“Tutti immaginiamo un’isola che non c’è, un’utopia” così Claudio Gaspari ci spiega il titolo di una sua famosa scultura che si trova sul lungomare di Termoli chiamata, appunto, “Utopia”. Si tratta di una scultura in marmo che ritrae una barchetta di carta che naviga sul mare, già di per sé, quindi, utopistica.
“L’idea mi è venuta giocando con gli origami insieme a mia figlia, Giada, di otto anni adesso” ci spiega Claudio, “era un periodo in cui facevo tante barchette di carta insieme a lei e, proprio in quel frangente, venni invitato a Termoli per un simposio di scultura. Il tema era il mare”.
Mostrandoci diverse sculture appartenenti a diversi periodi della sua vita Claudio ci racconta quelle che sono state le tappe fondamentali e le ispirazioni per i suoi lavori. L’istituto d’arte da ragazzo, poi l’Accademia di Belle Arti a Urbino. Infine, il ritorno nella terra natìa, San Salvo.
“È stato un po’ traumatico tornare qui, all’epoca”, ci dice con un mezzo sorriso “qui a San Salvo non c’erano nemmeno blocchi di pietra o marmo da poter scolpire. Però c’erano i cordoli dei marciapiedi. Una notte, tornando da una serata coi miei amici vedo un pezzo di pietra di un marciapiede rotto. Ho fatto fermare la macchina dei miei amici per caricare la pietra. Mi piaceva l’idea di rendere un materiale così freddo e duro, morbido. Come se si potesse attorcigliare. Nei miei lavori, infatti, c’è sempre dinamicità e movimento”. Così, da un blocco di pietra trovato per strada, inizia la vera esperienza di Claudio Gaspari nel territorio abruzzese.
Nei suoi primi periodi a contatto con la materia, Claudio si interfaccia con materiali diversi. Si collega al filone del ready-made riutilizzando vecchi arnesi derivanti dall’agricoltura per creare sculture dalle dinamicità inaspettate, con movimenti eleganti e sorprendentemente leggeri. E poi arrivano le sculture di terra cotta, di legno, fino al recentissimo studio più iconografico delle barchette. Su un lato del garage in cui Claudio solitamente lavora e sistema i suoi attrezzi, sono infatti disposte diverse tele con un unico tema: barchette di carta che navigano in mari calmi. Ma non solo. Claudio si è dedicato anche a studi che ritraggono barchette accartocciate e buttate sul ciglio di una strada, ad ottenere quasi un effetto tridimensionale incredibilmente realistico.
I supporti utilizzati per questo tipo di opere sono tele, ma anche pannelli di legno e cartonati. Non sempre, inoltre, il colore (olio o acrilico) è spalmato in modo lineare sulla tela. Alcune opere sono realizzate infatti con la tecnica del bassorilievo, a fornire quindi una bidimensionalità dinamica e impattante delle opere. Quasi non si capisce se le fragili (forse) barchette di carta stiano navigando sul mare dipinto da Claudio o fuori dalla tela, protratte verso di noi.
I mari di Claudio sono mari calmi e minimalisti, dove il colore trova una sua collocazione all’interno di una tela tagliata a metà da sottilissime righe d’orizzonte, bagliori di forse altri mondi, altri territori inesplorati. Nell’incertezza dei colori tenui lo spettatore è quasi portato a chiedersi “Ce la farà ad arrivare in un porto sicuro, oppure affonderà prima, come accade alle barchette di carta lasciate a mollo nell’acqua?”.
“Mi piace lavorare nell’ordine, in modo da sapere dov’è ogni cosa che potrebbe servirmi. In più, ho una valigia con altri attrezzi che sposto all’occorrenza nei luoghi dove ho necessità di andare a lavorare”. Effettivamente, le opere sono tutte collocate ordinatamente, quasi in circolo, rispetto ad una scultura centrale in ciliegio che Claudio ci dice sta per abbandonare il garage. Gli attrezzi sono riposti tutti con cura e i bozzetti in argilla riposano placidamente su uno scaffale a loro riservato. “I bozzetti in argilla li faccio in casa, con mia moglie e mia figlia intorno. Prendo ispirazione anche dalla mia famiglia”. Claudio ci anticipa, facendoci vedere proprio il bozzetto da cui è derivata, che una sua recente opera verrà prossimamente installata nella città di San Salvo, mentre le altre sue opere, specialmente le barchette, potrebbero venire esposte in mostra nei prossimi mesi.
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Foto a cura di Giuseppe Ritucci