314 esemplari morti a seguito di incidenti rinvenuti in tre anni e mezzo nel Vastese, 160 nel Lancianese, 66 nel Chietino. I numeri parlano chiaro: è a Vasto e dintorni che si rischia maggiormente di avere spiacevoli incontri ravvicinati con i cinghiali in strada alla guida della propria auto.
Non è più un’impressione, la certificazione arriva dal dipartimento Prevenzione della Asl Lanciano Vasto Chieti, diretto da Giuseppe Torzi, che ha condotto uno studio prendendo in esame il periodo 1° gennaio 2016 – 30 giugno 2019. Su 540 esemplari morti, ben oltre la metà è stata rinvenuta nel Vastese; per la cronaca, l’ultimo caso c’è stato ieri sera sulla Statale “Trignina” in territorio di Dogliola [LEGGI]. Un conto che in qualche modo è al ribasso cosiderando i casi in cui il cinghiale resta solo ferito e fugge o muore lontano dal luogo dell’incidente senza essere rintracciato.
VASTO LA PIÙ COLPITA – A guidare il primato per singole località c’è proprio Vasto, le strade più coinvolte sono la Statale 16 e la Statale “Trignina”: due strade a scorrimento veloce dove gli incidenti possono avere conseguenze ancora più gravi. Nella città più rappresentativa del [ant_dx]territorio sono stati rinvenuti 101 esemplari, seguono Casalbordino con 64 e Torino di Sangro con 32. “Nel Comune di Vasto – dice la Asl – la situazione sembra essere notevolmente peggiorata negli ultimi mesi, tant’è vero che il numero di esemplari morti di cinghiale registrati a partire dall’anno 2018 è tre volte superiore rispetto a quello censito nel 2016 e nel 2017”.
Per quanto riguarda i distretti di Lanciano e Chieti, i Comuni più interessati sono Ortona (28), Fossacesia (20), San Vito Chietino (18) e Lanciano (17). Anche in questo caso, il maggior numero dei decessi si registra lungo le due strade a scorrimento veloce: la SS16 e la SS652.
“Lo studio del dipartimento di Prevenzione ha valutato anche il rischio di collisione con i cinghiali nei singoli Comuni, rapportando il numero di esemplari morti rinvenuti in seguito a incidente stradale all’estensione in chilometri quadrati di ciascun Comune. Nel distretto vastese si confermano come maggiormente interessati Vasto e Casalbordino seguiti da Pollutri e Torino di Sangro. Nel distretto di Lanciano, il Comune in cui si registrano più incidenti è San Vito Chietino seguito da Rocca San Giovanni, Treglio e Fossacesia. Infine, nel distretto di Chieti, il Comune di Ortona è al primo posto seguito da Casacanditella, Sant’Eusanio del Sangro e Villamagna“.
I PERIODI PIÙ RISCHIOSI – Lo studio ha rivelato inoltre il periodo durante i quali si verificano maggiori incidenti “limitato tra marzo e novembre, con picchi ad aprile e maggio”.
“Due le possibili ragioni: da un lato in quei mesi c’è maggiore disponibilità di frutti e ortaggi, con la maturazione di cereali invernali (giugno-luglio) e dei cereali estivi (settembre-ottobre) che spinge i cinghiali selvatici a frequenti spostamenti per la ricerca di cibo; dall’altro le condizioni climatiche più favorevoli e le giornate con più ore di luce determinano l’aumento del numero di autovetture circolanti”.
“Il mese a più alta frequenza di incidenti è maggio perché le femmine di cinghiale che hanno partorito e allattano si spostano in cerca di cibo per via di esigenze alimentari aumentate, e ottobre-novembre, a causa del picco dei calori delle femmine che induce i maschi a percorrere lunghe distanze per accoppiarsi”.
“Il comportamento crepuscolare-notturno del cinghiale, dovuto al disturbo da parte delle persone, fa sì che gli incidenti stradali avvengano prevalentemente di notte: il 62,59% degli esemplari è morto in orari notturni. Il decesso dei rimanenti 202 cinghiali, anche se rinvenuti di giorno, è spesso la conseguenza di incidenti stradali notturni non denunciati dai conducenti al momento della collisione”.
I POSSIBILI RIMEDI – “Osservando la geolocalizzazione dei sinistri – spiega Torzi che ha curato personalmente lo studio insieme ai veterinari Pietro Di Taranto e Alessia Ioannoni del Servizio igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche – si può notare come questi avvengano prevalentemente in zone agricole percorse da strade a scorrimento veloce. Un esempio è dato dal tratto di SS16 attraversato dai cinghiali che, provenienti dalle zone collinari, si dirigono verso la riserva naturale di Punta Aderci, ricca di coltivazioni e con pochi insediamenti umani. Tale riserva è inoltre un’area protetta, limitrofa a una zona aperta alla caccia, verso cui gli animali in fuga si dirigono per trovare rifugio. I nostri dati possono risultare utili alle amministrazioni locali per individuare questi tratti stradali e installare reti di protezione, dissuasori o altri dispositivi in grado di impedire l’attraversamento dei cinghiali”.
L’azienda sanitaria, poi, prendendo come riferimento quanto fatto in altre regioni cita alcune misure che potrebbero garantire maggiore sicurezza sulle strade: “In Emilia Romagna è stato utilizzato un impianto che si basa su sensori di movimento, in grado di rilevare e segnalare la presenza di fauna in prossimità della strada – scrive la Asl – e attivare dispositivi luminosi di allarme per avvisare gli automobilisti di ridurre la velocità, solo in caso di reale pericolo. Altre soluzioni proposte sono la cartellonistica verticale non convenzionale, dissuasori acustico/visivi basati sull’utilizzo di luci a led e in grado di emettere segnali sonori, attivati dai fari degli autoveicoli. Vi sono anche app per smartphone che, utilizzando i dati in archivio, segnalano ai conducenti i tratti stradali a maggiore rischio di collisione”.
Infine, lo studio (inviato anche all’assessore regionale alla Salute, Nicoletta Verì, al prefetto e a tutti i sindaci della provincia) ha evidenziato l’assenza nel territorio provinciale di casi di Trichinella spp., “una zoonosi parassitaria causata dall’ingestione di carne cruda o poco cotta di cinghiale e che può causare febbre e altre reazioni nell’uomo, anche se la situazione va monitorata in Abruzzo poiché negli ultimi anni sono stati registrati tre focolai di trichinellosi a Castel di Sangro e Popoli”.