Quello della “rivitalizzazione dei centri storici” è uno dei più caldi temi “da opposizione”: buono da cavalcare a briglia sciolta quando ci si siede da una certa parte del Consiglio Comunale, ma ostico da affrontare quando i “rivitalizzatori” vengono spostati dagli elettori sui banchi della maggioranza.
In realtà, il tema sarebbe di grandissimo rilievo sotto diversi aspetti: sociale, culturale, economico, urbanistico, tanto per citarne alcuni.
Ma andiamo con ordine. Partiamo dal fatto che i centri storici, particolarmente quelli del nostro Abruzzo, sono una medaglia a due facce: da un lato sono ricchi di cultura, di folklore, di bellezze architettoniche e paesaggistiche di indubbio valore; dall’altro, presentano importanti barriere architettoniche e vincoli di accessibilità che li rendono poco fruibili ai potenziali residenti. Ne consegue che i centri storici tendono sempre più a svuotarsi di residenti abituali, salvo ripopolarsi a tratti durante i periodi estivi, grazie a turisti o visitatori occasionali.
D’altronde, diciamocelo chiaramente, quanti sono disposti a rinunciare alle comodità di un parcheggio sotto casa, di un ascensore per salire spesa e figli senza fatica, di una costruzione moderna ed efficiente in favore di case che richiedono spesso costose messe a norma, che sono piene di scale, che richiedono di attraversare a piedi tratti a volte lunghi per raggiungere l’imprescindibile automezzo parcheggiato lontano?
Per fronteggiare il problema, alcune amministrazioni hanno scelto di aprire i centri storici al traffico automobilistico (orrore!), altre di renderli “palcoscenici” di eventi, specie in periodi festivi (rendendoli ancor meno accessibili ai pochi residenti e, quindi, ancor meno vivibili), altre ancora non hanno fatto proprio nulla e, tutto sommato, non è detto che sia stato il male peggiore.
Io credo, invece, che i nostri meravigliosi centri storici debbano essere considerati come “il salotto buono” di casa nostra. Voglio dire: se devo cenare, lo faccio in cucina; se devo dormire, vado in camera da letto; se devo lavorare o studiare, vado in una stanza apposita e mi chiudo dentro. Ma se devo ricevere un ospite e “fare bella figura”, lo ricevo in salotto, gli offro il migliore caffè e, se fa freddo, accendo il caminetto per farlo sentire benvoluto al meglio.
Il salotto è la stanza più importante per chi riceva ospiti: deve esser certamente tenuta bene, pulita, ordinata, arredata con cura dei dettagli e seguendo un gusto coerente, che rispecchi quello di chi ci vive. Se l’anta dell’armadio della camera cigola, possiamo anche passarci su; ma se scricchiola la credenza in salotto no, assolutamente!
Uscendo dalla metafora: cominciamo a tenere puliti e decorosi i centri storici e perseguiamo con decisione e senza tentennamenti chi, invece, li vorrebbe rendere porcili inverecondi; usiamo non solo la videosorveglianza, ma estendiamo soprattutto la presenza fisica delle forze dell’ordine nei centri storici. Infine – e non da ultimo! – variamo programmi pluriennali di incentivo a chi vuole ristrutturare gli edifici nei centri storici e invogliamone la residenzialità, magari concedendo pass di parcheggio o bonus per garage ai soli residenti.
Un centro storico ben tenuto e vivo sarebbe un valore aggiunto immenso per spingere il movimento turistico, con impatto positivo su tutta la comunità.
Tutto questo, però, come si comprende, prevede una visione urbanistica completa del tessuto cittadino che sia incentrata nel centro storico e prevede una programmazione lungimirante e decisa di valorizzazione del centro storico come patrimonio cittadino.
Lasciatemi essere realista: quanti amministratori e quanti consiglieri di opposizione parlano e agiscono in questi termini sui centri storici nei nostri Comuni?