Tra i video registrati dalle telecamere nascoste dei carabinieri ci sono anche le immagini che mostrano i componenti dell’organizzazione pronti ad andare in missione indossando giubbotti antiproiettili e armati per l’occasione. I dettagli dell’operazione Evelin rivelano una strutturazione che in pochi altri casi si era vista in Abruzzo: 20 le persone arrestate (alle quali si aggiungono 37 indagati) per traffico di droga e detenzione di armi, tra cui Clirim Tafili e Denis Bimi che, secondo i comandi provinciali di carabinieri e finanza, rivestivano ruoli di spicco [LEGGI].
Il colonnello dei carabinieri Florimondo Forleo, dopo l’operazione scattata all’alba di venerdì scorso, è stato chiaro: il gruppo criminale albanese stava per compiere un salto di qualità, “diventare la prima organizzazione mafiosa autoctona d’Abruzzo” [LEGGI].
[ant_dx]“Il nostro orgoglio – ha detto Forleo – è quello di averla smantellata prima che diventasse la prima organizzazione mafiosa autoctona in Abruzzo. Abbiamo filmato i personaggi mentre indossavano i giubbotti antiproiettili ed erano armati a dimostrazione della professionalità dei sodali. Smantellare il livello superiore del traffico di droga (che arrivava da Albania, Olanda e Slovenia) significa non rifornire il piccolo spaccio. Il piccolo spaccio è collegato all micro criminalità”.
L’operazione Evelin ha nuovamente confermato le parole di prefetti, colonnelli e procuratori che si sono succeduti negli anni: “Il Vastese è un territorio di confine”.
Basta tornare a ritroso negli anni per avere una chiara rappresentazione del tipo di organizzazioni e, soprattutto, dei tentativi di spartizione delle piazze di spaccio del Vastese.
2012, “TRAMONTO” – Nel gennaio 2012, centinaia di carabinieri con il supporto di un elicottero, effettuano arresti e perquisizioni in numerosi comuni del territorio, tra i quali Vasto, San Salvo e Gissi: le misure detentive colpiscono 63 persone. L’operazione divenuta famosa con il nome di “Tramonto”, coordinata dal procuratore Francesco Prete e dal sostituto Giancarlo Ciani, cercò di disarticolare un’organizzazione che faceva capo a Lorenzo Cozzolino, esponente camorristico trasferitosi prima a San Salvo poi a Gissi. La rete messa in piedi per lo spaccio di droga si ramificava anche oltre l’Abruzzo: Molise, Puglia, Campania, Lazio ed Emilia Romagna.
2014, “ADRIATICO” – Due anni dopo, nel mese di febbraio, carabinieri ed elicottero tornano a illuminare l’alba del Vastese. L’imponente operazione “Adriatico” nasce dalle rivelazioni di Cozzolino che, dopo l’arresto del 2012, diventa collaboratore di giustizia (nei processi parla in videoconferenza da una località segreta) e rivela l’esistenza di un vero e proprio clan: per la prima volta in regione, viene contestata l’associazione di tipo mafioso in base all’articolo 416bis. L’operazione coordinata dalla procura distrettuale antimafia dell’Aquila evidenzia inoltre legami con i potenti clan camorristi dei Vollaro e Di Lauro.
Le recenti condanne sono 25 [LEGGI]. Tra queste, per associazione mafiosa: Loredana Cozzolino (22 anni di reclusione), Giovanni Silvestro (12 anni e 6 mesi), Rodolphe Pinto (12 anni), Rodrigo Mariano Lalla (7 anni e 6 mesi), Lino Croce (10 anni); per concorso esterno in associazione mafiosa: Rosario Di Bello (11 anni e 6 mesi) e Marco Mango (12 anni e 6 mesi).
2016, “ISOLA FELICE” – Passano altri due anni e si passa dalla camorra alla ‘ndrangheta. Un’altra operazione della procura antimafia dell’Aquila scopre questa volta una cosca di tipo ‘ndranghetista originaria della Calabria. Questa volta c’è anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti a commentare la retata che porta in carcere 14 persone [LEGGI]. “Il clan originario di Mesoraca (Crotone) che faceva capo a Eugenio Ferrazzo – dirà Roberti dopo il blitz – voleva rifarsi una vita in Abruzzo“.
Il clan operava tra Vasto, San Salvo e Termoli. L’inchiesta è partita proprio da San Salvo dove nel 2011 era stata scoperta, in un garage, una raffineria di droga.
Uno degli aspetti più inquietanti è che, come dirà ancora il procuratore nazionale Roberti, il clan Ferrazzo si stava espandendo sul territorio approfittando proprio della precedente operazione che sgominò i possibili rivali del gruppo riconducibile a Cozzolino. Nel gennaio 2019 si terrà la prima udienza del maxi-processo.
2018, “CLEAN SHIRT”, “DRUGSTORE”, “EVELIN” – L’anno che si avvia alla conclusione ha fatto registrare un’intensificazione delle retate tra Vasto e, soprattutto, San Salvo. Il 7 agosto la polizia mette a segno l’operazione “Clean Shirt” tra le due città: cinque arresti e sequestro di droga per 60mila euro in un’inchiesta partita dai colpi d’arma da fuoco contro un negozio vastese nel 2016 [LEGGI].
Non passano neanche 10 giorni e questa volta sono i carabinieri a colpire duramente il traffico di droga nel territorio con l’operazione “Drugstore”. L’elicottero sveglia nuovamente i cittadini: decine di militari arrestano 15 persone tra San Salvo, Vasto e Casalbordino. Secondo il sostituto procuratore Gabriella De Lucia, tre famiglie di etnia rom si erano suddivise il territorio: i Di Rocco a San Salvo, i Bevilacqua a Vasto e i De Rosa a Casalbordino [LEGGI].
Infine, quella, imponente, di qualche giorno fa [LEGGI]. La sparatoria al bar di San Salvo “Evelin”, nell’aprile 2015, ha fatto partire l’inchiesta e darà il nome all’intera operazione. In manette fiscono 20 persone quasi tutte di origine albanese ma residenti in zona da decenni, altre 37 sono indagate: per gli inquirenti si puntava al grande salto, diventare un’organizzazione criminale internazionale.