Breve riflessione sul pensiero del Prof. Emanuele Felice durante il Book & Wine di Vasto e riportato in questo giornale , stranamente attaccato sui social, affinché se ne continui a parlare.
Non ho le competenze del professore o dell’economista, solo l’esperienza da imprenditore di una piccola impresa che vive nel mercato, come tante altre, oltre alla fortuna di poter pubblicare un pensiero su questo giornale. La dichiarazione in questione intanto a me pare coraggiosa, perché propone una soluzione pragmatica, nitida e chiara.
Breve aneddoto di qualche giorno fa in Piazza Rossetti a Vasto: coppia con bambino che avrà avuto 7-8 anni che acquista un (n.1) gelato “grande”, di quelli da 3 euro circa e che, appena fuori dalla gelateria, distribuisce in altre due coppette, estratte agilmente dalla borsetta attrezzata. Ciliegina sulla torta – siamo in Piazza del Popolo – il ragazzino butta per terra le salviette del gelato dopo averle fatte a pezzettini.
È complicato definire il “turismo di qualità”, forse è più semplice descrivere cosa non lo è. Oppure – approccio venale ma scientifico – dei professionisti possono stimare il pil generato mediamente dal turista, di stagione in stagione.
E poi – sempre dalle dichiarazioni del Prof. Felice – perché “puntare sulle ricchezze eno-gastronomiche”? Probabilmente è un modo intelligente per capitalizzare ciò che già abbiamo (cibo, usanze, trabocchi, microclima ecc.) evitando di costruire ciò che non abbiamo, rischiando, come sta avvenendo con alcuni grandi eventi (personalmente tifo fino alla morte perché il Jova Beach Party si svolga).
Dunque continuare ad inseguire o far fruttare ciò che abbiamo già?
Il cambiamento è auspicabile, ma è un percorso lungo e complesso, che devono percorrere gli operatori del settore – più che la politica e gli amministratori – agendo però con la prospettiva dei prossimi 10-15 anni e in assetto di rete operosa, da soli non si va lontano. Investendo sulle nuove generazioni e incentivando le startup innovative, praticamente impalpabili o assenti. Difficile che bastino i lampi dei Siren Festival o i Jova Beach Party.
Non vorrei semplificare in eccesso, ma il pensiero del Prof. Felice suona coerente con quanto si ascolta al bar o sotto l’ombrellone, quando si parla delle opportunità non colte del turismo.
Viene allora da domandarsi se esistono e se sono già all’opera associazioni, consorzi, DMC, reti d’impresa e ogni altra forma di soggetto deputato a questi scopi: definire una “direzione strategica” della nostra destinazione turistica, individuandone il target di riferimento, coordinando campagne pubblicitarie efficaci e probabilmente molto, molto altro. Per destinazione turistica si intende un territorio regionale che racchiude più comuni, come ad esempio la stessa costa dei trabocchi, un brand prezioso, un pozzo inestimabile di Valore per il comparto turistico, a patto che lo si gestisca con approccio professionale, sistematico e con piani a lungo termine.
Anche se non si vedono molte tracce in giro (dibattiti, convegni, tavoli tecnici, percorsi formativi per le nuove generazioni, startup, reti di fatto, ricerche di mercato, studi statistici e volendo molto altro), insieme alla maggior parte dei cittadini di questa terra, spero vivamente di essere smentito non tanto da parole, ma da fatti concreti che portino in 5-10 anni il Vastese, come dice il Prof. Felice, a crescere diventando meta turistica “che non ha rivali lungo la costa abruzzese.” Si può fare, conviene farlo.