Ha ragione il Presidente vicario della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli, quando si dichiara disponibile a verificare la possibilità di accogliere i rifiuti della città di Roma soltanto se a chiederlo è il Comune di Roma. La questione è politica, non soltanto tecnica, e far tirare fuori le castagne bollenti dalla zampa del gatto significa voler ottenere senza concedere, significa voler trarre massimo guadagno con il minimo sforzo. E’ il malvezzo di certa politica che, quando non vuole esporsi ad imbarazzi, rende interlocutori istituzionali i burocrati, i direttori di settore, i tecnici, salvo poi prendere meriti quando il problema è risolto.
In Abruzzo la situazione delle discariche rifiuti è già di per sé critica, al pari di altre regioni in cui le operazioni di smaltimento non sono accompagnate da sistemi evoluti. Oltre che con la così detta… solidarietà, c’è da fare i conti con i costi e con le prospettive di gestione delle discariche presenti sul territorio abruzzese, da anni dichiarate al limite della loro capienza ma che sembrano mostrare “elasticità” nella loro fisicità, nonostante i limiti imposti dalle norme di legge e dalla tenuta strutturale dei terreni laddove insistono. Il Comune di Roma non può, come d’altronde da più tempo accade, rivolgersi all’Abruzzo per risolvere il problema logistico in virtù dalla sua vicinanza e dei minori costi di trasporto, appellandosi al principio di solidarietà senza, da parte sua, offrire, in termini politici, contropartite da cui far derivare migliori condizioni sociali ed economiche per gli Abruzzesi. Si tratti la questione, quindi, individuando soluzioni che comportino benefici per le nostre popolazioni e relative, ad esempio, ai collegamenti con la Capitale, ai suoi costi autostradali, al ruolo dell’Aeroporto internazionale d’Abruzzo rispetto a Fiumicino e Ciampino, ad azioni co-marketing per la valorizzazione dei Territori o, magari, anche soltanto alla diminuzione della Tassa sui rifiuti. Problemi ed opportunità mai presenti nell’Agenda politica romana e che invece dovrebbero sovraintendere ai rapporti tra Regioni limitrofe, nella prospettiva di una macroarea in cui potrebbero esserci comuni obiettivi e funzionali soluzioni nella gestione dei servizi al territorio ed alle sue popolazioni.
Le relazioni istituzionali e politiche non sono ispirate al principio di solidarietà proprio dei singoli esseri umani, si definiscono con contratti, scambi e con l’individuazione di comuni opportunità; nel caso specifico, l’Abruzzo, ben conoscendo la propria già critica situazione, non può più dare incondizionata ospitalità ai rifiuti della Capitale; soprattutto, non lo può fare senza aver prima individuato prospettive di gestione del ciclo rifiuti che tendano alla soluzione di un problema il cui peso, negli anni, potrà soltanto aumentare.
L’Abruzzo ha, nella gestione dei rifiuti, uno dei suoi più grandi problemi, al pari di altre regioni italiane. Ben lo sanno le popolazioni di singole parti del suo territorio che si trovano a subire ipotesi progettuali di nuove discariche o di ampliamento delle esistenti. In questo quadro si inseriscono i nuovi casi relativi all’ampliamento, con una quarta vasca, della discarica consortile di Cupello e alla nuova discarica per rifiuti speciali di Furci. Per quest’ultima, si registra il parere favorevole della Commissione di Valutazione Impatto Ambientale regionale ma la netta contrarietà dell’Amministrazione comunale. Per quanto riguarda, invece, l’ampliamento della discarica di Cupello, c’è da prendere atto del parere favorevole della Soprintendenza e dell’imbarazzato ed infastidito atteggiamento dell’Amministrazione locale che cerca di prender tempo in attesa trascorra, forse, il periodo delle elezioni regionali, occasione in cui pur potrebbero, invece, essere dati chiari segnali d’indirizzo di una qualche volontà politica, qualunque essa fosse. Purtroppo ed invece, l’elettorato non guarda molto alle prospettive comuni, è di bocca buona e si accontenta di poco.
In questa condizione, piuttosto generale, non si riesce guardare oltre il proprio naso, mentre i tanti aspetti locali diventano emergenza e l’emergenza diventa quotidianità comune a tutti. In altre regioni italiane sono state date risposte coscienziose e di alta tecnologia, pianificando ed organizzando la filiera della gestione di rifiuti: dalla loro riduzione, alla raccolta differenziata, dal loro vero riutilizzo, alla termovalorizzazione. In quelle regioni il sistema funziona e non causa emergenze ambientali né polemiche politiche, artificiose, presunte o reali che siano. In Abruzzo, invece, si fanno i conti con le continue crisi della vicina Roma, ci si rassegna per solidarietà, e si paga, in silenzio, la profumata TARI.