Spesso ci troviamo a raccontare le storie di giovani che partono da questo territorio e, con tanto impegno e passione, portano avanti importanti percorsi professionali nei luoghi che li accolgono. Allo stesso modo, però, ci sono tanti giovani che scelgono di restare e, con altrettanto impegno e passione riescono a conquistare importanti traguardi personali e nel mondo del lavoro ma che, spesso, non trovano la meritata valorizzazione. Nasce così il filone “Quelli che… restano”, per incontrare gli under 40 che, nel nostro territorio, si danno da fare ogni giorno per la loro crescita e, perchè no, per quella di questo lembo a sud dell’Abruzzo.
Ezio Scifo, ingegnere di 32 anni di Monteodorisio, è da poco meno di due anni il plant manager (capo di stabilimento), della Primo srl di San Salvo, una delle tre aziende – con Pilkington e Bravo – del gruppo Nsg a piana Sant’Angelo che si occupa della produzione di vetri per auto speciali e che, lo scorso anno, ha festeggiato i 10 anni di vita.
La formazione. “Mio padre ha un’officina meccanica e, dandogli una mano, sin da piccolo ho sempre visto la meccanica dal punto di vista operativo”. Nella scelta della scuola superiore l’idea era quella di vedere le cose dal punto di vista elettrico così da scoprire qualcos’altro. Così, al Mattei, al terzo superiore è arrivata la scelta dell’indirizzo elettrotecnica. “C’è stato però un episodio particolare che mi ha fatto capire che quella poteva essere la mia strada indirizzando poi anche i miei studi universitari. Al quarto vinsi le Olimpiadi dell’Elettrotecnica, prima nella fase d’istituto, poi quella regionale e successivamente andai per la competizione nazionale vicino Pordenone. È stata una bellissima esperienza che mi ha lasciato il segno”. Così è stata semplice la scelta di iscriversi a ingegneria elettrotecnica a L’Aquila. “I miei genitori non hanno fatto mai mancare nulla a me e i miei fratelli, con il loro impegno ci hanno permesso di seguire la nostra strada. Io ho affrontato questo percorso con grande responsabilità e gli studi sono andati sempre bene”, racconta Ezio che, nel capoluogo, ha vissuto anche il periodo del terremoto, proprio nell’anno della sua tesi.
L’inizio dell’esperienza lavorativa. Dopo la laurea, a dicembre 2009, ad aprile 2010 l’ingresso in Pilkington. “Era un periodo in cui l’ingegneria del gruppo ha inserito figure professionali che potessero dare un contributo dal punto dello sviluppo elettrotecnico”. Per il giovane ingegnere è stato “subito un colpo di fulmine. Ho trovato persone che mi hanno aiutato e che hanno creduto in me, dandomi la possibilità di mettermi in gioco. Già dopo qualche mese mi sono trovato a dover affrontare un progetto grande come la caldaia di cogenerazione del forno float. Poi ho iniziato a seguire la progettazione in giro per il mondo. Di fatto, quattro dei primi cinque anni in azienda li ho vissuti all’estero tra Polonia, Messico, Germania, Stati Uniti”. Un percorso che l’ha portato a vivere lontano da casa e dagli affetti, con una famiglia che si stava formando – Scifo è sposato e ha due bimbe – “ma che mi ha fatto comprendere il sacrificio, l’importanza dello spirito di gruppo. Non è semplicissimo ma lo fai investendo su te stesso per il bene della famiglia”. Si è rivelata di grande aiuto l’esperienza fatta ai tempi delle superiori. “In estate ho sempre lavorato in diverse attività impegnative, tra azienda e cantiere. E il caso ha voluto che avessi già lavorato in Primo, come carrellista, nell’estate post diploma”. In Pilkington ha vissuto i passaggi come progettista elettrico, coordinatore di cantiere – soprattutto per la parte della distribuzione elettrica -, poi come design coordinator (coordinatore tecnico dei progetti) e poi come project manager per due progetti a San Salvo e in Spagna. “In quel periodo sono entrato in contatto con l’ex direttore di stabilimento Walter Schmidt e l’ex direttore di stabilimento di Primo, Dino Di Nocco. Mi chiesero se volessi passare in produzione. Non era semplice decidere perché io sono un tecnico ed ero molto appassionato dal lavoro che stavo facendo. L’ho presa come una opportunità per essere più vicino alla famiglia e valutando che, essendo questa un’azienda manifatturiera, ci fosse maggiore possibilità di crescita”.
Il cambiamento. “E così mi sono messo in gioco. Ma è stato difficile, soprattutto il primo anno”. Con il passaggio a Primo “ho ricominciato da zero, non conoscevo nessuno in maniera approfondita, nessuno sapeva cosa avessi fatto prima nel mio percorso. Sono ripartito con tanta umiltà e voglia di imparare. Un conto è l’ingegneria, un altro sono la produzione e la tecnica della produzione”. Dopo un anno c’è stata una nuova opportunità, con la promozione da plant engineer – che si occupa della parte tecnologica dell’assemblaggio e sala wiring – a plant production leader (PPL), figura di riferimento per la produzione. “Questo è un bello stabilimento, ci sono 230 persone e si fa un prodotto speciale, l’incarico da PPL è stato il primo ruolo di responsabilità dopo il mio ingresso qui”. Ma, dopo appena 6-7 mesi, si è presentata l’opportunità di diventare plant manager, il capo dello stabilimento. “Michele Marchesani, che era il plant manager, è stato chiamato a ricoprire un incarico nello stabilimento principale (Pilkington) e mi chiesero di assumere questo incarico. Per me, all’epoca 30enne, voleva dire essere forse il più giovane plant manager del gruppo, avere la responsabilità su 230 famiglie in un periodo estremamente complesso”. Così, da aprile 2018, per Scifo è iniziato un altro percorso. “In questi anni Primo non si è quasi mai fermata. Abbiamo avuto dei picchi altissimi perché abbiamo sviluppato nuovi prodotti, dei periodi un po’ più calmi. Nell’ultimo anno stiamo sviluppando tantissimi modelli. Tanto per citarne alcuni, qui realizziamo i parabrezza per Ferrari e Porsche. Inizialmente c’era qualcuno che mi diceva di desistere perché poteva essere un ruolo troppo importante per la mia età ma io non ho mai avuto timore di niente e ho accettato la sfida. Lavorando su 21 turni, quando ci sono problemi, non esistono giorni e orari. Devi essere predisposto a questo tipo di attività e avere un team che ti segue. La forza, non solo di Primo ma di qualunque altra realtà aziendale, è il gruppo, non è la singola persona. Io devo essere un facilitatore degli operativi facendomi carico dei problemi del mondo esterno e risolvendo cose che a loro farebbero solo perdere tempo. In questo periodo sono arrivati molti risultati belli, tante soddisfazioni. L’anno scorso abbiamo toccato il record storico di Primo producendo quasi 44mila parabrezza wirizzati in un mese. Andiamo avanti a testa alta”.
A casa o all’estero? “Nel mio percorso non ho mai chiesto qualcosa. Sono convinto che devi lavorare, costruire e poi le cose arrivano“. In questi anni ha avuto la possibilità di girare il mondo, di conoscere tante realtà interessanti che potrebbero anche rappresentare un’alternativa professionale. “Io sono di Monteodorisio, metà famiglia è siciliana ma essendo nato e vissuto in Abruzzo mi sento appartenere al 100% a questo territorio. Quando si fanno delle scelte bisogna mettere diversi fattori sulla bilancia. Innanzitutto capire se stai bene nel luogo dove lavori. Io credo molto nei valori e per me tutte le persone con cui ho lavorato qui hanno rappresentato per me una seconda famiglia. La Pilkington è un luogo fatto di persone, non di numeri, è un’azienda che ha dei valori e dei principi e crede nelle persone, aiuta nei momenti di difficoltà, qualora ce ne fosse la necessità. Si riesce a parlare, si affrontano i problemi in team e questo permette di andare avanti. Ma è anche la cultura della nostra terra che ci permette di essere così. Guardando all’aspetto economico sicuramente in Italia il regime retributivo non è quello dell’estero ma ci sono tante altre cose da prendere in considerazione come lo stile di vita, dove vuoi far crescere i tuoi figli, dove immagini la tua vita un domani. Certo, passare all’estero solo qualche settimana o qualche mese non ti permette di valutare bene i pro e i contro. Ma io vedo in questa zona un luogo per far crescere i miei figli, poi una volta grandi saranno loro a fare la loro strada”.
Fare le cose per bene. Le difficoltà che vivono le aziende del settore auto sono ormai note. Ma, se sulle condizioni esterne si può fare poco a livello locale, molto si può fare a livello “interno”, come nuovo impulso del territorio. “Per chi entra nel mondo del lavoro bisogna capire che la famosa gavetta esiste e va fatta mettendosi a disposizione. In un momento di difficoltà va dato un colpo di coda al reale fabbisogno del lavorare in emergenza. Su questo noi italiani siamo bravi ma dobbiamo riuscire a mantenere l’equilibrio e far crescere il sistema. Quando si sviluppano prodotti per clienti importanti la qualità deve essere ai massimi livelli. Diciamo che San Salvo è lontana dall’Europa ma la profittabilità – che permette di stare sul mercato – sta nel valore aggiunto, nel fare bene le cose la prima volta e nel fare qualità seriamente mantenendo la costanza. Internamente la mentalità sta profondamente cambiando orientandosi alla qualità. Se pensiamo che prima avevi un lotto di produzione che iniziava il lunedì e finiva il venerdì, oggi nello stesso periodo fai 12 cambi di produzione, si comprende bene che adattarsi a quel tipo di richieste non è semplice. Però si sta andando in quella direzione. Venire a lavorare con uno stimolo nel fare qualcosa di meglio, nel dare il proprio contributo all’azienda piuttosto che fare 8 ore la stessa operazione cambia tanto. Stiamo facendo di tutto per rendere le persone partecipi, per farle collaborare, per far pensare che la mia azienda deve crescere per stare aperta 100 anni così da dare opportunità ad altri. Lavoriamo in un mercato con una variabilità che fa spavento, con continue richieste di alzare l’asticella della qualità. Noi ci dobbiamo adeguare alle richieste con la consapevolezza che sopravvive più a lungo chi si adatta meglio ai cambiamenti”. Importante può essere l’azione fatta dalla scuola. “Ha un ruolo molto importante ma dovrebbero iniziare a lavorare in maniera più pratica. Oggi quante figure professionali escono dalla scuola e sono in grado di entrare nel mondo del lavoro? Lo stesso vale anche per l’università. La vicinanza col mondo del lavoro deve essere massimizzata per capire quelli i sacrifici che si fanno, come funzionano le aziende. Noi stiamo cercando di farlo con l’alternanza scuola-lavoro ma è chiaro che riesci a prendere solo una piccolissima parte di persone. Possono essere importanti anche le testimonianze per dire ai ragazzi che, nella vita, non arriva tutto subito e da solo”.
Il futuro. In un percorso professionale in crescita c’è molta attenzione alle cose da fare piuttosto che gettare lo sguardo troppo in là. “Sono giovane e magari posso aspettarmi un percorso di crescita qui, o magari esperienza limitata in qualche altro plant del gruppo. Ma, qualunque cosa arriverà, non bisogna mai tirarsi indietro e spaventarsi. Se anche dovessero chiedermi esperienze di qualche anno all’estero continuerò a mettermi in gioco per quello che l’azienda mi proporrà e mi prospetterà, consapevole che tutto rappresenta un’opportunità professionale e, perchè no, di vita. Ma oggi corriamo tutti insieme per questo plant giovane e che vuole continuare a crescere”.
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