Carolina oggi è una 19enne romana che ha negli occhi la voglia di vivere, imparare e, perché no, essere d’esempio. Ma a 11 anni, Carolina ha iniziato un percorso di devastazione, fatto di droghe e sballo, da cui è riuscita ad venir fuori solo grazie ad amiche amorevoli, genitori attenti ed alla comunità di San Patrignano, dove è entrata ancora da minorenne.
Un percorso lungo, difficile, faticoso, che oggi l’ha portata ad essere una sorta di testimonial che, insieme alla giornalista Angela Iantosca, autrice del libro “Una sottile linea bianca”, ed altri ragazzi come lei, gira scuole e teatri per raccontare la propria esperienza e sperare che le sue parole possano essere d’aiuto a quei giovani che oggi si sentono persi e credono che lo sballo possa essere l’unica soluzione.
“A 11 anni ho iniziato con le canne a casa delle amiche, quasi fosse uno scherzo. – racconta Carolina dal palco del teatro Fenaroli, per il progetto di sensibilizzazione We Free – Ho iniziato ad isolarmi, a fregarmene della scuola, della famiglia, fino ad arrivare alla cocaina. Insomma, ero davvero persa”. Una storia senza dubbio forte che ci proietta in un mondo adolescenziale fatto di silenzi, fragilità, paure e voglia di essere accettati. E come fare per essere accettati e dimenticare le sofferenze e le difficoltà di ogni giorno? Farsi, farsi e strafarsi, fino a stare male, a non riconoscersi più, sul filo di un burrone che separa la consapevolezza dallo sballo, la presa di coscienza dalla devastazione, la vita dalla morte.
“Oggi posso dire di essere stata fortunata – dice ancora Carolina – perché ho avuto amiche attente e genitori presenti che mi hanno ‘ripresa’ in tempo e spedita a San Patrignano. Io non volevo andarci, neanche a dirlo, io non stavo così male, mi dicevo, ma poi mi sono arresa. E da lì ho ricominciato a vivere. Piano piano, un passo alla volta, – spiega non senza difficoltà – in quel clima che si respira solo lì, finalmente sono riuscita a guardarmi dentro, a capire le motivazioni che mi avevano spinto a tanto e, di conseguenza, dire che non l’avrei fatto più, davvero, per rispetto di me stessa, di chi mi stava attorno e del percorso che avevo fatto”.
“Il trucco migliore è non provare nulla”, dice oggi Carolina ai suoi coetanei. E se ha trovato la forza, anche con le mani che tremano, di raccontare la sua storia da un palco, è perché ha la speranza che possa essere d’aiuto a quanti oggi si sentono persi e credono che le fragilità possano essere superate con lo sballo. “Dovremmo iniziare ad ascoltarci di più – dice – e a trovare il coraggio di dire ‘ho un problema, ho bisogno di una mano’. Non c’è nulla di strano in questo, anzi. Ritroviamo il dialogo, la forza di sognare e di credere in noi se stessi, perché il mondo che vorremmo dipende da noi”.
Carolina è tornata a casa, da San Patrignano, la scorsa estate. Ha concluso la scuola superiore e si è iscritta al Dams, con il sogno di diventare una scenografa, ma chi può dirlo, a 19 anni la vita è tutta in divenire. [mar_dx]