Tabelle costantemente sotto gli occhi dei sindaci che preoccupano e non poco. Sono quelle della popolazione residente che testimoniano lo svuotamento dell’entroterra e – per la prima volta dopo anni – un rallentamento della crescita delle due città di riferimento, Vasto e San Salvo.
Borghi caratteristici che racchiudono bellezza e autenticità difficili da trovare nei centri più grandi, ma che faticano a tenere sul posto i propri abitanti e risentono di un saldo naturale costantemente in rosso.
I dati sono quelli dell’Istat (aggiornati al giugno 2019, gli ultimi disponibili) che, analizzati nel periodo giugno 2012-giugno 2019, raccontano di una piaga dalla difficile cura. C’è da precisare che questi numeri si riferiscono alla popolazione residente e non tengono conto di alcune variabili (i residenti che abitano altrove o, al contrario, chi abita in uno dei comuni citati ma risulta residente in altri centri), ma riescono tuttavia a delineare il trend generale. In fondo all’articolo è possibile leggere i dati ordinati per variazione percentuale e valori assoluti.
[ant_dx]QUOTA MILLE – Innanzitutto, c’è la soglia psicologica dei mille abitanti: nel Vastese solo 10 Comuni su 31 (in questa analisi abbiamo inserito anche Torino di Sangro, geograficamente al confine) superano tale quota, gli ultimi a perdere la fascia nei 7 anni citati sono stati Furci (886), Montazzoli (913), Fresagrandinaria (949) e San Buono (936).
PERCENTUALI IMPIETOSE – Il drastico calo è ancora più evidente adottando come criterio la variazione percentuale di questi anni.
San Giovanni Lipioni ha perso ben il 29% della popolazione attestandosi alla metà del 2019 a soli 150 residenti, numero che oggi lo rende il comune più piccolo del territorio. Subito dopo c’è Fraine con il -21%, scesa sotto quota 300 (297); al terzo posto di questa classifica Tufillo con il -19% (368 residenti al giugno 2019) nonostante possa contare, rispetto ai primi due, su una posizione migliore nel territorio (vicinanza con la costa, accesso alla “Trignina”). Seguono Carpineto Sinello e Furci (-16%, rispettivamente 545 e 886 residenti), Dogliola e Schiavi d’Abruzzo (–15%, rispettivamente 327 e 767 residenti).
LE SORPRESE – Ragionando in termini assoluti, non senza sorpresa, è Casalbordino ad aver perso il numero maggiore di residenti in 7 anni: 296 (-4%). Subito dietro ci sono due centri dell’entroterra: Gissi con 238 residenti persi (-8%) e Scerni con 214 (-6%). Castiglione Messer Marino, invece, è il primo tra i centri dell’Alto Vastese con 212 residenti in meno dal 2012 (-11%). Quinto posto, come nell’altra classifica, per Furci con un -178 pari al 16% in meno di popolazione residente.
NATALITÀ ZERO – Qualche giorno fa, le campane hanno suonato a lungo a festa a Dogliola. Il motivo è presto detto guardando le stesse tabelle Istat: il numero delle nascite pari a zero per diversi comuni. Nei primi sei mesi del 2019 non sono nati bambini a San Giovanni Lipioni (a fronte di 2 morti), Fraine (5 morti), Dogliola (3 morti), Castelguidone (3 morti), Lentella (9 morti) e Palmoli (14 morti); una sola nascita a Tufillo (8 morti), Guilmi (4 morti), Carpineto Sinello (2 morti), Casalanguida (9 morti), Villalfonsina (10 morti) e Roccaspinalveti (12 morti).
LA COSTA A RILENTO – A reggere – al netto della sorpresa Casalbordino – sono i “soliti noti”: Vasto e San Salvo con un +6% in 7 anni (rispettivamente 2318 e 1123 residenti in più, più del dato nazionale fermo a uno scarso +1%), Cupello e Torino di Sangro rimaste praticamente invariate alle quali si aggiunge, nell’entroterra, Carunchio (che, tra le diverse variabili, ha potuto contare anche sulle residenze dello Sprar).
Se nell’arco temporale 2012-2019 il saldo fa registrare il segno “+”, i primi 6 mesi del 2019 per ora anticipano una chiusura dell’anno in negativo per entrambi i poli attrattivi di questo territorio. Un dato che sorprende considerando anche che per Vasto nel periodo analizzato c’è solo un precedente: nei primi sei mesi del 2013, con uno scarto di poche unità. Nella prima metà del 2019 la città ha fatto registrare 140 residenti in meno. San Salvo, invece, già aveva chiuso il 2018 con un saldo negativo e a giugno 2019 la popolazione residente si attesta a 20.087 con una perdita di 84 unità da gennaio.
LE CONSEGUENZE – Scarsa natalità, assenza di servizi, lavoro, difficoltà di collegamento: complesso realizzare una mappa puntuale delle cause che portano alla fuga dall’entroterra e degli altri centri del Vastese e impossibile elencarle tutte in un unico articolo.
Certo è che le zone interne si svuotano e chi rimane (o amministra) deve far i conti con le numerose conseguenze come l’abbandono e la mancata manutenzione delle abitazioni, i terreni incolti, e, soprattutto, la perdita dei servizi legati ai numeri. In primis le scuole che non hanno e, in prospettiva, sempre più difficilmente avranno gli alunni per restare aperte (basti pensare ai comuni che chiuderanno l’anno con zero nascite: una classe assente per i vari gradi di istruzione).
Qualche mese fa, la Regione ha salutato con favore il finanziamento Inail di 4 milioni e mezzo di euro per il polo scolastico nella vallata del Trigno che dovrebbe ospitare gli alunni di Celenza sul Trigno, Palmoli, Carunchio, Tufillo, Torrebruna e San Giovanni Lipioni. Si parla di una capienza per 305 studenti, un numero semplicemente irrealistico con questo trend che rischia di battezzare, prima della nascita, come cattedrale nel deserto la struttura.
I RIMEDI – Lo scenario delineato, come visto, non è dei migliori. Da tempo si discute di contromisure, ma gli effetti tardano a vedersi. Bisogna rassegnarsi all’abbandono progressivo di questi centri? Qualche segnale incoraggiante c’è come il trasferimento in pianta stabile di inglesi e americani in alcuni dei nostri centri (Palmoli, Carunchio, Tufillo) e l’emigrazione di ritorno di Guilmi, ma è ancora troppo poco e non può bastare.
“Una questione ormai culturale – ci dice il sindaco di Tufillo Ernano Marcovecchio – I nostri paesi non riescono ad avere quell’appeal per far restare le persone. Quella di andare via è una scelta legate alle aspettative di vita che ognuno ha, se si vedono i benefici dei grandi centri e non quelli di uno stile di vita diverso nei piccoli comuni, difficilmente la tendenza si invertirà”.