Seduti o in piedi, nella cattedrale di San Giuseppe non c’è neanche un posto.
Era prevedibile, tant’è che altre 300 persone sono fuori (anche lì le sedie non bastano a far sedere tutti) davanti allo schermo su cui viene proiettata la celebrazione eucaristica per i 25 anni di sacerdozio di don Gianfranco Travaglini che, quando la cerimonia volgerà al termine, prenderà il microfono e scherzerà col suo predecessore, don Giovanni Pellicciotti, il parroco emerito, presente e concelebrante: “Credo si sia confuso. Forse pensava di organizzare la mia ordinazione episcopale”. Messa presieduta dall’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, e dal vescovo dei Marsi, Pietro Santoro, che da queste parti chiamano “don Piero” per i suoi lunghi trascorsi da parroco a San Salvo. Con loro monsignor Scotti, vescovo emerito di Trivento.
Seduti sui banchi della navata: sindaco Menna in fascia tricolore, rappresentanti istituzionali di vari colori politici e tante, tante persone che hanno voluto partecipare al 25° anniversario dell’ordinazione di don Gianfranco: 22 ottobre 1994-22 ottobre 2019, un quarto di secolo trascorso ad aiutare gli altri [guarda il VIDEO dell’ordinazione sacerdotale del ’94]. Anche i parroci gli rendono omaggio con la loro presenza sull’altare.
Monsignor Forte spiega il significato di tre parole: fede, vigilanza e speranza. La prima perché “tu sei un uomo di fede e la tua fede ti ha concesso di donare la tua vita al prossimo”. Poi “la vigilanza è questa capacità di desiderare una sempre più grande presenza di Dio. Tu sei un uomo di carità nella presenza di Dio”. Infine la speranza: “Viviamo in una società stanca e litigiosa. Ognuno è prigioniero del suo particulare. Con la speranza veniamo incontro a colui che ci viene incontro”, perché “la vita è bella e degna di essere vissuta”.
Iniziale emozione, poi l’ironia che è uno degli aspetti più belli del suo carattere, infine il ringraziamento; don Gianfranco non dimentica nessuno, a partire dalle comunità che lo hanno accolto nelle prime tappe del suo cammino sacerdotale: “Lettopalena, Taranta Peligna, Lama dei Peligni e Casoli. A queste comunità sarò grato per tutta la vita. Ero più giovane, ne ho fatti tanti di errori e scelte stravaganti, ma loro non mi hanno mai abbandonato, mi sono sempre state vicine”.
E, al termine della messa, anche i fuochi d’artificio.