“Nel territorio di Lanciano-Val di Sangro si sta consumando l’ennesimo dramma del lavoro, nel silenzio più inquietante. L’azienda Faist, situata nella zona industriale di località Cerratina a Lanciano, che opera nell’ambito di quell’automotive su cui l’Abruzzo sta investendo e di cui tanto parla, ha deciso di chiudere”. A dirlo è Angelo Allegrino, presidente di Ascom Abruzzo che denuncia con preoccupazione la situazione.
“E chiude non perché ha problemi qui, sul nostro territorio, dato che la produzione va avanti a pieno ritmo. Ha problemi in altre sedi, – spiega – ma sta smantellando in Abruzzo per spostare la produzione in Umbria. Si tratta di una fabbrica d’eccellenza che produce componenti di qualità”.
Sono 17 i dipendenti, compresa una interinale, per la maggior parte donne, che rischiano di restare presto disoccupati. E che in questi giorni stanno dando vita ad una strenua lotta, per cercare di conservare il proprio posto di lavoro. Stanno presidiando i cancelli, notte e giorno, sotto il freddo e la neve, per evitare che vengano portati via i macchinari delle linee di produzione. Problemi, inoltre, ci sono anche alla San Marco Industrial, altra azienda di Lanciano, che ha annunciato una quarantina di esuberi.
Ascom Abruzzo è preoccupata per quanto sta accadendo e per le sorti di questi lavoratori e chiede che le istituzioni e la politica facciano la loro parte, che almeno facciano un tentativo per salvare i lavoratori da una sorte che sembra ormai segnata.
“È un copione che, purtroppo, si ripete. Sono diverse le aziende che in questi anni hanno delocalizzato, non solo [mar_dx] all’estero, lasciando sul lastrico centinaia di lavoratori. Alcune hanno optato semplicemente per altre regioni, abbandonando l’Abruzzo. – prosegue Allegrino – Che non sembra più territorio appetibile per investire, mentre in passato qui si si sono insediati i colossi metalmeccanici che ancora trainano l’economia regionale e attorno ai quali ruotano decine di piccole imprese. Il gruppo Faist conta 4.000 dipendenti e ha 33 sedi nel mondo. Occorre un intervento deciso – conclude – delle istituzioni che debbono mobilitarsi e interrogarsi su questa incresciosa vicenda, cercando anche soluzioni. E magari investendo su quelle infrastrutture – strade, superstrade, porti – del cui potenziamento si parla da decenni ma che presentano lacune ed inefficienze croniche”.