Caserta, Avellino, Acerra, Caivano, Giuliano, Cerignola, Barletta, Frosinone. Sono solo alcune delle località extra-consortili dalle quali negli anni 2017 e 2018 sono arrivati i rifiuti finiti nella terza vasca del Civeta gestita dalla Cupello Ambiente e per i quali, secondo la Procura della Repubblica, non c’era la dovuta autorizzazione. Secondo le carte dell’inchiesta portata avanti dal procuratore della Repubblica Giampiero Di Florio, ammonta a 78.540 tonnellate l’immondizia portata nell’invaso gestito dalla Cupello Ambiente in quei due anni.
Ora, l’inchiesta s’allarga e valuterà le posizioni delle singole ditte che si sono occupate del conferimento in discarica. Oltre alla provenienza, infatti le indagini dei Noe hanno cercato di appurare anche la qualità dell’immondizia che dovrebbe rispondere al codice Cer 19.12.12: “altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti”. Secondo alcune indiscrezioni, e come era possibile notare anche a occhio nudo, nella terza vasca sarebbero stati conferiti anche scarti non trattati meccanicamente.
[ant_dx]GLI INDAGATI – Per questa vicenda gli indagati sono (oltre alla Cupello Ambiente): Michele Sivestri (legale rappresentante della Sangro Servizi, amministratrice unica della Cupello Ambiente), Fulvio Delucchi (responsabile tecnico designato per la gestione della discarica di Cupello Ambiente), Luigi Sammartino (responsabile tecnico designato per la gestione del polo tecnologico del Civeta) e Franco Gerardini (all’epoca commissario del consorzio e, ancora oggi, responsabile del servizio Gestione rifiuti della Regione). Su quest’ultimo, nelle carte, si può leggere che c’è stata una perfetta coincidenza tra controllore e controllato; “un esercizio di poteri, non conforme alle funzioni istituzionali, che ha avuto come conseguenza una gestione non virtuosa né tantomeno rispettosa delle prescrizioni”.
LE RESTRIZIONI NON RISPETTATE – Le decine di ditte che hanno conferito in discarica nonostante le restrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale sono elencate nell’ordinanza del Tribunale di Vasto, a firma del giudice per le indagini preliminari, Italo Radoccia; alcune sono anche del territorio vastese e si sono occupate del trasporto da San Salvo. Secondo questa, la terza vasca inaugurata nel dicembre 2016 avrebbe dovuto ospitare i rifiuti dei Comuni consorziati e di quelli ricadenti nelle ex comunità montane “Medio e Alto Vastese”. Solo due le eccezioni autorizzate in deroga dalla Regione Abruzzo: dalla Aciam spa di Aielli (Aq) e dalla Maio Punto Com di Atessa, per tutti gli altri ci sarebbe dovuto essere un accordo interregionale.
Il tutto, quindi, pare giocarsi sull’interpretazione dell’Aia. D’altronde, l’arrivo dei rifiuti da fuori non era un mistero. Lo stesso Sammartino il 29 giugno 2018 lo ammise pubblicamente, sventolando le carte con i report aziendali, in un convegno sostenendone la necessità per poter pagare gli stipendi dei dipendenti [LEGGI].
L’accoglimento indiscriminato di rifiuti da altre regioni (che ha portato nelle casse royalties per 356.482 euro), quindi, ha giocato un ruolo determinante nel sequestro avvenuto il 20 marzo scorso. Il consumo annuale stimato, si legge nell’ordinanza, era di 56mila tonnellate, mentre “nel periodo gennaio 2017-ottobre 2018 sono state abusivamente abbancate oltre 70mila tonnellate di rifiuti non autorizzati consumando precocemente lo spazio di vita della discarica 3ª vasca”.
Lapidaria la conclusione del giudice (prima della disposizione del sequestro): “Il che spiega perché il gestore si sia premurato di avanzare già domanda di realizzazione di una 4ª vasca”, il riferimento è alla maxi-discarica sulla quale qualche giorno fa il comitato Via si è espresso con un preannuncio di rigetto [LEGGI] e che aveva fatto scendere in strada comitati e attivisti contrari alla sua realizzazione.
UNA SEQUENZA DI IMPREVISTI – Nella relativamente breve storia della terza vasca si sono succeduti tutta una serie di imprevisti: subito dopo la sua realizzazione, il terreno di risulta è franato invadendo varie proprietà private [LEGGI]; nel giugno 2018 i rifiuti sono stati coinvolti da due incendi; il 2 giugno scorso il terzo incendio che rivelò l’assenza del sistema di videosorveglianza chiesto dopo i primi episodi [LEGGI]; dopo il sequestro, è stata scoperta la rottura della membrana a protezione del terreno a causa di uno smottamento [LEGGI].
I RIFIUTI CONFERITI ILLECITAMENTE REGIONE PER REGIONE
CAMPANIA (48.089 tonnellate): Acerra (Na), Avellino, Battipaglia (Sa), Caivano (Na), Caserta, Giuliano in Campania (Na), Nusco (Av), San Martino Valle Caudina (Av), San Vitaliano (Na)
LAZIO (17.471 tonnellate): Aprilia (Lt), Castelforte (Lt), Ceprano (Fr), Cisterna di Latina (Lt), Frosinone, Latina, Monterotondo (Rm), Pomezia (Rm), Roma, Sermoneta (Lt)
ABRUZZO (9.474 tonnellate): Atessa (Ch), Avezzano (Aq), Chieti Scalo (Ch), Lanciano (Ch), Pineto (Te), San Salvo (Ch), Sulmona (Aq)
PUGLIA (1.564 tonnellate): Barletta (Bt), Cerignola (Fg), Manfredonia (Fg), Torremaggiore (Fg), Triggiano (Ba)
MARCHE (1.082 tonnellate): San Benedetto del Tronto (Ap)
MOLISE (805 tonnellate): Termoli (Cb)
VENETO (28 tonnellate): Noale (Ve)
EMILIA ROMAGNA (27 tonnellate): Ravenna