Cerchiamo di dare un senso:
«La storia era un palinsesto che poteva essere raschiato e riscritto tutte le volte che si voleva».
Frase di Eric Blair, per tutti George Orwell, il più grande storico distopico di sempre. Non avrei mai voluto trattare un argomento così solenne ed estremamente politematico, ma il rigore dei tempi mi costringe a parlarne con pessimismo e un pizzico di malinconia.
È argomento di questi giorni la discussione su questo tema, uno degli argomenti più parlati, ma anche più controversi della nostra identità culturale. Prima di arrivare ad un giudizio sensato, cerchiamo di comprendere l’importanza e il problema che la storia riveste nel vivere comune.
Le INDAGINI storiche
Il termine ‘storia’ è un calco del greco istorìa, che propriamente significa “ricerca, indagine”: il compito del primo storico era quello di «registrare una conoscenza acquisita tramite il racconto degli eventi del passato». Da Erodoto, presunto innovatore di questa disciplina, passando per Aristotele, il concetto ha avuto delle rivisitazioni, finché arriviamo ad un signore, qui anche in foto, che approfondì e diede un’interpretazione definitiva del concetto di ‘historia’: Marco Tullio Cicerone. In una sua celebre opera, il ‘De oratore’, lo scrittore ci rende partecipi di uno dei più importanti tentativi di scrivere di questa disciplina: «La storia è in verità testimone dei tempi, luce di verità, vita della memoria, maestra della vita (magistra vitae), narratrice del passato». La storia, quindi, rende viva la memoria, la eternizza attraverso il ricordo, diretto o indiretto, di testimonianze.
La svalorizzazione del genere: un problema di fondo
Se si è giunti ad una decisione così delicata, è bene meditare sul nostro lavoro, sul nostro essere ‘storici’ tutti i giorni, sul significato che la memoria storica possiede all’interno delle società moderne, così stereotipate e fragili. Abolire il tema di storia è anzitutto una contraddizione: svolgere un tema significa presupporre un racconto, memorizzato e interiorizzato…ebbene, evidentemente, la stessa nostra storia non è ‘testimonianza di un tempo?’. Il tema storico, nella sua interezza ed elasticità, consente allo studente di abbracciare l’intero sapere del suo bagaglio culturale, così come a formulare giudizi, a scorrere ipotetiche deviazioni del corso della storia e alle conseguenze che esse avrebbero condotto nell’ordine geopolitico attuale.
La storia serve a conoscere il passato, ma in funzione del presente e nella prospettiva del futuro. Essa non serve soltanto a far sfoggio della propria bravura, ma serve a farci sentire e ad essere in realtà più liberi. La storia è il primo passo verso una socievolezza comune, è la nostra identità di persone pensanti, di «animali politici».
Concludo questa mia breve chiacchierata da dove ho iniziato: dal titolo. Tutti avranno riconosciuto il verso di una delle poesie-manifesto del «secolo breve» passato: è Primo Levi, in ‘Se questo è un uomo’. Questa lirica è un grido straziante rivolto ai posteri, a diffidare dall’amnesia in cui rischia di precipitare la storia. Lui concludeva così:
«vi comando queste parole […]
ripetetele ai vostri figli.
o vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi».
Solo la storia, solo la memoria ci insegnano a restare umani.
Sergio Mucci