“Ma quali 30 minuti! Ma le avete percorse queste strade?”. Mentre sembra sempre più lontana da Vasto la sala emodinamica necessaria a curare con tempestività gli infarti, l’ex primario del pronto soccorso dell’ospedale San Pio, Lorenzo Russo, scrive all’assessore regionale alla Sanità, Nicoletta Verì, e al direttore generale della Asl provinciale, Thomas Schael, per dire che, dal Vastese interno con le sue strade disastrate, non bastano due ore per arrivare alle emodinamiche di Chieti o Pescara e chiede di “dare a Vasto e al territorio frentano una struttura H24 e 7 giorni su 7 con un team esperto di medici e tecnici. Non fosse altro per motivi di giustizia sociale, per salvare vite, per non procrastinare una offensiva disparità di accesso alle cure tra cittadini del Chietino/Pescarese, che hanno la possibilità di essere trattati in 3 emodinamiche (di cui una privata!) e quelli del Lancianese/Vastese, che non ne hanno”.
La lettera – “Gentilissimi dottoressa Verì e dottor Schael,
mi rivolgo a voi perché ‘decisori’ sulla sanità in Abruzzo e, nella fattispecie, sulla sanità nel Vastese.
Prendo spunto dall’articolo apparso il 5 ottobre u.s. su Zonalocale, ove si cita un pronunciamento del professor Colombo circa insensatezza del creare una sezione di emodinamica presso l’ospedale di Vasto in base ai numeri di casistica.
Orbene, le parole del professor Colombo, eminentissimo cardiologo interventista, sono l’enunciazione di dati statistici nazionali, ma non sono il Vangelo. E mi auguro che non lo siano per voi in particolare! Ma, soprattutto, che non siano un paravento del tipo ‘Lo volevo fare, ma non lo posso fare dopo un parere così qualificato’.
Il professor Colombo, a mio sommesso parere e salvo errori od omissioni da parte del giornalista, non ha detto che non si può attivare una sezione di emodinamica a Vasto. Ha detto che, per il bene dei pazienti che affluiscono in una sala di emodinamica, l’èquipe intera deve essere esperta e tale esperienza viene mantenuta se le procedure sono almeno 250 l’anno, per cui è meglio per il paziente aspettare nell’ospedale di prima accoglienza e fare un viaggio di mezz’ora per affidarsi a mani esperte.
L’infarto miocardico acuto (IMA) è tra le patologie tempodipendenti. Ci sarà un motivo!
Tempodipendente significa che la prognosi dipende dalla velocità con cui si fa diagnosi e si inizia ‘la migliore terapia’, quella che comunemente la letteratura scientifica chiama il gold-standard. Per il caso specifico delle cardiopatie ischemiche acute iniziare il più presto la terapia migliore significa ‘salvare miocardio’, cioè evitare di far morire un grosso numero di cellule. Se questo tempo non è cortissimo (meno di 120 minuti in letteratura) il paziente può morire prima di essere sottoposto alla metodica, oppure le possibilità di successo scadono e verrà restituito alla società, con molta probabilità, un soggetto ‘invalido’.
Quindi: fare presto!
E siamo arrivati!
Tutte le volte che il problema dei tempi di trasporto di un paziente con IMA è stato affrontato per il comprensorio vastese, c’è sempre stata una sottostima incredibile dei tempi di percorrenza verso l’hub emodinamico (Chieti) sia da Vasto che, a maggior ragione, dall’entroterra. Io ho avuto sempre l’impressione che chi parlava calcolasse i minuti tracciando sulla cartina una linea retta fra i vari centri e valutasse i tempi di viaggio pensando che le ambulanze percorressero quelle linee disegnate alla stessa velocità dei bolidi sul circuito di Monza.
Ma quale ora! Ma quali 30 minuti! Ma le avete percorse queste strade? Vi sembrano belle, rettilinee e percorribili velocemente?
Il paziente, poi, se è ancora vivo, viene trasportato a Chieti. Autostrada con cantieri aperti permanenti e rallentamenti pesanti! Ma sarà libera la sala per poter procedere? Può capitare, infatti, si dover aspettare, eppure il paziente ha un infarto del miocardio in atto!
E allora questi 120 minuti?
Si può ancora obiettare, se non si ha voglia e determinazione nel realizzare il Servizio, che l’incidenza sarebbe di poche decine di casi e, quindi, si realizzerebbe un qualcosa anche di antieconomico!
Allora: per la propria allocazione geografica (estremo sud della Asl), l’emodinamica di Vasto drenerebbe anche l’area del Lancianese (tempo di percorrenza Lanciano-Vasto: 22 minuti) e già solo così si giungerebbe a circa 150 casi fra IMA, STEMI e NSTEMI. Tutti gli abitanti del vicino Molise i cui paesi affacciano sulla vallata del Trigno giungono molto più velocemente a Vasto che non nella vicina Termoli, concretizzandosi una incidenza antropica totale di circa 150mila utenti ed una positiva mobilità attiva. E verrebbe recuperata, altresì, la mobilità passiva per la diagnostica (coronarografie, eccetera). Sono tutte metodiche che farebbero toccare i fatidici 250/anno.
Come si vede, la fredda ed arida logica dei numeri può e deve piegarsi ad una ragionevole contestualizzazione e alla valutazione dei singoli casi.
A voi decisori, stratega e tattico rispettivamente, il compito di dare a Vasto e al territorio frentano una struttura H24 e 7 giorni su 7 con un team esperto di medici e tecnici. Non fosse altro per motivi di giustizia sociale, per salvare vite, per non procrastinare una offensiva disparità di accesso alle cure tra i cittadini del Chietino-Pescarese, che hanno possibilità di essere trattati in tre emodinamiche (di cui una privata!) e quelli del Lancianese/Vastese, che non ne hanno!
Volere è potere. Non vi fermate ai numeri! Non vi fate accalappiare nella loro arida rete. Un assessore alla Sanità ‘ragioniere’ l’abbiamo già avuto e nessuno lo rimpiange da queste parti! La Sanità non può e non deve essere fatta solo con i numeri, va fatta con cuore e slancio umano e, in questo caso, ancora di più perché si tratta di una struttura SALVAVITA!!!
Ai tavoli di controllo battetevi come leoni per l’ospedale di Vasto! So che ne siete capaci. Ce lo meritiamo come medici, che si sono battuti e si battono tutti i giorni come leoni, e come cittadini che non vogliono privilegi, ma essere come gli altri.
Un bellissimo proverbio spagnolo recita: ‘Una cosa è parlare di tori, altra cosa è trovarsene uno di fronte nell’arena’. Ecco: chapeau al professor Colombo che ha parlato, però, di una realtà territoriale che non può conoscere, io, invece, vi invito a fidarvi di chi, come me, il toro se lo è trovato tutti i giorni di fronte! Buon lavoro!. Dr. Lorenzo Russo”.