d’odio e incapaci e, peggio ancora, persone in cerca di prima occupazione. L’Italia ha bisogno di persone competenti che garantiscano sviluppo e prosperità per il nostro Paese.
PAOLA, VASTO
Avevo fatto la bozza a matita di questo disegno esattamente 8 mesi fa, ma non mi era ancora venuta l’ispirazione per terminarlo… in questi giorni di quarantena però quella parete soltanto disegnata mi ha quasi chiamata a rapporto… “è questo il momento… dammi vita” e oggi ho preso i miei amati pennelli e nel giro di un paio d’ore ho dato vita alla rivisitazione del The Men of Son di Renè Magritte al posto della Mela Verde uno smartphone e dietro quello un uomo misterioso, forse qualcuno venuto dal futuro a immortalare la vita di questi giorni, è tutto così strano, così surreale, eppure siamo qui.
Speriamo passi tutto in fretta. Nel frattempo lottiamo, lottiamo insieme e insieme vinceremo.
Anche i miei figli si sono dati ad una grande pittura…
PAOLO, ORTONA
“Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”: si potrebbe partire da qui per spiegare la scuola ai tempi del Coronavirus.
Sono passati solo una dozzina di giorni dal decreto di chiusura delle scuole eppure questa quarantena obbligatoria sembra, nello suo lento scandirsi, un tempo molto più lungo, dilatato nello sforzo di restare ottimisti (non uso il termine positivo per ragioni di opportunità…) e lo scoramento di fronte a qualcosa di sconosciuto, assolutamente non prevedibile e incomprensibile.
Il 4 marzo 2020 è il giorno dopo il mio 40mo compleanno. Non posso festeggiare perché ho una parte della famiglia bloccata in Lombardia, perché le autorità ci dicono che è il caso di evitare assembramenti, perché forse inconsciamente il mio spirito non è in vena di fare feste.
Il 4 marzo 2020 in tarda serata esce la prima ordinanza di chiusura fino al 15 marzo.
Oggi sarei dovuto rientrare se non fosse che qualche giorno dopo il premier Conte proroga con un altro decreto la chiusura fino al 3 aprile. E molto probabilmente non sarà l’ultima proroga…
Il 4 marzo è una bella giornata di sole, la primavera fa capolino da un inverno che in realtà non c’è mai stato.
Sono in macchina quando arriva l’ufficialità della chiusure di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Dentro di me penso che tutto sommato una decina di giorni di fermo non possono che farmi bene, posso pensare alla mia attività di musicista, studiare, finire di scrivere la Passione per il concerto della Domenica delle Palme.
Intanto sui gruppi scolastici iniziano a impazzare le prime voci della didattica online o a distanza. Io mi rifiuto di prendere in considerazione una roba simile per lo studio dello strumento… ma come posso insegnare violino senza il rapporto face to face con l’allievo? Come posso consigliare e correggere suono e postura, per tacere dell’intonazione?
Passa un giorno, poi due, poi tre… e inizio a pensare che forse fare lezione a distanza potrebbe mettermi al riparo da qualsivoglia rottura di scatole, in considerazione anche dell’odio social contro i docenti che nel frattempo va scatenandosi.
Mi informo sulle piattaforme da utilizzare, mi attrezzo, faccio un pio di sperimentazioni, contatto gli allievi e li informo sugli orari in cui dovranno entrare in videochiamata. E così arriva martedì 10 il giorno della prima lezione: tutto fila liscio, così come mercoledì e giovedì. In questi giorni sento spesso i miei ragazzi, cerco di alleviare anche con una battuta la sensazione claustrofobica a cui sono costretti ad attenersi.
Chiaramente, la lezione online ha i suoi limiti: connessioni lente, suono poco definito, immagini che si bloccano. Però li vedo, io sorrido loro e loro sorridono a me. E in quei momenti tutto va più celermente, quando arriva la sera hai quella sensazione di soddisfazione che neanche un morbo mai identificato potrà fermarci.
Domani (oggi per chi legge, nda) si ricomincia. Dopo tanti anni di insegnamento, la tentazione alla commozione e alla “bellezza intrinseca del lavoro di docente” sono troppo logorate dalla mancanza di rispetto delle istituzioni. Eppure c’è sempre qualcosa che ti muove a dare quello zero virgola in più; in questi giorni l’ho egoisticamente cercato nei miei allievi e loro inconsapevolmente mi hanno dato le risposte che cercavo: le battute, lo sbattimento nello studiare anche quando potrebbero scamparsela, la disponibilità loro e delle loro famiglie, i sorrisi quando mi vedono dallo schermo con barba lunga e tutone fantozziano.
Alle azioni di questa virus abbiamo risposto con una reazione uguale e contraria.
Quando usciremo da questo momento, con loro non sarà tempo di fare lezione, sarà tempo di abbracciarsi.
RAFFAELE JAIR, LANCIANO
Ciao sono Raffaele Di Nunzio, meglio conosciuto come Raffaele Jair, deejay, animatore, ma anche attore di teatro.
Chi mi conosce sa che per me stare a casa senza poter uscire equivale a rischiare la pazzia. Scherzi a parte, vi dico in primis che sono orgoglioso di come il mio settore in Abruzzo abbia risposto a questa emergenza, rispettando da subito il decreto, a differenza di molti che in barba a tutto hanno continuato ad uscire.
Ora c’è bisogno di rispettare gli altri, facciamo finta che sia un gioco, in cui per vincere dobbiamo rimanere a casa e uscire lo stretto necessario (spesa, farmaci). Prima capiremo questo, prima ne usciremo.
In questi giorni sto organizzando dirette social, chiamate multiple con gli amici, giochi in famiglia, serie tv, copioni per la stagione estiva. Insomma continuo a fare ciò che so fare meglio: non stare fermo! Invito tutti a seguire le regole, affinché possiamo tornare tutti ad abbracciarci presto e soprattutto a lavorare per riportare sorrisi in giro per l’Abruzzo e non solo. Questo virus lo odio in modo particolare perché a fine anno, come molti sanno, ho perso mio padre che aveva proprio questa sintomatologia che all’epoca veniva trattata come una strana polmonite a cui i medici non sapevano dare una spiegazione.
Forse oggi io ho trovato la risposta che mi mancava su come e perché realmente è morto papà. Una risposta che nessun medico mi ha saputo dare. Forse mi sbaglio, forse no, chissà, solo lui e Dio lo sanno e un giorno lo saprò anche io.
Chiudo abbracciando virtualmente tutti i lettori di Zonalocale, invitandoli a seguirmi sui mie canali social, dove ogni giorno regalo, insieme agli amici, qualche momento di spensieratezza e divertimento.
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