“È un percorso difficile ma vale la pena lottare per la legalità, perché nella vita bisogna scegliere da che parte stare, e stare nel mezzo, non è vivere”. Così Federica Angeli, giornalista di Repubblica sotto scorta dal 2013 per aver deciso di denunciare la presenza della mafia ad Ostia, questa mattina ha parlato con gli studenti dell’istituto De Titta-Fermi di Lanciano della sua esperienza di giornalista, donna e mamma.
Quella per il giornalismo è una sorta di vocazione, di missione che la porta a “stare sempre sul pezzo”, puntando ad essere sempre gli occhi di chi non può essere presente e la coscienza di chi vorrebbe parlare ma non può e non sa come farlo. E la sua battaglia contro i clan mafiosi della Capitale, dopo una lunga inchiesta fatta di indagini, minacce, tanta paura ed altrettanto coraggio, inizia ufficialmente in una notte d’estate del 2013, quando sente esplodere tre colpi di arma da fuoco, di notte, proprio sotto casa sua, ad Ostia.
Si affaccia e le si presenta davanti non solo un regolamento di conti tra clan di rivali, ma soprattutto si trova di fronte ad una scelta, la più importante della sua vita: vestirsi e uscire di fretta all’una di notte per denunciare e scrivere quanto accaduto, o nascondersi come tutti i suoi vicini dietro le rumorose saracinesche dell’omertà. E la scelta è più semplice che mai. Perché giornalista? Non solo. Soprattutto perché mamma di tre bambini che, secondo Federica, meritano un futuro senza spari sotto casa come se tutto fosse assolutamente normale.
Da qui inizia la sua seconda vita, quella vissuta sotto scorta, sempre insieme ai suoi angeli che la accompagnano e sorvegliano dovunque. Ma come fare per non far percepire nulla ai suoi bambini? Federica s’inventa un gioco. Quello della giornalista che ha scritto “un pezzo super figo” e che, come premio, ha ricevuto in dono degli autisti tutti per lei e tutta una serie di privilegi che le altre mamme non hanno. Ed è proprio questo che scrive nel suo [mar_dx] libro Il gioco di Lollo, in cui è suo figlio Lorenzo, in un certo senso, a raccontarci questi sei lunghi anni. Fatti di privazioni, ancora minacce, paure, intimidazioni, ma anche di grandi soddisfazioni. L’arresto di 32 componenti del clan Spada, la fierezza negli occhi dei suoi figli e della sua famiglia ed il coraggio che ha trovato la sua Ostia, finalmente, di rialzare la testa.
Perché, molto spesso, la penna riesce ad essere più forte della Spada.