Sono in stato di agitazione dalla tarda mattinata di oggi i quasi 300 lavoratori della Fondazione Padre Alberto Mileno Onlus di Vasto. È la reazione dei dipendenti al dimezzamento degli stipendi annunciato dalla direzione.
La decisione arriva al termine dell’assemblea del personale, che si è svolta dalle 11 alle 13 nella sede principale del gruppo, l’Istituto San Francesco di Vasto Marina, centro di riabilitazione aperto nel 1965 da padre Alberto Mileno e cresciuto nel corso degli anni fino a costituire un gruppo di undici strutture sanitarie private convenzionate a Vasto, Lanciano, Gissi, Avezzano, Sulmona, Termoli e San Giacomo degli Schiavoni.
Ai dipendenti sembra di tornare al biennio 2014-2015 e di rivivere l’incubo degli stipendi in ritardo: “Molti di noi hanno appena finito di pagare i debiti di quel periodo e ora si ritrovano punto e a capo”, raccontano i loro rappresentanti. “I lavoratori sono stanchi”, protesta Daniele Leone della Cgil Fp [seguirà intervista video]. “Il taglio del 50% dei salari ci è stato annunciato tramite un comunicato di due righe. Senza alcun preavviso, neanche a voce negli incontri con l’azienda”. Cgil, Cisl e Uil non escludono che lo stato di agitazione possa sfociare in una nuova protesta, dopo quelle di sei anni fa.
“Le avvisaglie della mancanza di liquidità le avevamo avute già prima della fine del 2019, ma abbiamo voluto evitare ai lavoratori di trascorrere il Natale in apprensione”, dice il direttore della Fondazione, padre Franco Berti. “Abbiamo un credito di un milione 200mila euro con la Asl Lanciano-Vasto-Chieti e cifre analoghe con la Asl L’Aquila-Avezzano-Sulmona, con l’Asrem (l’azienda sanitaria del Molise) e con gli oltre 50 Comuni che devono rimborsarci le prestazioni per i pazienti con disabilità che non hanno un reddito sufficiente per pagare le prestazioni. A questi 4 milioni 800mila euro va aggiunto quasi un altro milione che dobbiamo ricevere dalle Asl di Foggia e Bari per i pazienti pugliesi che vengono a curarsi da noi. Per questo ci siamo trovati di fronte a grandi difficoltà. Abbiamo cercato di non lasciare i dipendenti senza stipendio e pagare quello che era possibile pagare, cioè il 50% degli stipendi, oltre al versamento dei contributi. Le rette dei ricoveri a pagamento? Servono a coprire le spese di quello stesso reparto. Dispiace che su questa vicenda si siano create strumentalizzazioni politiche. I contratti del 2019 sono stati tutti regolarmente firmati, quelli del 2020 arriveranno non prima dell’estate. Ma il problema non questo. La gestione delle strutture costa un milione e mezzo al mese, con il costo del lavoro che assorbe l’80% della cifra. A fine mese dovremo dare 500mila euro ai fornitori. Se le Asl non sbloccheranno i fondi, da marzo avremo difficoltà a pagare sia le forniture che gli stipendi”.