“Ogni volta che penso al terremoto, provo un senso di colpa. Perché io sono riuscita a salvarmi e gli altri no?”. Dieci anni dopo quella notte tremenda, Cristina Di Stefano racconta che le sensazioni sono rimaste più o meno le stesse. Indelebili. Avrebbe dovuto laurearsi il 7 aprile. Ma nella notte del 6, alle 3.32, la terra ha tremato fortissimo, spezzando la vita di 309 persone.
Oggi ha 33 anni e vive a Vasto. Nel 2013 ha sposato un vastese, Sandro, ed è madre di due figli. Allora era una studentessa universitaria proveniente da Matera.
I RICORDI – “Quella notte mi trovavo nella casa in cui viveva una mia amica, anche lei universitaria, vicino alla villa comunale. Dovevo laurearmi il 7 aprile, proprio il giorno dopo i ed ero lì da qualche giorno per fare gli ultimi preparativi, controllare slide e tesi, che fosse tutto a posto per la discussione del 7. Ricordo principalmente che, in quegli istanti, io e la mia amica ci siamo scambiate momenti di lucidità. Questa è una cosa che ricordo in modo particolare. Io suggerivo qualcosa a lei, ad esempio prendere gli occhiali, e lei suggeriva qualcosa a me, ad esempio mettermi le scarpe, perché altrimenti sarei uscita di casa scalza. Al mattino seguente, la città era silenziosa. Tutti erano impegnati nei soccorsi però nelle strade e nei luoghi in cui ci siamo ritrovati, c’era un silenzio surreale”.
I PENSIERI – “Quando si avvicina l’anniversario del sisma, il mio primo pensiero è per le persone che non ci sono più. E torna in me a quel senso di colpa, che continua ad esistere, che è stato il primo sentimento che ho provato tornando a casa. Perché io sono riuscita a salvarmi e gli altri no? Qualcuna delle vittime la conoscevo di vista, per cui era brutto pensare che queste persone non ci fossero più. Quando tornai a L’Aquila in occasione di un’Epifania, insieme ad altri ho girato per il centro, fuori dalla zona interdetta, e la sensazione era di trovarsi in un altro posto rispetto alla città che io ricordo e di cui mi sono innamorata.
Spero sempre che la città venga ricostruita e che torni al suo splendore per poter tornare e raccontare ai miei figli dove ho conosciuto il loro papà, Sandro, e com’era bello stare lì.
Un pensiero per le persone che sono venute a mancare va soprattutto ai ragazzi che erano lì per studiare e, ovviamente, alle loro famiglie che, con tanti sacrifici, hanno mandato i loro figli a studiare per permettere loro di costruirsi un futuro. Invece, il loro avvenire è stato troncato bruscamente”.