CRISTIANA PELLICCIOTTI, VASTO
Sono le 09:03 di venerdì 13 marzo.
Inizia un altro giorno di quarantena che riempirò studiando e guardando film, però prima vorrei soffermarmi a scrivere quattro parole, sperando arrivino a qualcuno.
Qualche anno fa lessi un libro: Cecità di José Saramago. In questo libro, l’autore racconta la storia di una piccola cittadina presa d’assalto da un’epidemia.
Inizia tutto con un automobilista che, fermo a un semaforo, si accorge di star perdendo la vista. La sua malattia, però è caratteristica, egli vede tutto bianco. Torna a casa aiutato da un uomo e si reca da un medico che però non sarà in grado di spiegare il fenomeno. Ben presto la cecità comincia a diffondersi e il governo decide di rinchiudere i ciechi in un ex manicomio. Qui il gruppo viene lasciato all’abbandono, le guardie non osano avvicinarsi e i ciechi iniziano a dividersi in gruppi ancora più piccoli. Le razioni di cibo non bastano a sfamare tutti e all’interno della struttura inizia una vera e propia guerra alla fame. Alcuni ciechi rubano il cibo di altri rinchiusi e altri tentano di uscire per chiedere aiuto alle guardie. Nell’implorare aiuto alcuni muoiono, poiché, le guardie spaventate, vedendo alcuni ciechi uscire, decidono di aprire il fuoco. All’interno dell’ex manicomio i prigionieri perdono tutta la dignità e sono ridotti ad uno stato animalesco.
Nel finale i ciechi guariscono senza una valida ragione e l’epidemia svanisce propio come era arrivata, in silenzio.
[ant_dx]In questi giorni ho ripensato molto a questo libro, ricordo che quando lo lessi feci fatica a finirlo, non era dinamico, non c’erano colpi di scena che davano vita al racconto ma poi mi accorsi che propio nella staticità del romanzo era racchiusa la chiave per comprenderlo al meglio, vidi bene la sofferenza che l’autore aveva deciso di raccontare.
Ed ecco che, vivendo questa situazione oggi, non posso fare a meno di trovare delle similitudini tra il racconto del libro e l’epidemia in corso.
Abbiamo discriminato e a volte anche picchiato, abbiamo messo al primo posto solo noi stessi come fossimo animali senza ragione, solamente per paura.
La paura conduce all’odio.
L’odio porta alla sofferenza.
In questo periodo di crisi mi sento di chiedervi solo una cosa: siate forti, non temete, perché la paura annulla la ragione e lascia spazio solo agli istinti e oggi più che mai abbiamo bisogno di ragione per essere prima di tutto persone e poi cittadini uniti.
ANAMARIA, VASTO
Prima di tutto vorrei fare un grosso applauso ai tutti i nostri medici e infermieri… ci tengo tantissimo a precisare che in questo momento mi sento molto inutile e mi vergogno davanti a chi lavora anche per me. Il mio albergo è chiuso e quindi io sto a casa, sul divano. Stamattina mi è arrivata la foto di un grande uomo vastese che stava lavorando con la mascherina… vorrei fare di più!!!
Questo giorno me lo ricorderò per sempre! andrà tutto bene…
KATIA CIAFARDO, MONTEODORISIO
I pensieri, le ansie, le paure sovraffollano la mente. La notte sembra essere lunghissima e il sonno è ormai finito da un bel po’.
Finalmente un raggio di sole entra dalla finestra,
È mattino, un altro giorno è passato.
TUTTO ANDRÀ BENE
SIMONE, LANCIANO
La vita (e l’arte) ai tempi del Coronavirus
Ciao a tutti, mi chiamo Simone, vivo a Lanciano e vi chiedo subito scusa se il titolo che ho scelto per iniziare queste mie brevi righe vi potrà sembrare troppo banale e familiare. Ebbene sì, è una citazione né troppo velata e sicuramente fin troppo scontata del libro (diventato poi film) L’Amore ai tempi del Colera di Gabriel Garcia Marquez.
Sarà forse colpa di questi giorni così delicati, ma certi titoli della letteratura, sembrano tornati quasi d’attualità. Io però a differenza del Premio Nobel colombiano, non starò (per fortuna mia e vostra), a parlarvi di storie passionali o di tormentate vicende sentimentali.
Al termine “amore” ho sostituito infatti quelli di “vita” e “arte” non solo perché spesso, entrambe sono parole strettamente collegate, ma perché questo mio breve racconto prende spunto da un “normale” fine settimana, iniziato venerdì scorso lontano da Lanciano, in una città, Roma, che di arte è profondamente impregnata. È stato proprio durante questo weekend che doveva essere inizialmente dedicato alle grandi mostre, alla cultura (ma anche allo shopping e allo svago) che ho iniziato ad avvertire anch’io il timore per questo Covid-19: un “nemico invisibile” dal nome strano che ora dopo ora ha fatto sentire la sua ingombrante presenza su di noi.
In questi tre giorni capitolini, in una città solitamente traboccante di genti, ho iniziato a capire che forse questa sarà davvero una battaglia dura da vincere insieme: a farmi riflettere non sono state solo le strade vuote, i posti liberi sulla metropolitana o i visi delle persone in giro con la mascherina, ma anche il dover leggere di notizie all’apparenza “secondarie” come quella sulla prematura chiusura della mostra di Raffaello, sospesa dopo un solo giorno di apertura, o nel veder con i miei occhi, i cancelli serrati sui Musei Capitolini e su Palazzo Barberini, solo per citare alcuni degli angoli più e meno celebri della nostra capitale.
Ebbene sì, questo dover “chiudere” e “serrare” quelli che sono un pò i luoghi della nostra anima, mi ha colpito più dell’ennesimo allarmante bollettino del premier Conte, perché se è vero che la salute e la vita restano il bene più importante da difendere, vedere Roma, ma anche dalla tv, tutte le nostre città d’arte vuote e forzatamente desolate mi ha fatto pensare con decisione a quanto sia difficile per un popolo come il nostro rinunciare non solo ad un caffè o a una pizza intesi in senso “stretto”, ma anche di quanto sia complicato, fare a meno di quei gesti e di quegli spazi che noi tutti viviamo quotidianamente in quel piccolo, grande “museo a cielo aperto” che è la nostra Italia.
Un’ultima suggestione, questa volta positiva e anche un pò patriottica, mi è venuta per la testa proprio prima di lasciare Roma e rientrare in Abruzzo per iniziare questa “quarantena” forzata. Domenica sera ho fatto due passi al tramonto tra il Colosseo e i Fori Imperiali: guardando quei marmi e quelle grandi colonne vecchie di secoli, stagliarsi sulla luce del crepuscolo ho pensato che sì… la notte potrà pure essere lunga, buia e difficile,ma che insieme riusciremo a rialzarci, forse più “ammaccati”, ma anche più forti e fieri come i templi di una Roma semivuota, in una sera di inizio marzo.
MANUELA, TORINO
Sono Manuela, vivo a Torino. Il mio lavoro mi porta a stare a contatto con bambini e famiglie, quindi sono a casa dal 24 febbraio. In questi giorni a parte riposarmi, sto riscoprendo e riprendendo passioni tralasciate nel tempo. In primis la cucina, ne approfitto per preparare pietanze mai fatte, visto che ho acquistato tempo fa un libro di ricette piemontesi, è arrivato il momento per prepararne qualcuna; oppure piatti che hanno il sapore di casa, e per questo approfitto per chiacchierare di più con la famiglia, la mamma ha sempre qualche consiglio da dare, soprattutto se si tratta di cucina (così non può lamentarsi come prima che non la chiamo mai) o le videochiamate con i nipotini che crescono a vista d’occhio!
Cerco di passare le giornate mantenendo gli orari e gli appuntamenti quotidiani, come allenarmi in casa. Praticando discipline aeree non posso bucare un soffitto per appendere un cerchio o un tessuto, ma continuo gli esercizi che servono per poterle praticare al meglio una volta che tutto tornerà alla normalità. Oppure gli appuntamenti sul web, come quelli con Fabio con le sue dirette per cantare un po’, o la sera quando Dino proietta sul tetto l’arte (#artesultetto del progetto quARanTena).
Vivere a Torino e sentirla silenziosa è alquanto strano, non sentire le auto sul corso ad esempio, o i pochi aerei in fase di atterraggio (cercando di capire il logo della compagnia aerea alzando lo sguardo all’insù) e poi alle 20.00, quando sembra che tutto si fermi, ma è solo un’impressione, perché c’è la bimba del palazzo di fronte che combina pasticci sul balcone, il rumore delle stoviglie, le TV accese, perché basta guardarci attorno per capire che nulla si è fermato. Cerco cosi di godermi questo “silenzio” che nella frenesia di tutti i giorni non è facile captare.
Ho acquistato delle piante (prima che tutto chiudesse), se farò seccare anche queste, potrò confermare al 100% di non esser un pollice verde.
Per chiudere, oggi attendo le 18.00, a quanto pare ci sarà un flashmob in tutta italia, sui balconi per cantare e suonare, sono proprio curiosa di vedere cosa ne uscirà fuori, visto che ieri sera nel quartiere San Salvario si ballava la Macarena.
Un abbraccio da lontano a tutti gli amici di Vasto.
ROSA DI LENA, VASTO
Il mio nome è Rosa Di Lena e insegno danza moderna a Vasto nella scuola “Spazio Danza”. In questo momento così delicato e difficile dobbiamo trovare il modo per superare e andare avanti perciò, come insegnante di danza, ho voluto inviare un messaggio ai miei allievi e alle loro famiglie di vicinanza facendogli percepire il mio affetto e la mia presenza.
Gli ho voluto dare anche uno stimolo e una carica in più con l’unico strumento a loro molto caro, la loro passione: la danza. Per questo motivo ho invitato i miei allievi ad inviarmi un video con una loro coreografia su una base musicale preferita a loro scelta il cui messaggio principale è: Io resto a casa e nonostante tutto mi diverto.
SAMANTHA D’ANNUNZIO, VASTO
Per la classe 2ª B
Un foglio bianco e una penna, in questo momento sono le armi migliori per la noia.
Questo è sempre pronto a raccogliere tutto: parlo di ansie, paure, sensazioni ed emozioni.
Adesso abbiamo l’occasione di farlo, grandi e piccini, è arrivato il momento delle riflessioni su noi stessi e sugli altri.
Può essere questo motivo per cambiare le vecchie abitudini, per migliorare e rispettarle nel contesto in cui viviamo.
L’ambiente spesso ci manda grida di allarme, ci chiede di fermarci a pensare se quello che stiamo facendo rientra nelle regole fondamentali per far si che, non sia compromesso il nostro sistema. Basta poco,davvero poco.
Il tempo spesso sembra non bastare, corse quotidiane che ci tolgono spesso la stessa aria, quell’aria che respiriamo tutti i giorni, e non sempre a pieni polmoni.
La nostra fortuna, metaforicamente parlando, è di vivere in questa era dove la tecnologia ci aiuta, e non ci fa restare indietro coi tempi.
Dona ai nostri giovani la possibilità di usufruire della didattica, in maniera del tutto digitale e con personale qualificato. E noi come classe 2ª B abbiamo questo privilegio. Una docente che ama la rete e ne fa da sempre la sua comunicazione.
La nostra prof. Emma Columbro, è la nostra essenzialità, in un momento dove tutto si ferma, ma lei no. La voglio ringraziare credo a nome di tutti noi genitori che spesso ci troviamo ad affrontare disagi lavorativi e non e che ora siamo chiamati a spiegare ai nostri figli che questa influenza ci ha resi molto neutrali.
Ma, come credo da sempre nelle seconde possibilità perché, personalmente, sono sempre ripartita dopo periodi bui della mia vita, voglio credere e sperare con voi che dopo la tempesta arriva sempre il sole, dopo il tunnel vedremo la luce, dopo questo periodo negativo, andrà davvero tutto bene!
Uniti e compatti, le cose si affrontano sempre. Quindi, il mio consiglio è che se vi sentite giù moralmente, prendete un foglio di carta e scrivete tutto quello che vi sentite.
Ogni frase sarà quel Pasool che una volta unito, raccoglierà la nostra storia per RICOMINCIARE.
GIUSEPPINA, VASTO
Reparto RSSA Istituto San Francesco. Non tutti sono consapevoli di quello che accade fuori, subiscono solo la sofferenza da mancanza dei propri cari. Li senti spesso piangere, chiamare a voce alta i nomi più cari che ricordano, molti non mangiano, e altri vivono in un mondo fantastico.
Ce la faremo… Loro ce la faranno.
Insieme arriveremo alla fine di questa brutta favola…
EMANUELE SCUTTI, CUPELLO
Hominibus vs Virus
Eh si, è tutto cambiato ormai!
È tutto surreale!
Ed ecco che la surrealtà è finalmente dimostrata.
Si pensava fosse un concetto astratto,
ma ora è chiaro che non è così!
È difficile non pensare a quanto,
tutto questo,
in realtà sia un grande monito all’umanità!
Sì, è vero, è sparito il traffico.
È sparito il formicolare di gente.
È sparito il tramestio.
Sono deserte le piazze.
Sono deserte le strade.
Sono deserti i campetti e i viali.
Le chiese sono sole.
Sono sole le cattedrali.
Sono soli gli uffici e i musei.
Le città sono così struggenti nella loro immobile inattività,
eppure così belle nella loro surrealtà.
Agli uomini invece,
è comparsa una ruga in più sulla fronte,
di quelle che compaiono negli attimi di paura.
Eppure questa, non è comparsa per paura.
È spuntata a causa della consapevolezza!
Eh, eravamo superbi.
Eravamo sfacciati.
Eravamo insolenti.
Eravamo boriosi.
Ora abbiamo riscoperto di essere mortali.
Di essere infinitesimi nell’infinito.
È cambiato molto,
forse è cambiato tutto,
ma tante cose sono tornate.
È tornato il canto delle capinere alla mattina,
non più sormontato dai rumori dell’uomo affaccendato.
È tornata la primavera,
con le sue prime gemme sui rami.
Sono tornate le giunchiglie,
indomite e selvagge,
in mezzo ai nostri campi di tenero grano.
Sono tornati i sogni,
guardando ormai,
solo da un spicchio di balcone,
il cielo notturno.
È tornata la super luna.
È tornata l’umanità.
Ci eravamo sconnessi da questo splendido mondo e ci eravamo connessi ad uno virtuale.
Davamo tante cose scontate.
Ora sappiamo il valore di un abbraccio.
Il potenziale di un bacio.
L’importanza di una stretta di mano.
Il valore di un incontro.
Eh, è dura pensare a quanti abbracci non abbiamo dato.
A Quanti baci non abbiamo concesso.
A Quante mani non abbiamo fatto in tempo a stringere o afferrare.
A Quanti incontri abbiamo evitato,
magari cambiando strada,
o non alzando la testa dal nostro Spritz,
o cambiando corsia al supermercato.
Boh, ognuno di noi ha così tanto potenziale creativo nell’evitarsi!
Ecco perché penso che tutto questo sia un monito!
Abbiamo scoperto che Malattia e Morte sono incredibilmente democratiche.
Sono forse le uniche a non distinguere fra
ricco o povero,
uomo o donna,
bello o brutto,
giovane e anziano.
Lo fanno in maniera terribile,
ceca,
sorda,
muta,
inamovibile,
imprescindibile,
ma ci ricordano, con questa loro tipica atrocità,
che siamo tutti UGUALI.
Eh, siamo tutti UGUALI!
E adesso è chiaro a TUTTI.
Adesso è UGUALE per TUTTI!
È cambiato tutto,
però ora sappiamo che valore ha la normalità.
E finalmente sappiamo quanto è bella.
Ah, quanto l’abbiamo odiata la nostra quotidianità!
Ora invece la rivorremmo indietro.
Vorremmo chiedergli scusa per averla così disprezzata.
Per averla così non compresa.
Eh si, non avevamo ben chiaro quanto sia speciale la normalità!
Pensate ancora che questo non sia un monito?
Non abbiamo ancora ben compreso che bisogna essere grati per quella,
che ormai ci sembra solo,
scontata libertà?
Ancora non è chiaro che dobbiamo essere grati
per ogni banale normalità?
Ci è chiaro ora,
che tutto ciò che abbiamo,
anche la più insignificante,
in realtà è un dono e che la sfida dell’esistenza è questa:
cogliere la straordinarietà che si nasconde in ogni piccola cosa, persona o situazione?
È vero, per prudenza è necessario stare lontani ora,
ma possiamo vederci,
cioè osservarci,
tenerci d’occhio.
Possiamo sentirci,
cioè ascoltarci,
metterci in ascolto.
Abbiamo ancora queste possibilità e allora sfruttiamole!
C’è silenzio in questo tempo.
In questo tempo forte e duro.
C’è tanto silenzio che quasi fa paura,
ma il silenzio non è terrore
è dialogo interiore.
Questa è l’occasione per l’uomo
di tornare ad essere umano.
È l’occasione di guardarsi dentro e di ascoltare.
C’è tempo ora.
C’è tanto tempo da impiegare.
C’è tanto tempo regalato all’uomo,
pensate un po’,
da un virus che,
una volta sconfitto,
avrà lasciato una nuova, bella ruga,
ad increspare non più la fronte,
bensì,
l’animo dell’uomo.
LEA E ANGELO, TORNARECCIO
Siamo Lea e Angelo. Io, Lea, sono rientrata lunedì a Tornareccio, dove risiedo, dalla Lombardia e quindi sono in quarantena, per dovere civico e amore per il prossimo.
Il 1° giorno prima del mio rientro mi sono “denunciata” alla Asl e al mio medico curante e sono asintomatica; Angelo, lunedì, è rientrato da Sarnico (BZ) dove lavora. Lui non è in quarantena, ma è come se lo fosse, è uscito solo per gli approvvigionamenti.
Lui chef e io appassionata di cucina, potremmo condividere la nostra passione con tutti i vostri lettori con foto, ricette e tutorial. Inizio ad allegarvi le preparazioni di oggi e le relative ricette preparazioni con Bimby e senza.
Prime ricette: panzerotti fritti e ciambelle [GUARDA].
MARIA GABRIELLA TARTAGLIA, CASALBORDINO
La voce di una cittadina over 70 che rimane in casa,
ma vuole fare qualcosa per la nazione più bella del mondo
Da quando il Coronavirus è dilagato,
il popolo italiano è angosciato.
Deserte e silenziose sono le città,
si circola solo per necessità.
Forte è la risposta della Sanità,
per andare incontro alla comunità.
Medici e infermieri,
come audaci bersaglieri,
fronteggiano enormi difficoltà
con vero spirito di generosità.
Volontari, Protezione Civile e Forze Armate
fanno estenuanti cordate
per il virus debellare
e il sereno riportare.
A chi ci ha dato dell’untore,
la risposta di un impavido navigatore
che, con la sua drittura morale,
merita proprio l’altare.
E, tra le eccellenze dello Spallanzani,
a due giovani ricercatrici dobbiamo battere le mani.
Rigore e resistenza
raccomanda Conte nella sua conferenza.
Nella Città Eterna,
Papa Francesco la Madonna ha invocato
perché come a Cana, a sua richiesta,
riporti al popolo italiano gioia e festa.
Forza Italiani!
Ce la faremo,
se uniti e saldi
noi lotteremo.
Alto il nome risplenderà
di chi per l’Italia si spenderà.
Dimostriamo al mondo intero
che siamo un popolo vero.
È questo un nuovo Risorgimento:
perseguiamo il nemico con accanimento,
così l’Italia modello sarà
dell’intera umanità.
Viva l’Italia!
Dedicato a mia figlia Donatella, medico pneumologo all’Ospedale Bellaria di Bologna e a tutti i medici, gli infermieri e il personale sanitario impegnati in prima linea