“Sono qui per dirvi che io sono tornata“. È iniziata così, sul palco di piazza VIII Agosto a Bologna, la testimonianza di Caterina Garone. La ricercatrice vastese, dopo 10 anni negli Stati Uniti, è rientrata in Italia dove, come neuro-genetista, si occupa di ricerca sulle malattie rare. Ieri è stata chiamata a raccontare la sua esperienza nella manifestazione organizzata nel capoluogo emiliano dal movimento delle Sardine. L’appuntamento a cui hanno partecipato oltre 35mila persone, ha avuto come tema “Bentornati in mare aperto”. Musica e testimonianze per dimostrare che “si può fare dialogo sociale senza odiare”, come ha detto il fondatore del movimento Mattia Santori.
Catia Garone ha partecipato per “dare un messaggio positivo ai ricercatori Italiani e dare voce alle nostre speranze. Non salgo su quel palco per dire sono CONTRO , salgo per dire sono PRO. Pro ricerca, pro innovazione, pro pari opportunità, pro scambio culturale. È tutto questo è possibile anche in Italia!”.
[ads_dx]Alle migliaia di persone in piazza a Bologna, la ricercatrice vastese ha raccontato di essere “partita da questa università 10 anni fa. Quando sono partita, non sono partita con un gommone o una valigia di cartone, non è questa la mia storia. Ma vi assicuro che negli occhi di mia madre c’era la stessa speranza di chi vuole vedere i figli realizzati. Io sono tornata e non sono la stessa, ho imparato una lingua, ho incontrato diverse culture, e soprattutto ho vissuto le stesse difficoltà che un emigrante vive quando lascia la propria terra. Io sono tornata e volevo dirvi che con me c’è il successo dell’applicazione della Costituzione italiana. Io sono una donna, sono madre della bellissima Miriam, sono indipendente e sono una ricercatrice. Sono partita con tanta speranza e sono rientrata grazie a persone come voi e grazie a questa università, grazie a chi mi ha dato una possibilità, un’opportunità per merito: un premio Nobel, una donna, Rita Levi Montalcini. Sono rientrata con questo programma.
Io sono una donna group leader, io non conosco differenza di genere. Il mio lavoro da ricercatore è un lavoro vero, non ho orario di inizio e orario di fine, il mio è un lavoro di costanza e di passione. Sono una neuro-genetista, mi occupo di malattie neurologiche rare e, con i miei collaboratori, cerchiamo di dare una speranza, una diagnosi e una terapia a dei bambini che soffrono di malattie neuro-degenerative rare. Io volevo dirvi oggi che con il mio rientro io ho ricevuto un’accoglienza, dalla mia università e dal mio dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche del Policlinico Sant’Orsola, ma soprattutto sono tornata grazie a un gruppo di ricercatori del Centro di ricerca Biomedica applicata dove non ho trovato un ambiente ostile. Questo gruppo di giovani ricercatori ha detto sì, torna, insieme ce la faremo. Io ho accettato una sfida, ho accettato la sfida di credere nel nostro Paese, la sfida di credere nella nostra Costituzione, ho accettato la sfida di credere nella ricerca italiana e ho accettato la sfida di credere in persone come voi perché, insieme, ce la faremo a cambiare le cose”.