Quello con Dacia Maraini è un incontro che lascia il segno. Ne hanno avuto prova gli studenti dell’IIS Mattioli di San Salvo che, questa mattina hanno ricevuto la visita della scrittrice italiana, ospite della rassegna “Uno scrittore a scuola” che da diversi anni impreziosisce le attività della scuola superiore sansalvese. Dacia Maraini ascolta le domande, prende appunti, chiama i ragazzi per nome, fa loro domande costruendo così un vero e proprio dialogo che trasmette il suo pensiero confrontandolo con quello degli studenti.
Tanti i temi affrontati nelle quasi due ore trascorse dalla scrittrice al Mattioli. “Uno scrittore a volte parla di sè – dice riferendosi alla sua produzione letteraria – ma non sempre può parlare di sè, deve parlare anche del mondo. Ho scritto una quindicina di romanzi e solo 2-3 sono autobiografici”. C’è il ricordo della sua prigionia in Giappone durante la seconda guerra mondiale: “Non sapevamo niente di ciò che accadesse fuori. Abbiamo scoperto che la guerra era finita perchè un giorno i nostri guardiani sparirono. Uno del campo andò allora a cercare notizie e, al suo ritorno, sapemmo che la guerra era finita. Ma il nostro campo era talmente piccolo che gli aerei degli Alleati non ci individuavano e fu solo grazie all’ingegno di mia madre, che realizzò una grande bandiera italiana con materiale di fortuna, che fummo finalmente avvistati e salvati”.
[ads_dx]Si parla della scrittura come strumento per guarire chi soffre. “Con Memorie dal carcere ho fatto un inchiesta sui penitenziari italiani verificando che quando le carcerate tenevano un diario riuscivano a vivere meglio. La scrittura è un modo per prendere distanza da se stessi e fermare il pensiero, è un modo di esprimerci“. Ha poi ricordato di aver “iniziato a scrivere a 13 anni, sul giornale della scuola. Vengo da una famiglia di scrittori, in casa mia i libri e gli stimoli non mancavano”. A chi volesse intraprendere questo percorso consiglia “di cominciare in piccolo, vedendo ciò che si è capaci di fare. Consiglio di iniziare con le riviste, dove c’è spazio per le pubblicazioni, potete crearne anche una voi”. Fondamentale, però, è leggere. “Ai tempi della scuola leggevo di tutto, dai classici greci e latini a quelli italiani. Leggere illumina la mente, allarga il pensiero. La lettura rende le persone migliori, più ricche. Leggendo si fanno esperienze di vita“. E poi il tema della violenza di genere. “È un fatto culturale – dice Dacia Maraini -, non penso che gli uomini siano violenti di natura. È una violenza storica che deriva da una società patriarcale e si scatena quando nell’uomo l’idea del possesso viene messa in discussione”.
Ad una studentessa che le chiede cosa sia per lei la felicità risponde citando la filosofia. “Molti filosofi dicono che la felicità è una memoria. Ti accorgi di essere stato felice solo dopo molto tempo che hai vissuto momenti felici. E trovo sia corretto perchè, quando viviv una felicità senza capirla, la vivi pienamente. La felicità puoi vederla come una memoria importante della tua vita“. Nel raccontare delle sue esperienze affettive e delle sue scelte di vita privata sottolinea che “non esiste amore senza rispetto. L’amore, prima di tutto, vuole il bene dell’altro”. Infine il messaggio agli studentei. “Vi incoraggio ad avere una passione. In un clima di globalizzazione ci confrontiamo con il mondo intero. La globalizzazione da una parte ha aperto il mondo, dall’altra l’ha reso più duro. Se hai passione in quello che fai riesci a distinguerti. Questo è un mondo di massa, non di piccole comunità, come un tempo, dove ognuno valeva per qualcosa in base a ciò che era.
In una società di massa, per esistere, bisogna avere passione, una specializzazione, qualunque essa sia. Per me ogni persona è sacra – per come è – ma, se vuole farsi conoscere nel mondo, deve avere passione e difenderla con tutte le sue forze“.