In occasione della Settimana del patrimonio culturale, ieri sera si è tenuta la conferenza riguardante l’acquedotto romano delle Luci tra ricerca, tutela e valorizzazione.
A presiedere l’incontro Davide Aquilano e Marco Rapino, da sempre in prima linea per la sensibilizzazione della città nei confronti dei diversi problemi riguardanti questo patrimonio storico. Dopo una breve ma precisa spiegazione di quel che è un acquedotto romano a livello tecnico ci si è concentrati sul protagonista della serata: l’acquedotto romano delle Luci. Un lascito storico forse sconosciuto ai più, ma che potrebbe essere di largo interesse per molti, se solo venisse valorizzato. Già da tempo, infatti, si chiede di poter avere delle sovvenzioni, anche minime, per poter finire di esplorarlo. Come mai? Molti pozzi sono stati distrutti o ostruiti da rifiuti rendendo perciò impossibile concludere l’esplorazione dell’ultimo tratto dell’acquedotto e tuttavia portando alla luce quello che potrebbe essere un rischio concreto per l’ambiente.
“Basterebbe un migliaio di euro” ci dice Davide Aquilano, per demolire le dighe artificiali che occludono il passaggio verso la zona interessata all’esplorazione. Non solo, “Se si fossero investite poche migliaia di euro l’anno sull’acquedotto, dall’inizio della nostra battaglia – undici anni fa –, ad oggi ci sarebbero le risorse necessarie per l’istituzione del Parco archeologico dell’acquedotto delle Luci”. Un’occasione mancata, quindi, per fruire di un patrimonio culturale tramandatoci dagli antichi romani. Non solo, la trascuratezza dei diversi problemi dell’acquedotto potrebbe rivelarsi causa di diversi problemi tecnici e ambientali con il passare del tempo.
Cosa si potrebbe fare, concretamente, da parte del comune e delle autorità, per preservare e valorizzare l’acquedotto romano?
La prima cosa sarebbe la conoscenza capillare di tutto il percorso dell’acquedotto. In secondo luogo, tutelarlo in maniera corretta e precisa; non com’è attualmente. Basti pensare che il vincolo archeologico non tutela l’intero percorso dell’acquedotto delle Luci e, paradossalmente, vincola delle zone che non sono assolutamente archeologiche. Per quanto riguarda la valorizzazione si potrebbero creare delle attività di archeospeleologia, proprio perché l’acquedotto è in ottime condizioni di conservazione. Infine, il comune dovrebbe rivendicare in maniera chiara nei confronti dei proprietari dei terreni sovrastanti l’acquedotto, la proprietà di quest’ultimo.
Quali sono i rischi a cui si va incontro nel non sapere precisamente dove si trovano le zone di tutela archeologica?
A volte capita che qualcuno mi chiami per chiedermi se la zona in cui sono intenzionati ad acquistare la casa sia quella interessata alla zona dell’acquedotto. Beh, non sono io a dover rispondere a questo tipo di domande; dovrebbero essere comune e sovrintendenza. Il rischio è anche quello di avere un danno economico. Iniziare le pratiche per la costruzione e poi rendersi conto di non poter proseguire a causa dell’acquedotto potrebbe essere un problema e una perdita di tempo. Non solo, c’è anche la questione della frana. Le ostruzioni di alcuni pozzi creano delle deviazioni del flusso di acqua che sono sicuramente importanti per il dissesto idrogeologico del costone orientale di Vasto.
Arianna Giampietro