Il 2020 sarà l’anno dell’acquedotto romano delle Luci? La mostra organizzata negli ultimi giorni del 2019 da Italia Nostra e cooperativa Parsifal ha visto passare per la sala Mattioli circa un migliaio di persone che sono rimaste affascinate – e forse hanno scoperto per la prima volta – dalle immagini che raccontano un decennio di esplorazioni all’interno dell’acquedotto costruito dai romani duemila anni fa e che, fino a qualche decina di anni fa, approvvigionava di acqua la città.
Le esplorazioni, per poter ricostruire l’esatto percorso del condotto sotterraneo, il posizionamento dei suoi pozzi – le Luci, appunto – lo stato di conservazione dell’opera, in questi anni sono state sostanzialmente lasciate alla buona volontà degli archeospeleologi. Marco Rapino e Fabio Sasso a più riprese, si sono calati all’interno dell’acquedotto percorrendone alcuni tratti e producendo – in alcune occasioni insieme a Guglielmo Di Camillo – una preziosa documentazione video-fotografica. Ma ci sono tre aspetti, di pari valore e non più rinviabili, che richiedono una svolta nelle attività.
[ads_dx]La tutela storica. Quelle dell’acquedotto sono pietre vive, che narrano una storia di duemila anni fa. L’acquedotto costruito dai romani per portare l’acqua nell’antica Histonium ha resistito al trascorrere dei secoli e degli eventi (gli acquedotti moderni collassano in molto meno) e, nei tratti fin qui esplorati, si mostra in un buon stato di conservazione. L’acquedotto può divenire un punto di attrazione per il turismo storico-culturale, per le scolaresche, per chi è appassionato alla storia ma anche agli aspetti dell’ingegneria idraulica. Esistono punti che permettono anche ai non esperti di scendere giù (così come avviene nell’acquedotto ipogeo di San Salvo)? Forse sì, ma è necessario proseguire nell’attività espolorativa così da mappare esattamente tutto il tracciato.
La prevenzione del dissesto idro-geologico. Nell’acquedotto scorre ancora – come testimoniato dalle immagini – tanta acqua. Dopo la villa comunale non si ha certezza di dove, oggi, l’acquedotto vada a finire. Ma l’acqua continua il suo percorso e finisce con il disperdersi nel sottosuolo. Non è un caso che, negli ultimi anni, ci siano state una serie di criticità proprio nella zona della villa comunale dove si interviene sul dissesto senza però prendere in considerazione la presenza dell’acqua che scorre nel sottosuolo e, a un certo punto, si disperde.
Il recupero dell’acqua. Aquilano, anche nella recente crisi idrica nel periodo natalizio, ha rilanciato una proposta: perchè non recuperare tutta l’acqua che scorre nell’acquedotto delle Luci? Potrebbe essere impiegata per usi non potabili evitando così di consumare una buona quantità di acqua trasportata dall’attuale acquedotto, viste tutte le criticità che persistono nella gestione della preziosa risorsa idrica.
In occasione della chiusura della mostra il sindaco Francesco Menna ha espresso apprezzamento per l’opera portata avanti da Italia Nostra – che ha lanciato anche una raccolta fondi per sostenere l’attività di ricerca – e Parsifal, annunciando che nel 2020 ci sarà pieno sostegno da parte dell’amministrazione – così come c’è già quello della Soprintendenza – per proseguire nelle esplorazioni e dare finalmente impulso al recupero e alla valorizzazione di un “magnifico monumento”. Parole accolte positivamente da chi, nel tempo, si è appassionato alle vicende dell’acquedotto romano delle Luci e che ora ci si attende possano divenire azioni concrete.