Spesso ci troviamo a raccontare le storie di giovani che partono da questo territorio e, con tanto impegno e passione, portano avanti importanti percorsi professionali nei luoghi che li accolgono. Allo stesso modo, però, ci sono tanti giovani che scelgono di restare e, con altrettanto impegno e passione riescono a conquistare importanti traguardi personali e nel mondo del lavoro. Nasce così il filone “Quelli che… restano”, per incontrare gli under 40 che, nel nostro territorio, si danno da fare ogni giorno per la loro crescita e, perché no, per quella di questo lembo a sud dell’Abruzzo.
Angelo Caruso, 37enne di San Salvo, con suo fratello Flavio da quattro anni e mezzo porta avanti Drank, attività di ristorazione nel centro storico cittadino. Il suo percorso è stato segnato da diverse tappe, con la tradizione di famiglia nel settore della ristorazione vissuta da ragazzo, il lavoro in fabbrica e poi, sentendo il forte richiamo della passione, l’importante scelta di vita conservando un forte legame con la sua terra.
Le radici. “Vengo da una famiglia di commercianti, i miei hanno avuto per tanti anni una pizzeria in via Roma e ancora oggi sono nel settore. Per questo la mia idea era di frequentare un istituto alberghiero per proseguire nel loro percorso”. Ma, nel confronto con i genitori, “mi hanno fatto riflettere molto su alcuni aspetti del lavoro nella ristorazione” portandolo così a prendere un’altra strada. “Ho scelto un istituto tecnico, l’industriale, è stata una bella esperienza e, dopo neanche 15 giorni dal diploma ero a lavorare in fabbrica”.
La scelta di vita. Per undici anni Angelo ha lavorato come operaio ma, con il passare del tempo, “mi sono accorto che mi mancava qualcosa”. La spinta ad intraprendere un cambiamento è arrivata dalle chiacchierate con il fratello Flavio, che era a Milano, e dalla disponibilità di un locale della sua famiglia in centro storico. “Mio padre ci disse: o ci fate qualcosa voi altrimenti lo vendiamo. Così, insieme a mia moglie, sono andato a Milano e, con Flavio, abbiamo iniziato a fare i primi discorsi”. C’è voluto poi un anno perché il loro locale prendesse vita. “All’inizio ho continuato a lavorare in fabbrica ma non era possibile pensare di portare avanti un progetto del genere lavorandoci al 50%”. Ed ecco che, condividendo i suoi pensieri anche in famiglia, è arrivata la scelta “che per molti potrebbe sembrare folle, di lasciare un posto con un contratto a tempo indeterminato e dedicarmi all’attività” insieme a suo fratello che, nel frattempo, era rientrato a San Salvo. “Ho il grande vantaggio di avere un metro di paragone tra quella che è stata la vita da dipendente per undici anni e la mia vita attuale. Ci sono stati cambiamenti enormi, sono situazioni completamente diverse. Certamente oggi ho motivazioni diverse, è un qualcosa che ti dà voglia di fare perché più fai e più hai risposta dalla clientela”.
[ads_dx]La gestione imprenditoriale. La passione per la cucina, per la ristorazione, la voglia di fare qualcosa di “proprio” sono motivazioni importanti ma non di certo sufficienti per portare avanti un’attività imprenditoriale. “Flavio ed io siamo partiti sin da subito con le idee molto chiare, avendoci lavorato a lungo, e con un’impostazione definitiva. Io mi sono occupato della cucina perché sentivo che era quello il mio settore. Mio fratello fa il resto, che non è poco, e in realtà è ciò che io non so fare. Siamo andati così a completarci ma, col passare del tempo, abbiamo capito che la standardizzazione del nostro lavoro, occupandoci solo di un settore, non era vincente. E così abbiamo iniziato a intrecciare le nostre conoscenze e competenze. Oggi, a distanza di quattro anni e mezzo dalla nostra partenza, ci sentiamo abbastanza pronti su quello che è il nostro lavoro”.
I timori. Nell’avviare la nuova attività “sapevamo che c’erano le difficoltà ma le abbiamo lasciate sempre in secondo piano perché è inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Nell’anno in cui ci siamo preparati avevamo le idee ben chiare. Oggi ci reputiamo soddisfatti perché abbiamo raggiunto l’obiettivo e siamo sempre spronati a fare meglio”. Questo perché “abbiamo pensato alle cose belle e non a quelle brutte. Sapevamo che sarebbero arrivate,fa parte del gioco, però il nostro punto forte è stato credere in un territorio che conosciamo bene, perché è casa nostra. E abbiamo dato il tutto per tutto. Qui si lavora molto più di 8 ore al giorno che facevo prima ma va bene così”.
Investire nel centro storico. Investire nel centro storico di San Salvo, al netto di un locale già disponibile, non è stata una scelta scontata. Angelo e suo fratello vanno anche oltre l’attività di ristorazione organizzando eventi in piazza, presentazioni di libri, mostre e altre attività. “Abbiamo una grande motivazione nel voler far conoscere ciò che Drank è oltre la ristorazione. Avevamo un menu tempo fa su cui c’era scritto laboratorio enogastronomico e culturale. Vogliamo ci sia qualcosa di diverso rispetto all’entrare qui e pensare solo al panino”. Detta così sembra “una cosa facilissima ma sono progetti che ci hanno portato via tempo, dedizione, sono stati fatti perché siamo riusciti a trovare una giusta collaborazione in persone come noi che hanno creduto in queste cose”. E l’obiettivo è quello di creare “valore aggiunto trasmettendo a chi sta dall’altra parte qualcosa di diverso dal solito”.
Va tutto male? Non è vero. L’esperienza di Angelo racconta come non è vero che da queste parti non c’è niente, non si può far niente, va tutto male. Anche la realtà sansalvese racconta di un certo fermento da parte di giovani che si stanno dando da fare con una propria attività. Serve però un territorio che “risponde” a diversi livelli. “Se siamo cresciuti – spiega Angelo – è perché dall’altro lato, da coloro che gestiscono la cosa pubblica, c’è stato un appoggio. Questo a San Salvo non è mai mancato, è sempre stata data la possibilità a chi aveva voglia di fare di mettersi in gioco”. Quello di oggi è un centro storico “morente, perché, purtroppo, lo è. Ma deve ripartire e lo fa grazie alle piccole e grandi attività che ci sono ma anche quelle che ci potrebbero essere. Un passo avanti è stato fatto, certo. Ma manca ancora tanto, non abbiamo risolto i nostri problemi. Lavorandoci su, però, le cose possono solo migliorare”.
La speranza. Nel territorio ci sono tanti esempi come il loro ma anche tanti che vanno via e non tornano, tanti che vorrebbero fare qualcosa ma restano frenati. “La paura è tanta, perché questo periodo storico non ti permette di fare le cose in spensieratezza. Quella che manca è la voglia di rischiare, di mettersi in gioco”. In questi anni i fratelli Caruso sono riusciti a conquistare “una fascia di di clientela molto ampia, abbiamo un bel riscontro culturale”. E capita anche di confrontarsi con ragazzi più giovani alle prese con le scelte per il loro futuro. “A loro diciamo sempre di provarci ora, di dedicarsi ai loro progetti pensando agli aspetti positivi, senza lasciarsi influenzare e affliggere dai negativi. C’è da lavorare, mettersi in gioco, rischiare. Ma in questo territorio, con un buon metodo di lavoro e con passione, riesci in quello a cui credi”.
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