In pochi, pochissimi, vogliono tradurre le intercettazioni in romaní, nonostante i conoscenti della lingua non manchino. È una delle difficoltà che il tribunale di Vasto vive da tempo in occasione dei processi che vedono e hanno visto coinvolti alcuni componenti delle famiglie rom presenti nel territorio. Il dato è emerso stamattina durante la conferenza stampa del presidente Bruno Giangiacomo.
Le intercettazioni, ormai strumento decisivo per le indagini, considerata l’origine di alcuni dei coinvolti nelle vicende giudiziare sono in lingua romaní e il tribunale si trova costretto a cercare interpreti in tutto lo stivale perché quelli potenziali presenti nel territorio si rifiutano (circostanza diversa da quella di altre nazionalità per le quali la difficoltà principale sta nel trovare conoscitori in loco): “È un bel problema. Numerose persone ci hanno detto di no – ha risposto il presidente Giangiacomo a zonalocale.it – poiché in contatto in qualche modo con le famiglie degli imputati o comunque perché all’interno delle varie comunità si conoscono tra loro”.
“Per fare un esempio – ha continuato Giangiacomo – nel caso di una rapina in un locale pubblico di Vasto, ci siamo rivolti alla scuola per interpreti giudiziari dell’Università di Bologna. L’esperto inviatoci non ha potuto tradurre nulla perché la lingua romaní spesso è contaminata dalle inflessioni dialettali risultando così sempre diversa. Abbiamo provato anche a chiedere a Roma, Napoli ecc. senza risultato”.
[ant_dx]Una difficoltà simile, è emersa negli ultimi fatti di cronaca nazionale come quelli di Ostia, dove le procure locali non riescono a trovare interpreti anche per le minacce nei loro confronti.
“Per nostra fortuna – ha concluso Giangiacomo – abbiamo trovato una persona disponibile che non ha rapporti di parentela che ci sta aiutando in molti casi”.